In questa foto Giorgio Almirante con Sandro Pertini Cerimonia del Ventaglio 26 luglio 1968 |
PRESIDENTE. Passiamo allo svolgimento
dell’interrogazione degli onorevoli *Almirante,
Mieville, Michelini, Roberti, Russo
Perez, al Ministro degli affari esteri, ((per conoscere quali misure e quali provvidenze
siano state prese o predisposte al fine di tutelare
i diritti e gli interessi degli italiani
dell’Istria e della Dalmazia, i quali, avendo
optato in questi giorni per l’Italia, sono
ostacolati in tutti i modi dalle autorità jugoslave,
sino al punto di essere spogliati anche
dei loro effetti personali 1).
L’onorevole Sottosegretario di Stato per
gli affari esteri ha facoltà di rispondere.
.BRUSASCA, Sottosegretario di Stato per
gli affari esteri. È noto che il Trattato di
pace, all’articolo 19, paragrafo 29, attribuisce
al Governo jugoslavo la facoltà di
adottare misure legislative appropriate per
l’esercizio del diritto di opzione di tutte le
persone di lingua italiana domiciliate al
10 giugno 1940 nelle zone cedute.
’I1 Governo jugoslavo emanò infatti, nei
limiti di tempo indicati dal Trattato, norme
di legge che regolano minutamente le modalità
relative.
Per quanto il Trattato stesso non facesse
esplicita menzione della facoltà per
l’Italia di intervenire nella materia, pure il
Governo italiano non esitò a prendere posizione,
nell’interesse di migliaia e migliaia
di italiani, nel momento in cui si decideva il
loro destino.
Ancor prima che fossero conosciute le
disposizioni jugoslave, si provvide con circolare
6 novembre 1947 ad illustrare le disposizioni
a tutti i nostri uffici consolari e diplomatici,
mettendoli in gràdo di continuare la
protezione e l’assistenza agli istriani, giuliani
e dalmati all’estero, cercando di evitare
inutili attriti con le autorila jugoslave.
In data 6 febbraio ultimo SCÒ~SO, essendo
venuto .a conoscenza - ancora non, in via
ufficiale - delle disposizioni jugoslave, il
Ministero per gli affari esteri si affrettò a
chiedere precisazioni alla Legazione jugoslava
in Roma sulle modalità della presentazione
delle domande di opzione, sui documenti
da allegare, sulla lingua in cui le di- .
chiarazioni dovevano essere redatte, sulle
spese inerenti ecc., ponendo nel dovuto rilievo
che molti erano coloro che si erano già
trasferiti sul territorio nazionale, e la necessità,
quindi, di adeguare le modalità per
l’esercizio del diritto. di opzione alla loro
posizione di profughi dispersi per tutta 1’11alia.
In tale occasione il Ministero .degli affari
esteri, richiamandosi a nome stabili te nei
trattati di pace che chiusero la prima guerra
mondiale, credette di dover avanzare una
formale riserva nei riguardi della disposizione
jugoslava secondo, cui l’attestato della lingua d’uso all’optante deve essere rilasciato dai
comitati popol,ari jugoslavi.
Su questa disposizione del Governo jugoslavo
richiamo l’attenzione della Camera
affinché, attraverso questo dibattito e l’azione
dei deputati, essa sia chiaramente spiegata
agli interessati; nel senso che il Governo
italiano non può per nulla intervenire, e che
l’accertamento della lingua d’uso viene fatto
esclusivamente dai comitati popolari jugoslavi,
i quali agiscono con le facoltà e le
possibilità di organi di siffatta natura.
I trattati che chiusero l’altra guerra,
con spirito di ben maggiore equanimità,
ammettevano che gli optanti potessero pro,
vare con ogni mezzo, compreso l’att,o notorio,
quale fosse in effetti la lingua da loro
usata: È chiaro infatti che l’accertamento
della lingua d’uso può risentire delle diverse
vaIutazioni adottate, e quindi mal si presta
ad essere rimessa all’autorità locale in zone
mistilingue, come sono quasi tutte le zone
di frontiera.
