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Prima la Patria: Putin investe 1,7 Miliardi per educare al patriottismo i giovani russi





Il programma punta ad aumentare tra i ragazzi il senso civico per «il destino della nazione» e a innalzare «i livelli di coesione sociale». In questo ambito, uno dei terreni d’azione sarà l’impegno per incrementare «il prestigio delle forze armate», anche questo finalizzato a «instillare nelle giovani generazioni la voglia, sia dal punto di vista fisico che psicologico, di difendere la madrepatria e sviluppare un senso di orgoglio e profondo rispetto per la bandiera, lo stemma e l’inno nazionale».
I nuovi finanziamenti riguarderanno il prossimo quinquennio e ammontano a 1,7 miliardi di rubli, più o meno 25 milioni di euro, che saranno coperti dal bilancio federale. L’ultimo piano, quello2011-2015, era stato finanziato con 777 milioni di rubli. Il programma è partito nel 2001, ovvero alprimo mandato di Putin da presidente della Federazione russa. Sarà il ministero dell’Istruzione e della Scienza a occuparsi dell’applicazione pratica del piano, in piena collaborazione però con il ministero della Difesa e con quello della Cultura.

La Torre e Girone: a Roma sfila lo sdegno e il coraggio


"La speranza ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle."
Neruda



Marina Militare Italiana - Banda Centrale - Inno Btg. S.Marco (S.Barbara 2008)

Alla mia Nazione




di Pier Paolo Pasolini



Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico ma nazione vivente, ma nazione europea: e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti, governanti impiegati di agrari, prefetti codini, avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi, funzionari liberali carogne come gli zii bigotti, una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino! Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti, tra case coloniali scrostate ormai come chiese. Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti, proprio perché fosti cosciente, sei incosciente. E solo perché sei cattolica, non puoi pensare che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male. Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.








 
 
 
Alla mia Nazione
 
 da "La Religione del mio tempo" dove il tema centrale è la latente omologazione del neo-capitalismo, la desistenza rivoluzionaria e il conseguente vuoto esistenziale.
 
interpreta Vittorio Gasman
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-17863>

Patrioti di tutta Europa unitevi






"A noi ci hanno insegnato tutto gli americani.
Se non c'erano gli americani... a quest'ora noi eravamo europei...".


Giorgio Gaber 

Diventa ciò che sei 
Friedrich Nietzsche


 di Marcello Veneziani
Due principi ormai si fronteggiano sulla scena mondiale, venuto meno il comunismo: uno. prevalente, che pone il traguar­do dell'umanità nel cosmopolitismo, nella città planetaria. E il Progetto ethos mondiale di cui parlava in un suo  libro il teologo progressista Hans Kung e che trova sulla stessa linea, a differenti livelli, un variegato panorama: dai pacifisti umanitari, ai cattolici democratici, dai liberal-progressisti ai socialdemocra­tici, dai neo-comunisti fino ai liberal-capitalisti. Sullo sfondo non mancano naturalmente circoli finanziari e massonici, multi­nazionali e grandi industrie protese verso la globalizzazione del mercato. Il progetto è far seguire a questo mondialismo degli affari, un mondialismo etico, che trovi fondamento nei diritti dell'uomo ed espressione nel sogno di un'umanità liberata dalle frontiere terrene e ultraterrene. Pendant e sottofondo necessario di questa visione "ecumenica" è l'individualismo, ovvero la con­siderazione dell'uomo come entità irriducibile ed autonoma rispetto ad ogni ambito; e dunque errante, facilmente spostabile, inappartenente. Sviluppo altrettanto necessario è il progetto di un governo mondiale, una sorta di Super-ONU che affianchi il governo effettivo della finanza mondiale, dandole un supporto organizzativo ed anche un supplemento etico di anima. Un governo mondiale umanitario, verde quanto basta, pacifista fino ad un certo punto, inflessibile nel soffocare le zone difformi o i modelli culturali che incrinano questa pax annunciata.

