Su Napoleone Bonaparte sappiamo ormai tutto, sono
centinaia di migliaia i testi che gli sono stati dedicati da biografi e
storici. I maniaci hanno rilevato giorno per giorno i suoi movimenti da Tolone
a Waterloo. I nostalgici hanno ripercorso i suoi itinerari. I topi da
biblioteca hanno fatto l’esatto censimento delle sue amiche di un’ora , e i più
tenaci sono arrivati ad identificare tutti i membri di un “Club degli amici della Costituzione” di cui Napoleone, giovane tenente
di artiglieria, ha fatto parte, a Valenza. Lui stesso a Sant’Elena ha narrato i
suoi ricordi. Tutti quelli che gli sono stati accanto, grandi marescialli o
cameriere, hanno scritto le loro memorie. Giuseppina ha custodito le sue
lettere d’amore. La sua storia l’ha messa in scena lui stesso. Ne ha suggerito
i dialoghi, in cui sembra che non abbia
mai pronunciato altro che frasi storiche. Ne ha fatto dipingere gli scenari,
dal ponte di Arcole al cimitero di
Eylau. Tutti i temi sono esaltati dall’arte di pittori famosi. Lo sfondo delle Piramidi,
il passaggio delle Alpi, i pugnali del cinquecento, il sole di Austerliz. Tutti
i personaggi al loro posto, anche mamma Letizia nel palco d’onore
dell’incoronazione, quando invece sappiamo, che non partecipò alla cerimonia. O
il Primo Console in sella al suo cavallo impennato, che indica con il dito le vette delle Alpi,
dove scolpiti nella roccia sono visibili tre nomi: Carlo Magno, Annibale,
Bonaparte. Uno dei più superbi quadri di David: il valico del passo del Gran
San Berardo. In realtà il viaggio fu fatto a dorso di mulo, da Martigny fino al
famoso convento. Da Tolone dove contribuì alla presa della città insorgente,
sino al sangue versato sul sagrato di Saint Rock, Bonaparte sostenne la Convenzione. Appena
qualche anno dopo la
Rivoluzione, ed i grandi proclami che ne sono susseguiti,
l’esercito era rimasto l’unico punto fermo, in un quadro generale piuttosto
instabile. Stabilità chiede invece la borghesia. Ecco che i regicidi si
trasformano in notabili. Si conserva il ballo del 14 luglio, ma si sopprime
quello del 21 gennaio, che festeggia la morte di Luigi XVI. Non si danza più
sui cadaveri. Non si esige più la testa del vicino: più prosaicamente , lo si
porta davanti al giudice di pace. Velocemente siamo passati da Chodelos de
Laclos a Balzac, dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo al Codice Civile.
Sade viene messo in manicomio a Charenton. A breve nascerà Victor Hugo. Gli
“assegnati “ vivono gli ultimi giorni. La Banca di Francia consolida le sue finanze , e
l’oro farà presto la sua ricomparsa, coniato col profilo incisivo del nuovo
Cesare. Il potere è finito nelle mani di ragazzini: Napoleone ha 26 anni, Junot
e Murat 24, Marmont 21. Coloro che gli furono più cari, diventarono
marescialli, duchi, principi o re. Ma Junot si suiciderà, Bertier farà la
stessa fine, Murat verrà fucilato in una prigione calabrese, Marmont, bollato
come traditore da melodramma, trascinerà dolorosamente, la sua maschera di
Giuda. Lannes morirà dopo una lunga agonia in seguito all’amputazione delle
gambe. Leclerc cadrà vittima della disperazione e della febbre gialla
nell’isola della Tortue. La
Harpe non arriverà più in la di Lodi, Mouiron non
oltrepasserà il ponte di Arcole. Nessuno scriverà tante lettere di condoglianze
a giovani vedove quante ne ha scritte Napoleone. Mentre in tutti gli angoli d’Europa insorgenti
preparano imboscate. E’ la risposta dei popoli all’offensiva dell’Utopia, alla
smania normativa e prescrittiva della borghesia, che prendeva forma attraverso
la codificazione, che avrebbe introdotto modernità e sviluppo.
Ma la
battaglia di Lipsia alla metà dell’ottobre del 1813 metteva fine ai sogni napoleonici
dell’Impero universale costruito a colpi di cannone. A partire da quel momento
le Armate Alleate lo costrinsero alla ritirata su tutti i fronti. Anche gli
organismi statali napoleonici o filo napoleonici, crollarono sotto la pressioni
dei popoli e degli eserciti delle potenze coalizzate.