La riserva che noi poniamo si risolverebbe
in sostanza nella offerta della nostra
collaborazione per dirimere punti controversi,
per evitare equivoci, e partiva dal presupposto
che fosse interesse comune jugoslavo
e italiano procedere all’accertamento della
lingua d’uso in condizioni tali da non lasciare
dubbi o sospetti di parzialità.
Ma il Governo jugoslavo, che pure aderì
a quasi tutti i punti da noi prospettati concedendo
facilitazioni a favore degli optanti
stabiliti in Italia, insistette nel sostenere che
l’accertamento della lingua d’uso da esso,
adottato è conforme al Trattato di Pace.
Con ciÒ ci fu definitivamente preclusa ogni
p-ossibilità di intervenire in una materia tanto
delicata e l’accertamento che la lingua d’uso
degli optanti è quella italiana rimase affidato
agli uffici jugoslavi.
Poiché gli onorevoli interroganti sembrano
riferirsi particolarmente alla situazione di
coloro che si trovano tuttora in Jugoslavia,
chiedendo di conoscere le misure e le provvidenze
adottate dal Governo per la tutela . dei loro diritti ed interessi, ritengo doveroso
ricordare che, secondo la tesi jugoslava, per
il paragrafo 10 dell’articolo 19 del Trattato
di Pace, le persone domiciliate alla data del
i0 giugno i940 nei territori ceduti sono diventate,
anche se con riserva dell’opzione, cittadini
dello Stato jugoslavo. L’optante è
perciò considerato cittadino jugoslavo fino
al momento in cui un decreto del Ministero
dell’interno croato o sloveno non avrà riconosciuto
l’opzione da lui esercitata per la cittadinanza italiana. Ciò. significa che la
difesa dell’optante da parte dei Consolati e
delle Delegazioni italiane in Jugoslavia si
urta contro limiti^ precisi, quali sono definiti
dalla prassi del diritto internazionale, sino a
quando questi cittadini rimangono nei confini
dello Stato .che li considera suoi propri,
cittadini.
Va riconosciuto che la Jugoslavia, in sede
di emanazione di queste norme, si i! strettamente
attenuta ai termini letterali del Trattato.
Aggiungo che, sia pure con ritardo, le
autorità jugoslave hanno accolto i passi
esperiti da noi per una più equa applicazione
delle norme stesse da parte delle autorità
locali. Ma purtroppo gli inconvenienti
non poterono essere rimossi. Va detto chiaramente
che la vita è dura, molto dura per
chi ha esercitato il diritto di opzione’ ed è
in attesa della decisione jugoslava che gli
riconosca la cittadinanza italiana. Per 1’au’-
torità locale egli è ancora ‘jugoslavo, peggio,
uno jugoslavo che ha dichiarato di non volerlo
più essere: privato del lavoro e delle
carte annonarie l’optante deve vivere di
ripieghi, vendendo il vendibile in attesa del
decreto che gli riconosca la qualità di straniero
nonché del visto di uscita che gli consenta
di iniziare il viaggio di trasferimento
per l’Italia. È appena il caso di aggiungere
che le difficoltà fatte da qualche autorittt
locale finiscono per creare, anche forse contra
la volontà di coloro stessi che usano tali
mezzi, uno stato di costrizione che non pu+
non riflettersi sulle decisioni di chi può optare.
Posso comunque assicurare che la Legazione
di Belgrado e il Consolato generale di
Zagabria si adoperano come possono per
cercare di far migliorare le condizioni di
vita degli optanti.
Con la notifica del decreto del competente
Ministero dell’interno jugoslavo, l’optante viene
riconosciuto quale italiano e come tale
ha i doveri e i’diritti di tutti gli stranieri e
quindi può finalmente valersi dell’assistenza
consolare italiana. Nell’intento di dare una
assistenza, in quanto possibile, pronta e
larga, ai nostri connazionali ed offrire alla
vicina repubblica una concreta collabora-,
zione per l’operazione di opzione, noi chiedemmo
di potere aprire Uffici consolari nelle
città dove presumibilmente si sarebbe accentrata
la massa degli optanti. In particolare
insistemmo e continuiamo ad insistere per
l’apertura di un Consolato a Fiume, essendo
,umanamente impossibile che a Zagabria, centro
di circoscrizione che comprende le intere
Repubbliche di Croazia e Slovenia si possa seguire da vicino la posizione dei singoli
italiani in circostanze tanto eccezionali. Nell’attuale
momento i nostri connazionali devono
fare capo a Zagabria per avere un
passaporto provvisorio, un documento, un
timbro qualsiasi.