Dall'altra parte, emerge un principio antagonista: quello che si oppone al mondialismo attraverso la rivolta comunitaria. É un principio amico, originario, e insieme nuovo che si esprime nelle società industrializzate del primo mondo, come nelle società uscite dal comunismo del secondo mondo, e infine nelle società ancora non del tutto conquistate dallo sviluppo nel terzo mondo. II suo referente, variamente indicato dalla difesa del territorio alle identità e specificità etniche, culturali e religiose, dalla tutela dell'ambiente e delle città in rovina al recupero del tessuto comunitario, fino ai fondamentalismi nazional-religiosi, è sostanzialmente l'appartenenza e la difesa di una patria. Patria intesa in senso lato, come luogo originario, come luogo culturale o cultuale, ma anche sociale e lavorativo, ambientale e linguisti­co, in cui ciascuno sì trova a casa. In questa prospettiva ciascu­no avverte di sentirsi culturalmente, naturalmente ed elettiva­mente inserito in una serie di ambiti comunitari, dalla famiglia alla città, alla comunità di lavoro, alla regione, alla nazione. E avverte questa appartenenza come un radicamento a cui non può fare a meno, se non facendo a meno di se stesso. E dunque difende la sua patria. Ma la difende non attaccando le patrie altrui, patrie territoriali o ideali, e perfino ideologiche; ma al contrario, difendendo nella propria patria la patria di ciascuno. Anzi, la garanzia dì vita della mia patria è la garanzia di vita della patria di ciascuno, e viceversa. 
Non sì tratta dunque, come spesso ancora si fa nella nostra società frammentata ed egoistica, di contrapporre ad un principio universale come il mondialismo, un principio particolare, come la propria diversità. Sarebbe un discorso debole, perdente, una pura fuga nel microcosmo e nel privato, in definitiva omogenea e funzionale al mondialismo stesso, che ama accreditarsi come un supermercato in cui è possibile esporre ogni merce. Si tratta invece di passare a concepire la difesa della propria diversità, della propria identità, non come un fatto antagonistico a quello delle altre, né come un fatto a sé stante, che mira a isolarsi da un contesto generale. Ma come un principio anch'esso universale.
Ovvero, occorre passare ad una specie di intemazionale delle patrie in cui le patrie si coalizzano per difendere le proprie radici e la propria peculiarità dal comune avversario: il mondialismo che omologa, annienta e trita le diversità e concepisce solo indi­vidui nudi. Ricordiamo un appello rivolto dai movimenti nazional-religiosì russi: 

                                                  " Patrioti di tutto il mondo unitevi".


Un appello che coglie perfettamente l'unica battaglia possibile per ostacola­re la città mondiale senza volto, la poltiglia universale. "Ognì persona che rispetti la cultura e la tradizione del proprio popolo è nostro fratello" dicono gli esponenti di un movimento (peraltro inaccettabile in molte sue valenze) come il Pamjat. E aggiungono: "In Occidente esistono più di duemila popoli, ognuno con la sua cultura particolare, perche a noi, invece di questa ricchezza, viene data una pseudocithura di massa, un simile intruglio di "metalli pesanti", di pornofilm, di kolossal cinematografici e altre produzioni cosmopolite, buone solo a danneggiare ciò che resta della nostra spiritualità? L'intenzione di trasformare i popo­li in un'unica folla senza patria, facile da pilotare..."

