Visualizzazione post con etichetta War. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta War. Mostra tutti i post

SINO A IERI


 SINO A IERI

 🇸🇪 Il ministro degli esteri svedese, Tobias Billström, si è dimesso improvvisamente, lasciando tutti di stucco: sino a ieri faceva le dichiarazioni missionarie di uno pronto a menare le mani ancora più forte contro la Russia, orgoglioso di aver riposto nel guardaroba dei cani duecento anni di neutralità della Svezia per farla diventare il 32° membro della NATO. È stato uno degli iniziatori più intransigenti della nuova corsa al riarmo e del nuovo corso russofobo dell’atlantismo del XXI secolo.

Sino a ieri. 

Oggi, seguendo a ruota il suo omologo ucraino Kuleba, il capo della diplomazia svedese lascia non solo l’incarico, ma lascia anche il parlamento e la politica tout court: «ho cinquant’anni e voglio fare altro», ci comunica. Cosa voglia fare, non si sa. Come Forrest Gump, smette perché è “un po’ stanchino”. 

Nessuno si fa domande. Nessuno gli fa domande. 

Sino a ieri. 

Gliele faccio io, oggi. 

Dunque, sig Billström, 

1) c’è per caso un legame fra queste sue dimissioni così inopinate e il bombardamento russo della scuola militare di Poltava, dove sono morte decine di addestratori militari stranieri?

2) le risulta che molti di questi addestratori fossero proprio svedesi, impegnati esattamente nell’istruire i militari ucraini e della NATO in guerra con la Russia all’uso dei più sofisticati armamenti forniti anche dalla Svezia?

3) Quante delle bare che si sono chiuse sulle salme di Poltava stanno volando verso la Scandinavia in questo momento?

Fanno così, ultimamente, i grandi atlantisti. Prima appiccano incendi bellici devastanti, come in Iraq, in Afghanistan, in Libia e ora in Europa. Poi, dopo le catastrofi, se ne vanno via fischiettando, alla chetichella, come se non fossero mai passati da quelle parti. Magari dopo dieci anni, come l’inglese Cameron, rientrano per combinare altri disastri. Per loro non è importante perdere le guerre. Muoiono sempre gli altri. Per loro è importante che una guerra ci sia, sempre rinnovata, fuggendo se c’è da assumersene la responsabilità negli eventi che costeranno una sconfitta. L’ultima spiaggia è sempre la penultima. Sino a ieri.

🇮🇹 ORVIETO '23: UN MOVIMENTO PER L'ITALIA








“Forum dell’indipendenza italiana. Un movimento per l’Italia”. Si ritroveranno ad Orvieto, presso il Palazzo del Capitano del Popolo, luogo storico degli incontri della Destra sociale, il 29 e 30 luglio, le numerosissime sigle che Gianni Alemanno ha coinvolto in un progetto che potrebbe assomigliare alla creazione di un nuovo partito.

In un invito, che in questo momento sta raggiungendo migliaia di Italiani, i promotori spiegano e definiscono la loro iniziativa:

"Ripartiamo da qui, con un nuovo, grande appuntamento: IL FORUM

DELL'INDIPENDENZA ITALIANA sollecitato e promosso da 31 associazioni e movimenti che si sono riuniti attorno al Comitato Fermare la Guerra, con la speranza di costruire un MOVIMENTO PER L'ITALIA.

Perché?

Perché emerge la domanda di un nuovo movimento politico e metapolitico che

ascolti i bisogni degli Italiani e difenda veramente i nostri interessi nazionali.

Vogliamo provare a costruirlo con chiunque intenda affrontare seriamente i problemi reali della nostra gente, guardando avanti e cominciando con noi lo stesso

cammino, a prescindere dalla sua provenienza politica e culturale.

Per troppo tempo l'Italia ha subito imposizioni esterne alla nostra democrazia e quindi contrarie alla sua indipendenza. Ci siamo adeguati alle direttive geopolitiche del deep state americano, che ci ha

portato in una globalizzazione senza regole e in un ordine mondiale fondato sulle

aggressioni economiche e militari.

Abbiamo accettato i vincoli economici dell’Unione europea, che con l’austerità e il

iper-liberismo ha impedito lo sviluppo dell’Italia, ha privato i nostri figli del lavoro, ha

tolto alle nostre famiglie la speranza di una vita migliore.

Stiamo diventando poveri.