Per riparare; in quanto possibile, gli inconvenienti
lamentati il Consolato di Zagabria
ha ricevuto istruzioni dal Ministero di intensificare
le visite personali a Fiume e ad altri
centri.
Gli onorevoli interroganti fanno cenno
di difficoltà frapposte dalle autorità jugoslave
contro coloro che hanno optato per l’Italia.
Bisogna dire che il visto di uscita dalla
Jugoslavia si fa talvolta troppo abtendere.
.Si aggiunga che i visti di uscita jugoslavi
hanna validità di 15 giorni e le disposizioni
che regolano la vita dello straniero in Jugoslavia
risentono tuttora delle restrizioni del
periodo bellico. E così effettivamente si è
verificato qualche caso di nostri connazionali
i quali, dopo’avere lungamente atteso, dovettero
poi partire precipitosamente senza potere
aspettare il mezzo che consentisse loro
di farsi accompagnare dalle masserizie.
Quanto al trasporto dei connazionali e
alle’ pratiche doganali e di frontiera, le Amministrazioni
italiane hanno già preso le opportune
disposizioni di loro spettanza. Comunicammo
al Governo jugoslavo che eravamo
pronti ad offrire la disponibilità di 10 vagoni
al giorno che, facendo capo a Fume,
potevano risolvere il probleqia dei trasporti
giuliani. Da parte jugoslava ci fu invece
risposto di avere già la quantità di vagoni
occorrenti ai rimpatrianti.
Sono tuttora in coi’s0 pratiche per l’invio
a Zara di un piroscafo capace di circa 300
persone, ma secondo le più recenti comunicazioni
sembra che il Governo jugoslavo si
proponga, come per i mezzi terrestri, di
provvedere con i suoi propri niezzi marittimi.
Per quanto concerne l’esportazione dalla
Jugoslavia dei beni mobili, il trasferimento
dei fondi e valuta, la vendita e la custodia
dei beni immobili e in genere ogni questione
relativa ai beni degli optanti, va ricordato
che l’Allegato 14 del Trattato di pace ne
rimette la definizione delle condizioni e delle
modalità ad accordi fra i due Governi.
Sono lieto di annunziare che una nostra
delegazione, è in viaggio per Belgrado ove
si incontrertt con quella jugoslava. Da parte
del Governo di Belgrado si sostiene che la
questione dei beni degli optanti è connessa’
con altre di carattere economico e finanziario,
pure comprese nel citato paragrafo 14. Noi non rifiutiamo di discutere il complesso
di questioni che ci viene proposto,
ma dobbiamo insistere, per delle ragioni
sopratutto umane, che nell’ordine dei. lavori
della conferenza si dia la precedenza assoluta
alla trattazione di quelli relativi ai
beni degli optanti ed in questo senso sono
state date categoriche istruzioni alla nostra
delegazione.
* Desidero, infine, informare la Camera che
su conformi istruzioni impartite, il Ministro
d’Italia in Belgrado, ha intrattenuto il
9 corrente il Viceministro degli affari esteri
jugoslavo Bebler su tutto l’andamento delle
opzioni e sugli inconvenienti e sulle diEcoltà,
talvolta gravi, che incontrano quanti optano
per la cittadinanza italiana.
I1 Ministro Martino, venuto in- questi
giorni a Roma, ha riferito di aver ricevuto
ampie assicurazioni che le questioni per le
quali vi è in questa Camera tanta giustiiicata
apprensione, saranno oggetto del più
attento esame da parte del Governo jugoslavo.