Si tratta di superare i nazionalismi aggressivi del passato, i vecchi imperialismi coloniali, o i "patrioti" di giacobina memo­ria. Facile obiezione è far notare l'aggressività con cui si manifestano oggi i conati nazionalistici. Non si può dimenticare che alcuni patriottismi degenerano in violenze o si manifestano con punte di intolleranza, perché a loro volta hanno subito violenze. Non è stato loro concesso il diritto di manifestarsi, sono state calpestate le loro sovranità nazionali e popolari, sono stati nega­ti, spesso a suon di carri armati, i loro diritti di popolo. Si tratta allora di un'intolleranza di ritorno. L'aggressività non nasce dall'istanza patriottica ma dal fatto che è stata repressa. E quan­do viene repressa esplode assumendo a volte toni concitati e forme incontrollate. Differente è il nostro caso di paese occiden­tale, dove le patrie più che represse sono state depresse. E da qui nascono, per virtù omeopatica, semipatriottismi '"depressi" che talvolta, tramite alcune degenerazioni ecologiste e localiste, fini­scono con l'essere pure fughe nel particolare, con l'alibi che lì vi è maggiore concretezza. E con l'esito di non incrinare gli assetti del sistema ma di assecondarti. A volte vengono forniti anche surrogati di patriottismo. É il caso ad esempio del "patriottismo della costituzione" di cui parta un intellettuale tedesco progressista (ma conservatore, anzi retrivo, rispetto alla storia tedesca che cammina e travolge i muri), Jurgen Habermas. E un patriottismo che alberga anche da noi, e che vorrebbe tra­sferire il sentimento collettivo di appartenenza nell'astratto e cartaceo riconoscimento di una Costituzione liberale e democra­tica. Bisecolare vizio illuministico di far nascere le cose con decreto legge della Ragione, dalla carta; senza trarle dalla storia, dalla vita concreta e dall'anima dei popoli.
I due principi antagonistici, serbano naturalmente nello spa­zio che tra loro intercorre, una varietà di posizioni che impedisce una valutazione manichea. C'è perfino un punto di contatto: è rappresentato dall'europeismo. Nell'Europa si incrociano cosmopolitismi e patriottismi. Ma la direzione verso cui marcia­no è opposta: il mondialismo vede l'Europa come un passo per liberarsi dai nazionalismi e per marciare verso la compiuta globalizzazione del sistema: i patriottismi vedono al contrario nell'Europa la macroappartenenza ad una Patria-civiltà e la grande nascita di un soggetto forte che tuteli le specificità dal Progetto di un mondo uniforme e unipolare.   
   
La battaglia dei prossimi anni è dunque questa (Furio Colombo vede il futuro nell'alternativa tra"universalismo e tri­balismo"; e l'impegno verso cui lavorare è quello dt far com­prendere ai vari comunitarismi la loro concordia discors, la loro comune esigenza di coalizzarsi in nome del comune principio delle diversità da tutelale. Questo discorso può largamente appli­carsi, senza perdere la coerenza, anche in chiave politica e socia­le concreta. Rispetto all'onnivoro centrismo che tutto media, neutralizza e digerisce; rispetto all'egemonia del capitale che mira a rendere inorganiche le differenze per organizzare il mer­cato, le diversità politiche, sociali, sindacali e culturali, le "patrie" di ciascuno, devono coalizzarsi, cominciando a non con­cepirsi in antagonismo, superando i confini topografici di destra e di sinistra, di tradizionalismo e di progressismo. Non è il caso di sprecare le proprie energie per insultarsi fra dirimpettai di marciapiede quando il rullo compressore minaccia di spianare tutta la strada.









L' America Giorgio Gaber

Sentinelle d'Italia riprendete il vostro posto



Un ufficiale imberbe, gentile e ardito come doveva esser GOFFREDO MAMELI, si avanzò e in silenzio mi offerse due fiori e una foglia: una foglia verde, un fiore bianco, un fiore rosso. Mai gesto ebbe più di grazia, più di semplice grandezza. Il cuore mi balzò di gioia e di gratitudine. Io serberò quei fiori, come il più prezioso dei pegni. Li serberò per me e per voi, per la poesia e per il popolo d'Italia. Verde, bianca e rosso! Triplice splendore della primavera nostra!
Gabriele D'Annunzio

Fischia il sasso

Sentinelle d'Italia riprendete il vostro posto!



