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🇮🇹 ORVIETO '23: UN MOVIMENTO PER L'ITALIA








“Forum dell’indipendenza italiana. Un movimento per l’Italia”. Si ritroveranno ad Orvieto, presso il Palazzo del Capitano del Popolo, luogo storico degli incontri della Destra sociale, il 29 e 30 luglio, le numerosissime sigle che Gianni Alemanno ha coinvolto in un progetto che potrebbe assomigliare alla creazione di un nuovo partito.

In un invito, che in questo momento sta raggiungendo migliaia di Italiani, i promotori spiegano e definiscono la loro iniziativa:

"Ripartiamo da qui, con un nuovo, grande appuntamento: IL FORUM

DELL'INDIPENDENZA ITALIANA sollecitato e promosso da 31 associazioni e movimenti che si sono riuniti attorno al Comitato Fermare la Guerra, con la speranza di costruire un MOVIMENTO PER L'ITALIA.

Perché?

Perché emerge la domanda di un nuovo movimento politico e metapolitico che

ascolti i bisogni degli Italiani e difenda veramente i nostri interessi nazionali.

Vogliamo provare a costruirlo con chiunque intenda affrontare seriamente i problemi reali della nostra gente, guardando avanti e cominciando con noi lo stesso

cammino, a prescindere dalla sua provenienza politica e culturale.

Per troppo tempo l'Italia ha subito imposizioni esterne alla nostra democrazia e quindi contrarie alla sua indipendenza. Ci siamo adeguati alle direttive geopolitiche del deep state americano, che ci ha

portato in una globalizzazione senza regole e in un ordine mondiale fondato sulle

aggressioni economiche e militari.

Abbiamo accettato i vincoli economici dell’Unione europea, che con l’austerità e il

iper-liberismo ha impedito lo sviluppo dell’Italia, ha privato i nostri figli del lavoro, ha

tolto alle nostre famiglie la speranza di una vita migliore.

Stiamo diventando poveri.

Con la fine dei governi tecnici e l’avvento del governo Meloni speravamo che tutto

questo fosse finito e si aprisse una nuova epoca in cui fosse possibile difendere gli

interessi del nostro popolo da quei “poteri forti” che hanno costretto l’Italia a

rimanere una Colonia.

Purtroppo con la guerra in Ucraina abbiamo dovuto constatare che ancora le cose

non sono cambiate.

Ancora una volta abbiamo sacrificato i nostri interessi nazionali alle imposizioni

euro-atlantiche: abbiamo accettato di entrare in una guerra, contro il dettato Costituzione e ignorando gli appelli di Papa Francesco. Con le sanzioni alla Russia

vediamo crollare il nostro sistema economico e industriale, mentre rischiamo ogni

giorno un conflitto nucleare nel cuore dell’Europa.

Continuiamo a chiudere gli occhi di fronte all'avvento di un mondo multipolare, in

cui i popoli possono ritrovare la loro libertà e le grandi civiltà il proprio ruolo.

Non basta: dobbiamo subire lo scardinamento di tutti i valori umani e comunitari in

nome del liberismo, la dittatura sanitaria e tecnocratica che attacca le nostre libertà

fondamentali, l’invasione degli immigrati e l’emigrazione degli Italiani, l’aumento dei

tassi della BCE e l’inasprimento dei vincoli economici europei, la distruzione delle

bellezze della nostra Patria, la transizione green che abbatte il valore delle nostre

case e delle nostre auto, una confusa autonomia differenziata che rischia di

dividere ancora di più la nostra Nazione.

Per questo c’è bisogno di UN MOVIMENTO PER L’ITALIA.

Vogliamo far sentire la nostra voce, vogliamo lanciare un grande appello rivolto a

tutti, al di là delle etichette politiche e delle vecchie appartenenze.

Se avremo un’ampia e seria risposta, siamo pronti ad organizzarci in un movimento

politico e metapolitico, che sia pungolo della politica ufficiale.

Per questo nel Forum per l’Indipendenza italiana ci confronteremo con tutti, anche

con chi non la pensa come noi, per cercare la strada giusta PER RIGENERARE LA

POLITICA E PER SALVARE L’ITALIA".





