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I Cavalieri dell'Apocalisse





Se volessimo individuare i personaggi che più hanno hanno insanguinato il secolo scorso falciando milioni di vite umane dovremmo fare riferimento a quattro assoluti protagonisti, veri cavalieri dell’Apocalisse: Stalin, Hitler, Mao e Pol Pot. Se dovessimo seguire un ordine cronologico il primo sterminatore, preceduto dallo stesso Lenin con il milione di vittime cosacche della rivoluzione bolscevica e la prima pianificazione e teorizzazione del terrore, è stato proprio Stalin, il massacro dei Kulaki iniziò tra il 1927 ed il 1930, mentre il gulag nasce prima dei campi di sterminio, purghe e terrore iniziano nel 1937. All’inverso se volessimo stabilire una graduatorie degli orrori più recenti dovremmo rivolgerci alla Cambogia di Pol Pot degli anni 70, trent’anni dopo i crimini nazisti, mentre imperava la logica di Yalta, fu il massacro più feroce, fu eliminato un cambogiano su tre. Il primato della quantità delle vittime falcidiate spetta invece a Mao, che sacrificò alla rivoluzione almeno cinquanta milioni di individui. Dei quattro sterminatori l’unico che non sopravvisse al suo sterminio fu Hitler, Stalin e Mao alla loro morte raccolsero universale cordoglio e solenni esequie. Tre su quattro dittatori sanguinari sono figli della stessa ideologia il comunismo, è assai strano che per l’opinione pubblica mondiale il simbolo del Male resti solo il quarto Hitler. Fu Lenin per primo a teorizzare e praticare il terrore al potere,nel 1922, in occasione della preparazione del codice penale sovietico scriveva: “Il tribunale non deve eliminare il terrore, prometterlo significherebbe ingannare se stessi e ingannare gli altri; bisogna giustificarlo, e legittimarlo sul piano dei principi, senza falsità e senza abbellimenti”. In Lenin, come in una matrioska russa, c’è già Stalin. E anche Hitler. Del nazismo che durò un dodicennio, finì nel sangue e la cui classe dirigente fu decapitata, più di mezzo secolo fa si parla come se fosse vivo e minaccioso, il comunismo le cui più recenti perfomance del terrore risalgono agli inizi degli anni 90 a Riga, Vilnius, Timisoara e Tienanmen, che ha oppresso, in varie continenti, per oltre settanta anni, miliardi di persone ed i cui capi non hanno conosciuto processi di Norimberga, tranne che in Romania, e sono in maggioranza in vita e spesso al potere, risulta essere un reperto archeologico di un epoca che non è la nostra e di un genere umano che non abbiamo mai conosciuto. Strano agire ad intermittenza di memoria ed oblio. Una ragione che appare plausibile per giustificare questa disparità della memoria è che i campi di sterminio appaiono moralmente più raccapricciante. La giustificazione dello sterminio degli ebrei appare la più delirante, così come fu espressa da Hitler nel discorso del 30 gennaio del 1942 a Berlino. “La guerra potrà finire solo con la liquidazione delle popolazioni ariane oppure con la scomparsa del giudaismo in Europa...il risultato di questa guerra sarà l’annientamento del giudaismo. Per la prima volta si applicherà l’antica legge giudaica “occhio per occhio dente per dente”!...E verrà il momento in cui il più acerrimo nemico dell’umanità di tutti i tempi si giocherà il suo ruolo almeno per un millennio”.Il monopolio della memoria appare invece preoccupante, è come se niente altro che Auschwitz evocasse il male e il passato del secolo scorso. A conservare la memoria del gulag sono veramente pochi, solo le tre repubbliche baltiche sono state in grado di farlo con rigore scientifico raccogliendo un’ampia e dettagliata documentazione, mentre per l’Olocausto è stato raccolto un grandissimo numero di documenti e analisi a cui è stato dato un’ampia risonanza. Inoltre l’Olocausto è stato studiato come il prodotto di tutto un sistema ideologico, il nazismo, operazione opposta è stata fatta per il gulag, dove si è cercato di negare le responsabilità all’ideologia ed al sistema che lo hanno generato addossandone la colpa a un loro momento e a un loro rappresentante, ecco l’invenzione dello “stalinismo”. Sussiste tutt’ oggi un’indulgenza nei confronti del comunismo che travalica la logica di Yalta e deve fare i conti con i decenni di egemonia culturale della sinistra, fino a ieri marxista, in Italia ed in Occidente. Cina, Cuba, Corea del Nord e ancora non pochi movimenti e regimi si definiscono comunisti, mentre non si ha notizia di regimi nazisti in carica e di dirigenti nazisti al potere. Molto fragile appare la giustificazione data da Furio Colombo, secondo il quale nel passato italia no non c’è il gulag ma il Tribunale speciale fascista, non il Kgb ma l’Ovra ed è quindi giusto riservare attenzione alle vicende di casa propria. Questa logica porterebbe, ad esempio, russi, cinesi e indiani a non curarsi di Auschwitz perchè non riguarda la loro storia. Inoltre è improponibile il paragone tra il pur odioso tribunale fascista che in tutta la sua attività ha irrogato 42 condanne a morte, in media meno di tre condanne l’anno, in buona parte non eseguite e circa 4.500 condanne al carcere o al confino su più di 21.000 denunce in gran parte archiviate o concluse con l’assoluzione, rispetto ai milioni di morti e deportati nel gulag sovietico.

