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Cosa aspetti?

Cesare Battisti e Fabio Filzi

Ammetto [...] di aver svolto, sia anteriormente che posteriormente allo scoppio della guerra con l'Italia, in tutti i modi - a voce, in iscritto, con stampati- la più intensa propaganda per la causa d'Italia e per l'annessione a quest'ultima dei territori italiani dell'Austria; ammetto d'essermi arruolato come volontario nell'esercito italiano, di esservi stato nominato sottotenente e tenente, di aver combattuto contro l'Austria e d'essere stato fatto prigioniero con le armi alla mano. Rilevo che ho agito perseguendo il mio ideale politico che consisteva nell'indipendenza delle province italiane dell'Austria e nella loro unione al Regno d'Italia.
Cesare Battisti

IL VOLO SU VIENNA La Serenissima D'Annunzio




Il volo su Vienna del 9 agosto 1918, fu una trasvolata compiuta da 11 Ansaldo S.V.A. dell'87a squadriglia, detta la Serenissima. Dieci erano monoposto, pilotati da Antonio Locatelli, Girolamo Allegri, detto Gino Allegri, Censi, Aldo Finzi, Massone, Granzarolo, Sarti, Arturo Ferrarin, Masprone e Contratti ed un biposto pilotato dal Capitano Natale Palli. Il Maggiore Gabriele d'Annunzio, comandante della Squadra Aerea S. Marco. Il volo era stato progettato dallo stesso D'Annunzio, più di un anno prima, ma difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell'autonomia degli apparecchi per un volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 D'Annunzio aveva compiuto un volo di dieci ore senza particolari problemi, così venne finalmente l'autorizzazione necessaria all'impresa: « Il volo avrà carattere strettamente politico e dimostrativo; è quindi vietato di recare qualsiasi offesa alla città ... Con questo raid l'ala d'Italia affermerà la sua potenza incontrastata sul cielo della capitale nemica.
Sarà vostro Duce il Poeta, animatore di tutte le fortune della Patria, simbolo della potenza eternamente rinnovatrice della nostra razza.
Questo annunzio sarà il fausto presagio della Vittoria »
 
Un primo tentativo venne compiuto il 2 agosto, ma a causa della nebbia i 13 apparecchi che vi parteciparono dovettero rinunciare. Un secondo tentativo si compì l'8 agosto, ma il vento contrario fece rinunciare anche questa volta. Finalmente la mattina del 9 agosto, alle ore 05:50, dal campo di aviazione di San Pelagio (Due Carrare - Padova) con undici apparecchi. I velivoli di Ferrarin, Masprone e Contratti dovettero atterrare non appena partiti, mentre Sarti fu costretto ad atterrare per noie al motore, posandosi sul campo di Wiener-Neustadt ed incendiò lo S.V.A. prima della cattura.

Gli altri sette compirono l'impresa, giunsero su Vienna alle 9:20 lanciando 50.000 copie di un manifestino in italiano preparato da D'Annunzio che recitava:

 « In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione
disperata e luminosamente incomincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso come indizio del destino che si volge.

Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. È passata per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina e predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno, con una ebrezza che moltiplica l'impeto. Ma, se l' impeto non bastasse, basterebbe il numero; e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno. L'Atlantico è una via che già si chiude; ed è una via eroica, come dimostrano i nuovissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco.
Sul vento di vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo.
Il rombo della giovane ala italiana non somiglia a quello del bronzo funebre, nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sospende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o Viennesi. Viva l'Italia! »
Lo SVA di D'Annunzio è conservato al Vittoriale

