di Elia Rossi Passavanti
La Libia e La
Tripolitania, erano rispettivamente la novantunesima e novantaduesima
provincia d’Italia, riconosciute province d’Italia da tutti gli stati
dell’Universo. E non colonie. I
problemi originati dal passaggio di sovranità fra i due stati , furono sanciti
con un accordo con il primo ministro libico Ben Halim ed il Presidente del
consiglio dei ministri italiano Antonio Segni, il quale aveva compreso dolorosamente troppo tardi la situazione degli Italiani di
Libia anno 1956.
Il
trattato prevedeva:
Il
trasferimento alla Libia di tutte le proprietà
statali e parastatali nel Paese , fatti salvi gli edifici per far
funzionare i servizi diplomatici e le scuole italiane.
La
cessione all’Italia di un area, dove avrebbe fatto costruire a spese proprie
un nuovo ospedale a Tripoli.
Il
Governo Libico s’impegnava a garantire agli’italiani , compreso le persone
giuridiche, il libero e diretto esercizio dei loro diritti , escludendo nei
loro confronti qualsiasi possibilità di contestazione , anche da parte dei
singoli , per fatti dell’Amministrazione italiana intervenuti alla Costituzione
della stato libico .
Il
trattato stabilisce il proseguimento della colonizzazione contadina e il
trasferimento di proprietà quando le opere previste fossero state completate.
Inoltre si prevedevano quali fossero le
modalità per il trasferimento in Italia dei capitali e dei beni mobili degli
italiani rimpatriati.
L’Italia
versò alla Libia un contributo di settecento cinquantamila lire libiche, pari a
cinque miliardi di lire di allora.
Nel
1970 entra in scena , con un riuscito golpe militare il colonnello El Gheddafi,
il quale confiscò tutte le proprietà
degli italiani e li espulse dalla Libia, disonorando i trattati internazionali
firmati tra i due paesi. A fare un elenco della portata della rapina ai danni
dei nostri connazionali è lo stesso Gheddafi in un discorso a Bengasi il 5
settembre dello stesso anno: 1.5000 case , 50 fabbriche, 300 opifici, 37.000 ettari di
terreno, 120 miliardi di lire congelati
nelle banche italiane.
Ma
facciamo un indispensabile conteggio per i richiesti danni di guerra.
Nella
Libia nel 1911 dopo tanti anni di malgoverno Turco, edilizia, trasporti, scuole, organizzazione
sanitaria , industria erano pressoché inesistenti. E, l’agricoltura era
limitata alle zone di facile coltivazione, nei pressi dei pozzi, condotta con
mezzi assolutamente primitivi. Nelle regioni interne aveva un certo sviluppo la
pastorizia , nelle città un modesto artigianato mentre il commercio era generalmente appannaggio della comunità
ebraica.
Durante
la presenza italiana furono piantati 400.000 ulivi, 500.000 alberi di agrumi,
184.000 mandorli, un milione di viti, 52.000 alberi da frutta. Furono resi
irrigui 5.096 ettari
di terreno in aree desertiche o semidesertiche, che vennero messi a cultura.
Furono costruiti 6.000 km
di strade asfaltate , 4000
km di strade ferrate, . Vennero trasformate in città
ricche di edifici e di ooere pubbliche , da borgate che erano, Bengasi,
Misurata, Barce, Cirene, Derna, Tobruk, e di Tripoli si fece una prestigiosa
capitale da tutti ammirata.
Secondo
i dati del censimento turco pubblicati nel 1911 la popolazione del Villajet di Tripoli era di 375.566 abitanti quella del Mousseriffato
di Bengasi di 198.345.
Quando
abbiamo lasciato la Libia
la popolazione sfiorava i 2 milioni. Alla fine del 1938 l’assistenza
ambulatoriale e ospedaliera era in atto in tutti i centri di una certa importanza
dell’immenso paese. A Tripoli era sorto il grande ospedale della Mescia, in
quel tempo uno dei migliori dell’Africa.
Regio Corpo Truppe Coloniali
A Tripoli (1911 ) interpretazione di Claudio Villa
per l' Antologia della canzone italiana