Imparagonabile il Tribunale speciale fascista con il tribunale rivoluzionario istituito da Lenin nel ‘17, incombente la rivoluzione, non a fianco della giustizia ordinaria, come il tribunale fascista, ma al posto di essa. Volendo poi restare nella macabra contabilità autarchica, si può prescindere dalle migliaia di vittime delle foibe istriane e degli omicidi a guerra finita?

Occorre rifuggire lo schematismo delle simmetrie in base al quale si richiama un orrore per neutralizzarne un altro o per consentire un inaccettabile disarmo bilaterale della memoria, come se uno sterminio lavasse l’altro. Ma è inaccettabile che la commemorazione degli orrori del gulag possa essere inquadrata come tentativo di obliare i campi di sterminio o di “pareggiarli” in un delirante “scambio politico” dell’ orrore. In realtà la memoria degli uni evoca la memoria degli altri, e viceversa, ed entrambe non possono essere dimenticate. il gulag precedette Auscwitz e ne fu per molti versi l’archetipo e il parametro. E’ curioso notare che per il filosofo tedesco Habermas usi la reticente e vaga definizione di “espulsione”per lo sterminio staliniano dei kulaki che, risale agli anni Venti, ed è a tutti noto che i kulaki non furono semplicemente evacuati, ma proprio massacrati.