"Non vi lasciate illudere, non vi lasciate ingannare, non vi lasciate impietosire. Tal mandra non ha rimorsi, non ha pentimenti, non ha pudori. Chi potrà mai distogliere dal gusto e dall'abitudine del brago e del truogolo l'animale che vi si rivoltola e vi si sazia"

Gabriele D'Annunzio
dal discorso del Campidoglio

Roma, 17 maggio 1915



Marcia «Parata di eroi»
March «Parade of heroes»
Марш «Парад героев»

Dedicato a tutti quelli che si credono Napoleone




Su Napoleone Bonaparte sappiamo ormai tutto, sono centinaia di migliaia i testi che gli sono stati dedicati da biografi e storici. I maniaci hanno rilevato giorno per giorno i suoi movimenti da Tolone a Waterloo. I nostalgici hanno ripercorso i suoi itinerari. I topi da biblioteca hanno fatto l’esatto censimento delle sue amiche di un’ora , e i più tenaci sono arrivati ad identificare tutti i membri di un “Club  degli amici della  Costituzione” di cui Napoleone, giovane tenente di artiglieria, ha fatto parte, a Valenza. Lui stesso a Sant’Elena ha narrato i suoi ricordi. Tutti quelli che gli sono stati accanto, grandi marescialli o cameriere, hanno scritto le loro memorie. Giuseppina ha custodito le sue lettere d’amore. La sua storia l’ha messa in scena lui stesso. Ne ha suggerito i dialoghi, in cui sembra  che non abbia mai pronunciato altro che frasi storiche. Ne ha fatto dipingere gli scenari, dal ponte di Arcole al cimitero  di Eylau. Tutti i temi sono esaltati dall’arte di pittori famosi. Lo sfondo delle Piramidi, il passaggio delle Alpi, i pugnali del cinquecento, il sole di Austerliz. Tutti i personaggi al loro posto, anche mamma Letizia nel palco d’onore dell’incoronazione, quando invece sappiamo, che non partecipò alla cerimonia. O il Primo Console in sella al suo cavallo impennato,  che indica con il dito le vette delle Alpi, dove scolpiti nella roccia sono visibili tre nomi: Carlo Magno, Annibale, Bonaparte. Uno dei più superbi quadri di David: il valico del passo del Gran San Berardo. In realtà il viaggio fu fatto a dorso di mulo, da Martigny fino al famoso convento. Da Tolone dove contribuì alla presa della città insorgente, sino al sangue versato sul sagrato di Saint Rock, Bonaparte sostenne la Convenzione. Appena qualche anno dopo la Rivoluzione, ed i grandi proclami che ne sono susseguiti, l’esercito era rimasto l’unico punto fermo, in un quadro generale piuttosto instabile. Stabilità chiede invece la borghesia. Ecco che i regicidi si trasformano in notabili. Si conserva il ballo del 14 luglio, ma si sopprime quello del 21 gennaio, che festeggia la morte di Luigi XVI. Non si danza più sui cadaveri. Non si esige più la testa del vicino: più prosaicamente , lo si porta davanti al giudice di pace. Velocemente siamo passati da Chodelos de Laclos a Balzac, dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo al Codice Civile. Sade viene messo in manicomio a Charenton. A breve nascerà Victor Hugo. Gli “assegnati “ vivono gli ultimi giorni. La Banca di Francia consolida le sue finanze , e l’oro farà presto la sua ricomparsa, coniato col profilo incisivo del nuovo Cesare. Il potere è finito nelle mani di ragazzini: Napoleone ha 26 anni, Junot e Murat 24, Marmont 21. Coloro che gli furono più cari, diventarono marescialli, duchi, principi o re. Ma Junot si suiciderà, Bertier farà la stessa fine, Murat verrà fucilato in una prigione calabrese, Marmont, bollato come traditore da melodramma, trascinerà dolorosamente, la sua maschera di Giuda. Lannes morirà dopo una lunga agonia in seguito all’amputazione delle gambe. Leclerc cadrà vittima della disperazione e della febbre gialla nell’isola della Tortue. La Harpe non arriverà più in la di Lodi, Mouiron non oltrepasserà il ponte di Arcole. Nessuno scriverà tante lettere di condoglianze a giovani vedove quante ne ha scritte Napoleone.  Mentre in tutti gli angoli d’Europa insorgenti preparano imboscate. E’ la risposta dei popoli all’offensiva dell’Utopia, alla smania normativa e prescrittiva della borghesia, che prendeva forma attraverso la codificazione, che avrebbe introdotto modernità e sviluppo.