FORUM DELL'INDIPENDENZA ITALIANA
IL PROGRAMMA 
















 

Meglio una dittatura sovrana che una democrazia serva


Il discorso su democrazia e dittatura, lungi dalla solita e perenne retorica dei testi universitari o dei dialoghi televisivi sulla partecipazione pubblica alla vita dello Stato (ridotta ad un gesto banale come quello di fare una croce su un prodotto elettorale), è essenziale per emanare giudizi meno superficiali sui nostri tempi. Che non sono più quelli in cui Churchill poteva affermare, con una battuta, che “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. La democrazia è, a questo punto occorre dirlo, una forma di governo modellata sulla prepotenza di un Paese e dei suoi vassalli, che si impone a suon di mazzate e con sempre meno infingimenti su chi non ne accetta il dominio. La democrazia ha gettato la maschera da qualche decennio, diciamo da quando le sfide internazionali hanno alzato la posta in palio, modificando lentamente i rapporti di forza geopolitici, redistribuendo gli equilibri, per ora a livello regionale ma con una tendenza allo scontro crescente tra attori politicamente e militarmente sempre più aggressivi su tutto il planisfero. La pantomima democratica non funziona più nemmeno nei paesi che la sperimentano da lungo tempo, tanto che i gruppi dirigenti, sedicenti democratici, devono ricorrere ad astuzie aggiuntive per riportare le loro pubbliche opinioni alla “ragione” della libertà. Basta vedere il tradimento del responso referendario sulla Brexit. Epitomando: il popolo non è sovrano per niente, in democrazia o in qualsiasi altro sistema politico. Il popolo deve pensare con le idee che altri in alto elaborano mettendogliele in testa e non ha mai coscienza, se non labile, dei veri obiettivi di chi ne condiziona i convincimenti. In altra sede, La Grassa ha scritto che le parti in lotta, anche se sono passate dal voto, in realtà non si fanno eleggere per servire la popolazione, in quanto
“sono strutturate e hanno precisi vertici di comando, tesi a dati (ma non dichiarati) obiettivi di conquista dei posti chiave nelle sfere degli apparati politici, economici e ideologico-culturali. La loro lotta deve ovviamente nascondere gli effettivi intenti di mera conquista del potere (del tutto, o quasi, per quei tot anni) dietro la menzogna degli interessi generali della popolazione, con magari una particolare predisposizione per questo o quel raggruppamento sociale, i cui voti siano preferibilmente “inseguiti” da questo o quel vertice delle parti in lotta, che si ritiene particolarmente organizzato a tale scopo (si pensi, ad es., ai “sindacati dei lavoratori”, organismi fortemente centralizzati, che appoggiano dati partiti). Bando dunque, per favore, alle pantomime sulla “democrazia” come governo del popolo, questo concetto del tutto astratto e il più fortemente ideologico di ogni altro, nel preciso senso di ideologia come falsa coscienza: quella indotta nei cittadini, non quella dei vertici di potere, che se ne servono con notevole consapevolezza dell’inganno da loro perpetrato. Inoltre, e questo è per me decisivo nel deprezzare ogni presunta democrazia elettorale, i cittadini vengono invitati a eleggere questo o quello senza alcun particolare impegno e rischio che non sia l’andare al voto, magari perfino rinunciandoci talvolta se il tempo è particolarmente brutto o invece specialmente bello per andarsene in vacanza, ecc. In altri assai meno miserabili contesti, i cittadini, e facendo magari specificatamente appello alla loro appartenenza a dati gruppi sociali, vengono chiamati alla vera lotta mediante ben altre ideologizzazioni, che sollecitano a volte la loro ira e sempre la speranza di un futuro migliore, perfino l’intelligenza di una decisa fuoriuscita da condizioni di oppressione e di miseria (non solo materiale), ecc”. In casi come questi, gli sciocchi (o qualcosa di peggio a volte) liberali affermano che si va verso la “dittatura”; perché la lotta può farsi cruenta e portare un dato gruppo al vertice della società, per di più rappresentato da un “capo”. In questi casi, però, masse imponenti di esseri umani (senza che si possa calcolare se rappresentano il 50% + 1 della popolazione, per di più quella al di sopra di una data età) si muovono anche a rischio della loro vita, danno il meglio di se stessi, non vanno a bighellonare nei seggi elettorali. Affermo con decisione che questa situazione è mille volte più “democratica” dell’altra. E la “dittatura” è solo nella testa di chi ci rimette, in casi come questi, l’intero suo potere di spremere quella gran massa popolare per i suoi bassi interessi, senza bisogno della benché minima ideologia di supporto: ideologia non come falsa coscienza, bensì come forte credenza che qualcosa di meglio possa essere conquistato. Senza dubbio, in casi del genere viene in evidenza la crudezza dei moti “di massa” e spesso tante altre miserie, perché in simili contingenze s’insinua nel movimento un po’ di tutto; tuttavia, ripeto che chi si muove in tale contesto rischia qualcosa di suo (fino appunto alla pelle). Tale situazione è mille volte migliore della falsa, miserabile, spenta, “democrazia” elettorale dei sedicenti liberali”.
Il democratificio è una fabbrica del potere che produce un certo tipo di funzioni, autolegittimandosi ex-post tramite una volontà generale, chiamata ad esprimersi periodicamente su dei candidati, alla quale si dà la sensazione di entrare nel processo decisionale mentre è già tutto prestabilito da una superiore visione, invisibile agli occhi. On n'échappe pas de la machine. Rancière scriveva: “Le elezioni sono libere. Servono essenzialmente ad assicurare la riproduzione del medesimo personale dominante sotto etichette intercambiabili, ma le urne non sono in genere strapiene ed è possibile rendersene conto senza rischiare la vita. L’amministrazione non è corrotta, tranne in quegli affari di mercato pubblico dove finisce per confondersi con gli interessi dei partiti dominanti. Le libertà individuali sono rispettate, a prezzo di considerevoli eccezioni per tutto quello che riguarda la difesa delle frontiere e la sicurezza del territorio. La stampa è libera: chi voglia fondare, senza l’aiuto di potenze finanziarie, un giornale o una rete televisiva capace di raggiungere l’insieme della popolazione incontrerà serie difficoltà, ma non finirà in galera. I diritti di associazione, di riunione e di manifestazione permettono l’organizzazione di una vita democratica, cioè di una vita politica indipendente dalla sfera statale. Permettere è evidente mente una parola ambigua”. 
Gianfranco La Grassa, nel suo intervento, aggiunge un altro tassello alla questione democrazia vs dittatura. Quest’ultima non è una degenerazione della prima ma il risultato di un differente decisionismo nascente in contesti storici particolari in cui cincischiare con le “apparenze” democratiche può mettere a repentaglio certe prerogative sovrane a causa dell’infiltrazione di modelli culturali e politici non corrispondenti alle esigenze di recupero della potenza o di rafforzamento complessivo del Paese, in un clima di multipolarismo e policentrismo. In alcuni frangenti è possibile “parlamentare” data la stabilità epocale o in virtù di relazioni mondiali consolidate, in altri si deve agire tempestivamente badando al sodo. In ogni caso, il popolo non governa mai e mai governerà perché la politica è soprattutto serie di mosse strategiche, dunque coperte, segrete, per assumere la preminenza. Ora si lamentino pure i liberali che ululano contro i totalitarismi. La loro è solo una cultura del piagnisteo, per di più ipocrita perché la democrazia è altrettanto assassina, subdola, manipolante e intrigante (se cosi non fosse non esisterebbero i servizi segreti), che non commuove chi come noi, si spera, è avvezzo ad andare oltre le esteriorità ideologiche dei loro discorsi del piffero. Ebbene sì, meglio una dittatura che punta alla grandezza dello Stato che una democrazia asservita ad interessi stranieri.