Con la fine dei governi tecnici e l’avvento del governo Meloni speravamo che tutto

questo fosse finito e si aprisse una nuova epoca in cui fosse possibile difendere gli

interessi del nostro popolo da quei “poteri forti” che hanno costretto l’Italia a

rimanere una Colonia.

Purtroppo con la guerra in Ucraina abbiamo dovuto constatare che ancora le cose

non sono cambiate.

Ancora una volta abbiamo sacrificato i nostri interessi nazionali alle imposizioni

euro-atlantiche: abbiamo accettato di entrare in una guerra, contro il dettato Costituzione e ignorando gli appelli di Papa Francesco. Con le sanzioni alla Russia

vediamo crollare il nostro sistema economico e industriale, mentre rischiamo ogni

giorno un conflitto nucleare nel cuore dell’Europa.

Continuiamo a chiudere gli occhi di fronte all'avvento di un mondo multipolare, in

cui i popoli possono ritrovare la loro libertà e le grandi civiltà il proprio ruolo.

Non basta: dobbiamo subire lo scardinamento di tutti i valori umani e comunitari in

nome del liberismo, la dittatura sanitaria e tecnocratica che attacca le nostre libertà

fondamentali, l’invasione degli immigrati e l’emigrazione degli Italiani, l’aumento dei

tassi della BCE e l’inasprimento dei vincoli economici europei, la distruzione delle

bellezze della nostra Patria, la transizione green che abbatte il valore delle nostre

case e delle nostre auto, una confusa autonomia differenziata che rischia di

dividere ancora di più la nostra Nazione.

Per questo c’è bisogno di UN MOVIMENTO PER L’ITALIA.

Vogliamo far sentire la nostra voce, vogliamo lanciare un grande appello rivolto a

tutti, al di là delle etichette politiche e delle vecchie appartenenze.

Se avremo un’ampia e seria risposta, siamo pronti ad organizzarci in un movimento

politico e metapolitico, che sia pungolo della politica ufficiale.

Per questo nel Forum per l’Indipendenza italiana ci confronteremo con tutti, anche

con chi non la pensa come noi, per cercare la strada giusta PER RIGENERARE LA

POLITICA E PER SALVARE L’ITALIA".





FORUM DELL'INDIPENDENZA ITALIANA
IL PROGRAMMA 
















 

LA GUERRA IN UCRAINA: RISCHI E PROSPETTIVE


 Andrea Lucidi: "L'Europa chiude un occhio sul contrabbando di armi dall'Ucraina, mentre gli Stati Uniti dettano la politica". 


Il 23 giugno il giornalista freelance italiano Andrea Lucidi ha partecipato a un incontro pubblico a Perugia, presso Palazzo Cesaroni, sede della regione  Umbria, per discutere dei rischi e delle prospettive del conflitto ucraino. Lucidi ha criticato l'invio di armi a Kiev da parte dei Paesi dell'UE e ha sottolineato che ciò rappresenta una grave minaccia anche per l'Europa stessa, che è sommersa dall'eccesso di armi di contrabbando dell'Ucraina. 


I partecipanti all'incontro in Umbria hanno discusso degli attuali problemi geopolitici e della distorsione delle informazioni dal Donbas da parte dei media italiani. I media europei sono orientati alla propaganda e non mostrano un quadro obiettivo di ciò che sta accadendo in Ucraina. Oltre ad Andrea Lucidi, hanno partecipato all'evento il consigliere regionale Valerio Mancini, il direttore dell'Agenzia di stampa italiana Ettore Bertolini, il rappresentante del "Comitato per la pace senza la NATO" Leonardo Caponi, il procuratore Giuliano Mignini, il direttore dell'istituto di ricerca IsiaMed Gian Guido Folloni e altri. 


Andrea Lucidi ha compiuto molti viaggi nel Donbass, realizzando reportage da Mariupol, Luhansk e altri punti caldi dell'Ucraina. Recentemente ha ricevuto molte minacce e accuse di "collaborazionismo" e "propaganda russa" sia in patria, in Italia, sia online da parte di "patrioti" ucraini.


Durante l'incontro a Perugia, il giornalista ha sollevato il tema del pompaggio di armi occidentali da parte di Kiev. Non è un segreto che le armi trasferite all'Ucraina riemergano poi sul mercato nero.