Va notato che i primi a costruire campi di concentramento nel ‘900 sono stati gli Inglesi, i concentration camps dove ammassarono i boeri. Ha poi ragione Elio Toaff a ritenere che il Male del secolo sia simbolicamente rappresentato da Hiroschima e Nakasaki, non solo per la densità in cui si concentrò in pochi terribili attimi e per il coinvolgimento della scienza e della tecnica ai suoi massimi livelli, ma anche perchè la barbaria dei campi di sterminio aveva conosciuto precedenti nella storia sebbene ora ne mutassero dimensioni e organizzazione, ma l’orrore piovuto dal cielo per la volontà degli uomini non aveva precedenti, era stato prefigurato come una sorta di castigo divino mai come un evento compiuto da uomini. Era una novità tremenda e assoluta, l’umanità prese coscienza di essere mortale. Peraltro anche alle radici della distruzione atomica di Hiroshima esiste un pregiudizio sulla razza gialla a cui il presidente americano Harry Truman era sensibile fin da ragazzo. La decisione di sganciare la bomba affermò non fu per lui ne sofferta nè difficile e non gli fece perdere una notte di sonno . “I giapponesi erano bestie e come tali andavano trattati”, dichiarò a mente fredda. In una lettera del 22 giugno del 1911, prima della guerra e prima di Pearl Harbor, scrisse: “Penso che tutti gli uomini abbiano pari valore fintantoché sono onesti e dignitosi purché non si tratti di negri o di gialli... Odio i cinesi e i giapponesi. Suppongo si tratti di un pregiudizio razziale. Sono energicamente favorevole all’idea che i Negri debbano stare in Africa, i gialli in Asia e i bianchi in America e in Europa”. Era necessario salvare anche una sola vita americana: come se la vita dgli altri popoli non contasse nulla, il più feroce ed ottuso dei nazionalismi xenofobi e dei razzismi si compendia in questo paragone tra una vita americana e migliaia di incolpevoli vite giapponesi. Tanto più che il lancio dell’atomica non era in realtà necessario, già da allora lo sostennero i generali Eisenahower e Mac Arthur e l’ammiraglio Leathy, ma nessuno si sottrasse all’ordine terribile di uccidere migliaia di vite inermi, anzi i militari furono trattati da eroi, insigniti di medaglie al valore e nessuno fu mai tentato dall’idea di processarli per crimini di guerra. L’ aereo della morte fu affettuosamente soprannominato Enola Guy dal nome della mamma di un colonnello americano. Quando Luigi Berlinguer ricoprì l’incarico di Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana, emanò curiose circolari sull’insegnamento della storia del Novecento che eludono l’uso della parola comunismo, preferendo definizioni come stalinismo o sovietismo, questo suscitò una vivace polemica (si veda il libro Sostiene Berlinguer con testi di Abbruzzese, De Michelis e Galli della Loggia che contiene anche una ricca appendice che riproduce i documenti ministeriali oggetto di critiche), continua il “depistaggio stalinista” denunciato da Solgenitsyn in Voci sotto le macerie. I vari comunismi sparsi nel mondo e lungo l’arco del secolo sarebbero dunque tutti surrogati, forme abusive di comunismo, illusioni ottiche, disguidi e tradimenti. Il comunismo resta così una magnifica promessa nell’alto dei cieli che non si è ancora incarnata nella storia. E’ pertanto indispensabile per una comprensione compiuta del comunismo ripristinare l’unità ideologica e la continuità storica del comunismo, a partire da Lenin. Non si comprendono né Stalin, nè Mao, nè Gramsci e nemmeno Gorbacev se non si parte da Lenin e non si restaura il senso di una continuità. Non si comprendono le espressioni multiple del comunismo mondiale se non si riannoda quel fi lo. Ma più vastamente non si comprende il secolo delle rivoluzioni se non partendo dalla scintilla, Iskra, scintilla si chiamava, appunto, la rivista da cui partì la rivoluzione, che Lenin accese nel 1903. Non c’è frattura tra il leninsmo e l’idea di egemonia in Gramsci, ma prosecuzione coerente in ambito occidentale della pretesa leninsta di guidare la storia e le masse, incarnando lo spirito del tempo e sostituendo ogni altra aspirazione in ogni sfera pubblica e privata, a . cominciare dalla religione. Ma non c’è frattura nemmeno tra il leninismo e il gulag, prosecuzione coerente della rivoluzione e del terrore che ebbero in Lenin il primo convinto interprete, non solo ideologico. Non si tratta di demonizzare il comunismo, e di caricare sulle sue spalle il peso dei mali della modernità, si tratta, all’inverso, di riconoscerne la portata e la grandiosa incidenza nella storia. Si tratta di prendere sul serio il comunismo. L’idea di sopprimere la realtà, di estirpare la storia vera e di abolire la società presente, la responsabilità degli esiti dolorosi non può essere attenuata, ne attribuita alle circostanze o all’infame corso degli eventi. Laddove alcuni ritengono di cogliere il titolo di nobiltà del totalitarismo comunista, si annida al contrario il suo punto di inarrivabile crudeltà: l’idea dell’abolizione della storia , il sogno di una umanità mai nata e una società mai realizzata che nega radicalmente l’umanità concreta e la società vivente, è già il cuore del male totalitario allo stato puro, non dunque degradazione di principi, ma perfetta conseguenza di essi. Possiamo solo accettare la distinzione di Giovanni XXIII tra l’errore e gli erranti e cioè di quanti al comunismo credettero in buona fede, a volte dedicandogli la loro vita e la loro passione intellettuale e civile. Anche le cause peggiori possono attirare gli uomini migliori, anche il nazionalsocialismo tentò intelligenze di prim’ordine. C’è una’antica parentela tra angeli e demoni.La sensazione di vivere in un inferno, genera disperanti speranze in altri inferni prossimi venturi, in cui si rovesciano le parti, e dannati e carnefici ci si scambiano i ruoli. Le utopie inoltre attraggono spesso nobili intelligenze e cuori disperati, tra i primi non sarà difficile trovare intellettuali che al comunismo credettero, salvo poi ricredersi e rovinare la loro esistenza per quel loro ravvedimento, tra i secondi non sarà difficile individuare le grandi masse di dannati della terra che affidarono al sogno di redenzione del comunismo le loro speranze di riscatto sociale, di dignità e di un radioso futuro per i loro figli ed il loro risentimento, la loro voglia di far scontare agli sfruttatori le sofferenze che avevano subito. L’espiazione, un’antica categoria religiosa introdotta nella storia, spiega una delle spinte psicologiche del comunismo. Sul piano storico e negli assetti sociali, il comunismo è stato in alcuni Paesi un grande liqudatore di società arcaiche premoderne, e un grande traghettatore verso la modernizzazione capitalistica, quasi un taxi con tassametro impazzito (con costi esorbitanti) che ha trasferito le masse dalle comunità tradizionali alla società globale. A partire dalla Russia zarista, dove la rivoluzione comunista è stato un corso accelerato di modernità, come sosteneva lo stesso Trotzkj, che aveva fatto vivere, a tappe forzate, alla Russia le rivoluzioni politiche e sociali moderne: la rivoluzione francese ma anche la rivoluzione industriale, il terrore giacobino ma anche la ricerca scientifi ca e l’applicazione tecnologica. Il comunismo ha rappresentato per la Russia la transizione cruenta fra il mondo premoderno, asiatico e zarista, di cui pur aveva ereditato alcuni incantamenti magici e liturgici, alcune restrizioni etiche e morali e alcune ossessioni geopolitiche ed imperiali, e il mondo moderno delle ricerche spaziali, degli armamenti, delle fonti energetiche, dell’economia come chiave del mondo. Il comunismo nasce dal progetto di adeguare la realtà ad un

idea che diventa norma: da qui la normalizzazione come procedura standard del comunismo al potere e la sua versione debole e dolce di perseguire il sogno di un Paese normale di alcuni intellettuali e politici nelle democrazie  d’Occidente.