La Disperata Compagnia D'Annunzio





Come nasce "La Compagnia della Guardia" detta "la Disperata". Il comandante, il ternano, allora tenente di cavalleria Elia Rossi Passavanti si trova nel video alla destra di D'Annunzio.
Il 12 settembre del 1919 i legionari di Ronchi entrano a Fiume tra la popolazione in festa, la Fiat 501 rossa di D'Annunzio  con su l'emblema della Santa Casa di Loreto, fu ricoperta da fiori. Il grido del 1917, Eia!Alalà! risuonò nella città Olocausta. Fin dai primi giorni della Santa Entrata, iniziarono ad accorre legionari. Tornarono i Granatieri di Sardegna. Arrivò la I° Divisione d' Assalto, le Fiamme nere cantavano alle ragazze "Apriteci le porte libereremo Fiume a costo della morte". Entrarono 1600 bersaglieri, le Fiamme cremisi. Vennero volontari di tutte le armi. Molti privi di documenti non erano stati accolti dal Comando, invece di andare via si erano accampati nei cantieri navali. Alcuni si tuffavano dalle navi, altri cercavano di manovrare vecchie locomotive che un tempo correvano tra Fiume e Budapest, altri arrampicati sulle gru, cantavano ebri e felici, questi soldati che tutti chiamavano "i disperati"  per la loro situazione di abbandono, si offersero al Comandante come una guardia personale, il quale accettò l'offerta. Al comando della "Disperata" venne chiamato frate Elia, così descritto dalle parole di DAnnunzio: "Il Tenente Elia Passavanti, il più prode ed il più buono dei legionari fiumani, un primissimo eroe tre volte mutilato, un italiano di antica gentilezza, esempio continuo di sacrificio e di costanza". Fu adottato il motto "me ne frego", dal dialetto romanesco, un motto crudo, come lo definì il Poeta, ma a Fiume disse: "la mia gente non ha paura di nulla, nemmeno delle parole". Gran parte del giorno questi soldati facevano esercizio di nuoto e voga, cantavano e marciavano, non avevano obbligo di rimanere in caserma, alla sera per loro divertimento se ne andavano in un luogo chiamato La Torretta, dove divisi in due schiere iniziavano veri combattimenti a bombe a mano. Così scriveva Mario Carli: "Questa Disperata fu la falange eletta dei legionari, la guardia del corpo del Comandante, manipolo di uomini decisi, spregiudicati, violenti nell'adorazione e nell'impeto, fiore della rivolta e della libertà, passato attraverso il setaccio della guerra. Erano mastini ed erano fanciulli: sicuri come truppe di colore, consapevoli come «soldati della morte», lieti e canori come atleti in gara continua". Quanto fosse orgoglioso dei disperati D'Annunzio lo proclamerà anche in un volantino ai Dalmati: "Ho in mente una vecchia canzone repubblicana di non so più qual linguaggio, una rude canzone di rivoltosi misurata da questo ritornello: Finché ci sieno tre uomini in piedi, ci può essere un regno di meno nel mondo. Non cè qui una disperazione inerme. Cè una speranza con gli artigli e col rostro. Disperati si chiamano anche i miei Arditi, ma in un senso di prodigio: disperati, ovvero certi di giungere in ogni modo alla meta che io indicherò domani ma che essi già guatano impazienti e obbedienti. Finché ce ne sieno tre in piedi, ci può essere una vergogna di meno laggiù". Intanto gli uscocchi mettono a segno un altro colpo: viene catturato il Trapani. "DAnnunzio e i suoi legionari sono dei manigoldi", dichiara il generale Nigra. Così il 26 gennaio La Disperata rapisce Nigra e lo mette a  confronto con il diretto interessato. Questo il racconto: Il signor Generale Nigra, dal giorno in cui ebbe l'onore di assumere il comando della 45.a Divisione, non cessò di dimostrare al Comandante di Fiume, alle truppe fiumane, alla Causa nazionale la più cruda inimicizia. Alle denigrazioni, alle vessazioni, ai soprusi dogni genere volle aggiungere quotidianamente le più basse ingiurie. Ma a proposito del Comandante, l'ultima contumelia fu espressa in questi termini: Chi sceglie a sua guardia d'onore manigoldi non può essere se non il più gran manigoldo. Per rispondere a questa brevità cesarea, nella notte del 27 gennaio, presi gli ordini del Comandante, i manigoldi della Guardia, con una speditezza ed una eleganza incomparabili, hanno compiuto la cattura del nemico. Il Generale Nigra, prigioniero, si è affrettato a dichiarare la sua venerazione verso il Comandante, il suo sviscerato amore per la Causa di Fiume, e la sua stima senza limiti per i Legionari. Egli ha perfino chiesto il nastrino dei colori fiumani per ornarsene! A quello spirito, festivo, comunitario, gratuito, Passavanti seppe essere  coerente nella sua vita. Quando si è salito il Calvario della trincea sette volte, con le carni a brandelli e l'anima rigenerata  e si è innalzato nel cielo di Fiume e d'Italia il grido della Vittoria, non si può ritornare indietro, soleva dire.
I tre Comandanti della Compagnia D'Annunzio furono nell'ordine: Tommaso Beltrami, Elia Rossi Passavanti e Ulisse Igliori. La camicia bianca, il fiocco e il cordone nero nella divisa della Compagnia D'Annunzio sono introdotti da Passavanti.