La Disperata Compagnia D'Annunzio





Come nasce "La Compagnia della Guardia" detta "la Disperata". Il comandante, il ternano, allora tenente di cavalleria Elia Rossi Passavanti si trova nel video alla destra di D'Annunzio.
Il 12 settembre del 1919 i legionari di Ronchi entrano a Fiume tra la popolazione in festa, la Fiat 501 rossa di D'Annunzio  con su l'emblema della Santa Casa di Loreto, fu ricoperta da fiori. Il grido del 1917, Eia!Alalà! risuonò nella città Olocausta. Fin dai primi giorni della Santa Entrata, iniziarono ad accorre legionari. Tornarono i Granatieri di Sardegna. Arrivò la I° Divisione d' Assalto, le Fiamme nere cantavano alle ragazze "Apriteci le porte libereremo Fiume a costo della morte". Entrarono 1600 bersaglieri, le Fiamme cremisi. Vennero volontari di tutte le armi. Molti privi di documenti non erano stati accolti dal Comando, invece di andare via si erano accampati nei cantieri navali. Alcuni si tuffavano dalle navi, altri cercavano di manovrare vecchie locomotive che un tempo correvano tra Fiume e Budapest, altri arrampicati sulle gru, cantavano ebri e felici, questi soldati che tutti chiamavano "i disperati"  per la loro situazione di abbandono, si offersero al Comandante come una guardia personale, il quale accettò l'offerta. Al comando della "Disperata" venne chiamato frate Elia, così descritto dalle parole di DAnnunzio: "Il Tenente Elia Passavanti, il più prode ed il più buono dei legionari fiumani, un primissimo eroe tre volte mutilato, un italiano di antica gentilezza, esempio continuo di sacrificio e di costanza". Fu adottato il motto "me ne frego", dal dialetto romanesco, un motto crudo, come lo definì il Poeta, ma a Fiume disse: "la mia gente non ha paura di nulla, nemmeno delle parole". Gran parte del giorno questi soldati facevano esercizio di nuoto e voga, cantavano e marciavano, non avevano obbligo di rimanere in caserma, alla sera per loro divertimento se ne andavano in un luogo chiamato La Torretta, dove divisi in due schiere iniziavano veri combattimenti a bombe a mano. Così scriveva Mario Carli: "Questa Disperata fu la falange eletta dei legionari, la guardia del corpo del Comandante, manipolo di uomini decisi, spregiudicati, violenti nell'adorazione e nell'impeto, fiore della rivolta e della libertà, passato attraverso il setaccio della guerra. Erano mastini ed erano fanciulli: sicuri come truppe di colore, consapevoli come «soldati della morte», lieti e canori come atleti in gara continua". Quanto fosse orgoglioso dei disperati D'Annunzio lo proclamerà anche in un volantino ai Dalmati: "Ho in mente una vecchia canzone repubblicana di non so più qual linguaggio, una rude canzone di rivoltosi misurata da questo ritornello: Finché ci sieno tre uomini in piedi, ci può essere un regno di meno nel mondo. Non cè qui una disperazione inerme. Cè una speranza con gli artigli e col rostro. Disperati si chiamano anche i miei Arditi, ma in un senso di prodigio: disperati, ovvero certi di giungere in ogni modo alla meta che io indicherò domani ma che essi già guatano impazienti e obbedienti. Finché ce ne sieno tre in piedi, ci può essere una vergogna di meno laggiù". Intanto gli uscocchi mettono a segno un altro colpo: viene catturato il Trapani. "DAnnunzio e i suoi legionari sono dei manigoldi", dichiara il generale Nigra. Così il 26 gennaio La Disperata rapisce Nigra e lo mette a  confronto con il diretto interessato. Questo il racconto: Il signor Generale Nigra, dal giorno in cui ebbe l'onore di assumere il comando della 45.a Divisione, non cessò di dimostrare al Comandante di Fiume, alle truppe fiumane, alla Causa nazionale la più cruda inimicizia. Alle denigrazioni, alle vessazioni, ai soprusi dogni genere volle aggiungere quotidianamente le più basse ingiurie. Ma a proposito del Comandante, l'ultima contumelia fu espressa in questi termini: Chi sceglie a sua guardia d'onore manigoldi non può essere se non il più gran manigoldo. Per rispondere a questa brevità cesarea, nella notte del 27 gennaio, presi gli ordini del Comandante, i manigoldi della Guardia, con una speditezza ed una eleganza incomparabili, hanno compiuto la cattura del nemico. Il Generale Nigra, prigioniero, si è affrettato a dichiarare la sua venerazione verso il Comandante, il suo sviscerato amore per la Causa di Fiume, e la sua stima senza limiti per i Legionari. Egli ha perfino chiesto il nastrino dei colori fiumani per ornarsene! A quello spirito, festivo, comunitario, gratuito, Passavanti seppe essere  coerente nella sua vita. Quando si è salito il Calvario della trincea sette volte, con le carni a brandelli e l'anima rigenerata  e si è innalzato nel cielo di Fiume e d'Italia il grido della Vittoria, non si può ritornare indietro, soleva dire.
I tre Comandanti della Compagnia D'Annunzio furono nell'ordine: Tommaso Beltrami, Elia Rossi Passavanti e Ulisse Igliori. La camicia bianca, il fiocco e il cordone nero nella divisa della Compagnia D'Annunzio sono introdotti da Passavanti.

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