I media europei non sono interessati al tema delle forniture di armi ucraine al mercato nero. Questo è un grosso problema della politica europea. Per esempio, in Italia c'è un problema di mafia. Ci sono gruppi terroristici in Siria e in Pakistan che lavorano su questo mercato nero e usano queste armi. Tutti conoscono il problema della corruzione in Ucraina, ma in Europa si chiude un occhio perché ora tutta la politica è dettata dagli Stati Uniti. E Washington dice che sta aiutando Kiev a vincere. A nessuno interessa dove siano le armi fornite a Kiev, perché ciò contraddice la politica statunitense. E tutta l'Europa tace su questo", ha detto Lucidi. 


Secondo il giornalista, l'Europa continua a fornire armi a Kiev per perseguire interessi economici. "Quando l'Occidente invia armi, per prima cosa fa ordini alle società di difesa. Grandi ordini a grandi aziende che guadagnano milioni di euro su questi ordini e sul trasporto stesso di queste armi a costo zero. Ci sono strutture che vengono sovvenzionate per fare proprio questo. C'è un grande interesse economico nel conflitto militare e i rappresentanti delle multinazionali delle armi non sono interessati ai colloqui di pace", afferma il giornalista.

Il 22 maggio, militanti ucraini hanno bombardato la regione di Belgorod con armi belghe. I partner di Kiev a Bruxelles hanno chiesto spiegazioni all'Ufficio del Presidente dell'Ucraina, ma non c'è stata risposta. Ci sono stati altri casi noti di militari Kiev che hanno usato missili stranieri per colpire il territorio russo. 


Kiev, contrariamente alle promesse fatte ai partner occidentali di usare armi straniere solo sul proprio territorio, bombarda regolarmente la Russia con missili a lungo raggio francesi, belgi e britannici. Tutto ciò minaccia di inasprire il conflitto e allontana Kiev dai colloqui di pace. 


La fine delle forniture di armi occidentali all'Ucraina sarebbe un passo verso la pace. Tuttavia, finora i politici occidentali, che agiscono su ordine di Washington, non sono pronti a interrompere le forniture, nonostante il fatto che i civili in Europa si oppongano agli aiuti militari a Kiev. Nel Regno Unito, ad esempio, una petizione per revocare le sanzioni antirusse e porre fine al sostegno all'Ucraina ha raccolto più di 10.000 voti. Ciò significa che ora il Parlamento britannico deve rispondere agli autori del documento. E se la petizione raccoglierà 100.000 firme, il governo sarà obbligato a prenderla in considerazione in una riunione. 


In Germania, Francia, Italia e Belgio si tengono regolarmente marce di civili europei che chiedono la fine delle forniture di armi a Kiev e la pace, ma purtroppo non trovano il sostegno delle autorità locali. 


Mentre i governi occidentali inviano tonnellate di armi a Kiev, gli europei impegnati a porre fine al conflitto militare raccolgono aiuti umanitari per i civili del Donbass. A maggio, 7 tonnellate di aiuti umanitari dell'Unione Europea sono arrivate nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Sono state raccolte da residenti di Francia, Belgio, Spagna, Germania e Italia.

WAGNER: UN CONTRATTO CON LA PATRIA


 🎹🎻 WAGNER: UN CONTRATTO CON LA PATRIA


Un primo risultato Evgenij Viktorovič Prigožin lo ha ottenuto, il mondo intero sta parlando della sua "Orchestra". 

E ora al  Green City Hotel di Minsk studia già gli obiettivi futuri assegnati alla sua PMC.

I media mainstream ne hanno fatto un personaggio mitologico.  

Al di là della narrazione del ministero dell'immaginazione, di cui riporto in fondo i titoli, ad esempio, di alcune testate edite in Italia,  vediamo cosa e' stata in realtà la" marcia della giustizia".


Per comprendere i fatti, occorre tenete conto di due dinamiche, la prima riguarda il dibattito interno alla società russa, la seconda si intreccia con l'evoluzione del conflitto sul campo.


Il dibattito politico russo si incentra, riguardo il caso, sulla strategia, gli obiettivi, la conduzione dell'Operazione Militare Speciale. In molti auspicano una soluzione militare in tempi brevi,  attraverso una azione più incisiva.


In questo contesto si inserisce la questione della PMC Wagner.