Democrazia e dittatura, solo differente decisionismo.

‘Ni droite Ni gauche’ : il FN batte sarkozysti e socialisti

Marion Maréchal Le Pen
 
 

Marine Le Pen ha accentuato l’autodefinizione ‘ni droite ni gauche’ per definire il suo Front National. Quando si rivolge ai Francesi li chiama Patrioti.
Il crollo del regime occidentale, non può non riguardare, attraverso il meccanismo di frattura che ha innescato, quei partiti che hanno contribuito a costruire una Europa sul modello della società nordamericana. Un'area politica che potremmo individuare negli attuali vari centro destra/sinistra europei, accomunati dalla stessa politica economica e geostrategica (occidentalista) e dal dilagare della corruzione al loro interno.
Il modello di nuovo partito vincente che riesce a battere le forze della conservazione e può essere la base per costruire una Europa più europea e meno americana, quindi più libera,  unisce  la difesa del livello di vita economico-sociale della popolazione alla difesa del suo modo di vita, ovvero delle sue tradizioni e dei suoi connotati etno-culturali. Il cambiamento della Francia è il  benvenuto. 
 

Regio Corpo Truppe Coloniali

 


Il tempo ha logorato le fasce dai tanti vivaci colori e i rossi turbasc hanno stinto, ma non ha vinto il nostro ricordo, l'affetto per voi, umili eroi.