Ma la battaglia di Lipsia alla metà dell’ottobre del 1813 metteva fine ai sogni napoleonici dell’Impero universale costruito a colpi di cannone. A partire da quel momento le Armate Alleate lo costrinsero alla ritirata su tutti i fronti. Anche gli organismi statali napoleonici o filo napoleonici, crollarono sotto la pressioni dei popoli e degli eserciti delle potenze coalizzate.

Sentinelle d'Italia riprendete il vostro posto!



La terra dei fiori, dei suoni e dei carmi risuoni, qual era, la terra dell'armi!
Di cento catene ci avvinser la mano, ma ancor di Legnano - sa i ferri brandir...
l'Italia non doma, non crescono al giogo le stirpi di Roma: più Italia non vuole stranieri tiranni, già troppo son gli anni - che dura il servir.
Va fuora d'Italia, va fuora ch'è ora, va fuora d'Italia, va fuora, o stranier.


 Luigi Mercantini  da "La spigolatrice di Sapri"





 Marcia «L'addio del volontario» o «Addio, mia bella, addio»
March «Farewell of the voluntary»
Марш «Прощание волунтёра»

Sentinelle d'Italia riprendete il vostro posto!




La Provvidenza

Quando pareva che l'esausto cuore
si fosse chiuso insieme alla ferita
e la malinconia dopo il dolore
si fosse dei miei giorni impadronita;

quando non davo peso nè valore
alla impetrata grazia della vita,
a me venisti intrepida d'amore
e la gioa mi fu restituita.

Prima che il grido diventasse canto,
e giacevo a me stesso sconosciuto
sentii che il cielo mi passava accanto,

da quel momento non ho più saputo
che fosse grave l'ombra o amaro il pianto:
e scordare si può di aver veduto. 

Sonetto dedicato da Carlo Delcroix a sua moglie

Sentinelle d'Italia riprendete il vostro posto !









Un’aquila sublime apparì nella luce, d’ignota stirpe titania, bianca le penne. 
Ed ecco splendere un peplo, ondeggiare una chioma...
Non era la Vittoria, l’amore d’Atene e di Roma,
la Nike, la vergine santa?
Italia! Italia!

La volante passò. Non le spade, non gli archi, non l’aste, ma le glebe infinite.
Spandeasi nella luce il rombo dell’ali sue vaste e bianche, come quando l’udìa trascorrendo il peltàste su ’l sangue ed immoto l’oplite.
Italia!
Italia!

 Gabriele D'Annunzio 
estratto da
 " Canto augurale per la nazione eletta"


il Piave mormorò e fece bene
 

Strappami o Dea l'Anima che langue

Chi è quell'Italiano, che abbia coraggio di apertamente lodare

una manifattura, un ritrovato, una scoperta, un libro d'Italia,

senza il timore di sentirsi tacciato di cieca parzialità,

e di gusto depravato e guasto?

Gian Rinaldo Carli,  La Patria degli Italiani  (1765).
 

Uomini ed eroi sono come una freccia



Non mi dire quello che vedo perché tanto lo vedo
non mi dire come sei fatto perché ormai ti conosco
non promettere cio' che non vuoi perché io non ci casco
non mi dire che cerco i miei guai tanto io non lo nego
le tue parole sono carta straccia uomini ed eroi sono come una freccia
la forza di volontà è una questione di testa e di cuore di lacrime e di buon umore,
l'esempio che annienta le tue parole il pugno di Carnera sul mondo,
le Voloire sguainare tra i ghiacci sul Piave andata e ritorno,
del futurismo i colpi e gli slanci come un volo dannunziano,
cannoni dal ventre di acciaio sul tetto di questo mondo sventola il tricolore italiano!
è il ruggito della belva, l'assalto del leone
la schiena sempre dritta, grandezza, esempio e slancio
questo mondo non basta tutto il resto non conta
è il ruggito della belva, l'assalto del leone
 
la schiena sempre dritta, grandezza, esempio e slancio

Noi che soffrimmo Amiamoci



L'uomo volgare scambia per follia il disagio di un'anima
che non respira in questo mondo abbastanza aria,
abbastanza entusiasmo, abbastanza speranza.
Madame de Staël, Della Germania, 1810