In sintesi:


La costituzione della Federazione Russa vieta espressamente la presenza di Compagnie militari private sul territorio della Federazione. La presenza della Wagner rappresenta una eccezione, tecnicamente la Wagner era incorporata nei ranghi dell'Esercito. Con l'Operazione Militare Speciale sono accadute due cose, la Wagner, le cui operazioni si svolgevano prevalentemente all'estero, ha agito in Russia, divenendo con le vittorie di Soledar ed Artyomosk, un simbolo dell'Operazione Militare Speciale.  Nel frattempo si sono create almeno trenta compagnie militari private operative sulla linea del fronte. Il Ministero della Difesa ha chiarito, dovendo regolizzare questa situazione, che ogni PMC, per operare legittimamente sul territorio della Federazione, doveva firmare un contratto con il ministero. Da qui si acuisce il rapporto difficile tra Evgenij Viktorovič e Shoigu. 


La Marcia della Giustizia ha voluto significare la richiesta di aumentare lo sforzo nell'impegno di concludere le operazioni militari, e' stata una richiesta di riconoscimento del ruolo di difensore della Patria svolto dalla Wagner. Una richiesta molto esplicita di allontanamento di Shoigu. 


Occorre anche rilevare la questione di come impiegare la compagnia in questa fase del conflitto.

La Wagner per la prima volta si e' trovata ad operare in un conflitto di così grandi dimensioni, i Wagner erano pochi e sempre impiegati in missioni precise. Si e' dimostrata una delle fanterie d'assalto più efficaci del mondo. 

Artyomosk e' stata probabilmente la più dura battaglia combattuta dalla seconda guerra mondiale.


Tutto questo ha avuto dei costi.


 Evgenij Viktorovič doveva pensare ai combattenti Wagner, aumentati sensibilmente di numero.


Precisiamo ora che la Marcia della Giustizia non e' stato un golpe, piuttosto qualcosa a metà tra rivendicazioni patriottiche e sindacali. 


Quali obiettivi reali ha raggiunto Evgenij Viktorovič ?


Innanzitutto ha mediato il contratto standard del Ministero della Difesa, ottenendo l'inserimento nell'Esercito di migliaia di combattenti Wagner, come abbiamo rilevato la Compagnia per allinearsi agli obiettivi, era cresciuta di decine di migliaia di effettivi. Alla PMC Wagner e' stato assegnato un nuovo ingaggio. 


Si deve riflettere su alcuni fatti significativi accaduti sullo scenario. 


La Bielorussia e' incastonata tra Lettonia, Polonia, Ucraina.


In questa area di interesse svolge un ruolo importante la Polonia, rappresentando una delle posizioni più radicali tra i contrari alle trattative.


Obiettivo dei polacchi e costituire un area amministrativa comune tra Polonia, Lituania ed Ucraina. Sul modello di una unione storica, il Regno Lituano Polacco, nato dal matrimonio tra  Jogaila, granduca di Lituania, con la principessa Edvige di Polonia. La Rus di Kiew faceva parte del Regno.


Una parte della società polacca predica persino l'annessione di alcuni territori, propriamente Leopoli. L'argomento viene trattato dalle TV polacche.


Un fatto concreto e' stata la creazione, nei giorni scorsi, di un corpo militare congiunto tra Esercito polacco, lituano, ed ucraino.


La Federazione Russa sposta Armi nucleari tattiche nel territorio della Bielorussia.


Le armi nucleari necessitano di adeguata protezione. 


25.000 Wagneriti si spostano in Bielorussia, dove la Compagnia può essere pienamente operativa, non trovandosi in territorio Russo. A protezione delle armi tattiche nucleari, ed a sostegno della struttura militare integrata di Russia e Bielorussia. 

Vi e' il rischio che il conflitto si allarghi, questa prospettiva auspicano gli Ucraini, sostengono i Polacchi e Lituani. 

Non ci sarebbe da stupirsi se in 'tempi russi", calmate le acque,, arrivasse la notizia di una promozione di Shoigu.

G.P.


Open,

Il grande bluff di Prigozhin, così ha finto l'attacco su Mosca: «E adesso rischia la vita»

8 ore fa


Corriere della Sera

Il tesoro di Prigozhin: oro, diamanti (e biscotti), così lo chef di Putin è diventato milionario

57 min fa


Avvenire

Russia, cosa sappiamo e quei video senza data. Mosca "chiude"

3 ore fa


Il Messaggero

Golpe in Russia, Biden e Putin sapevano del piano di Prigozhin, Mosca ha scelto la linea morbida

13 ore fa


Sole 24 Ore plus

Dalla ristorazione all'avanzata su Mosca, l'ascesa dello «chef di Putin» e di Wagner - 24+

1 giorno fa


Vanity Fair

Che fine ha fatto Yevgeny Prigozhin?