I1 Ministero degli esteri, con queste chiare,
precise e dettagliate comunicazioni ha voluto
rispondere agli interroganti, cui va il
merito di aver sollevato questa importante
questione in un momento di ansia come l’attuale,
e dimostrare al Paese tutta la sua preoccupazione
per risolvere al più presto i problemi
di questi nostri connazionali, i quali
stanno per diventare italiani superando difficoltà
e sopportando dei sacrifici pei’ i quali
da questa Camera deve partire oggi un
benvenuto cordiale e affettuoso, che dia loro
la sensazione che, dopo aver tanto patito e
sofferto, entreranno in Italia in una grande
famiglia ! (Vivissimi applausi a sinistra, al
centro e a destra).
PRESIDENTE. L’onorevole interrogante
ha facoltà di dichiarare se sia sodisfatto.
ALMIRANTE. Onorevole Sottosegretario,
le sue dichiarazioni, di cui la ringrazio - e
oso ringraziarla non solo a nome mio e dei
miei colleghi, ma di tutta l’Assemblea ... (Rumori alt’estrema sinistra) o per lo meno,
degli italiani che in questa Assemblea si
trovano, esclusi coloro che rifiutano la qualifica
di italiano ... (Applausi al centro e a
destra - Proteste all’estrema sinistra) e di
ciò noi siamo loro riconoscenti - le sue
dichiarazioni hanno squarciato il velo di
una tragedia. L’onorevole Mazza diceva
poco fa che qui C’è un’aria di famiglia.
Noi stiamo occupandoci però purtroppo di
gente, di italiani, che non hanno più la famiglia,
non hanno più una casa. Bisogna che questi italiani sentano di avere almenouna
Patria. Mi riferirò dunque soltanto alle
sue ultime parole.
Quando ella ha detto che a questi. italiani,
così duramente perseguitati da una
sorte che dayvero non hanno meritato, bisogna
che l’Italia apra il suo cuore, questo e
sentimento, è lodevole, alto sentimento e
sono lieto di constatare che una volta tanto
.qui dentro si è parlato veramente da italiani ... SCOCA. Non una volta tanto ! Sempre !
ALMIRANTE. Ma il sentimento non
basta. Occorre, che questi profughi tornan.do
in Italia, ricevano qualche ‘cosa di più
.di una assistenza sporadica e generica; sen-tano
in maniera concreta il cuore della patria
palpitare accanto al loro.
. È stato emanato recentemente un decreto
legislativo che concerne l’assistenza
.ai profughi, ivi compresi gli optanti. Ella
ricorderà certamente, onorevole So ttosegretario,
le disposizioni’ di quel decreto.
Io la prego, e prego la Camera, di mettere
a paragone quelle disposizioni con le sue
parole. Ella ha parlato di tragedia. Jn quel
decreto non si sente la tragedia e non si
sente neppure il palpito del cuore della Patria.
Quelle disposizioni, che io qui non ripeto,
perche non voglio turbare quell’atniosfera
di solidarietà che tanto ci ha commosso,
,quelle disposizioni, sono veramente insufficienti.
Ai profughi che rientrano nelle eon.dizioni
da lei illustrate, si concede una volta
tanto un sussidio di 12 mila lire, e si concedono
45 lire al giorno ai membri di famiglia
e 100 ai capi famiglia.
Siccome giustamente ella ha fatto rilevare
che dal punto di vista internazionale
l’aiuto ‘del nostro Governo ai profughi si può
concretare soltanto in pressioni diplomatiche,
le quali sciaguratamente non trovano ascolto,
o per lo meno non hanno trovato fino ad
ora ascolto, il problema non diventa’ pii1
di carattere internazionale ma interno.
C’è una nostra precisa responsabiljtà- di
fronte a questi italiani, anche se lo straniero
li tratta come li tratta, passando sopra non
solo allo spirito ma alla lettera di quello
stesso iniquo trattato, ma addirittura allo
spirito di umanità e al diritto delle genti.
.Se, lo straniero li tratta così, noi dobbiamo
trattarli ben altrimenti.
Quindi, dicendomi soddisfatto e ringraziandola
per quanto Ella ha avuto la cortesia
.di dire, in tono veramente umano, a proposito,
.di quanto il Gov.erno sta facendo per tutelare
in sede internazionale i diritti e gli interessi.
di questi profughi, io invito il Governo a prendere in esame il problema interno e le
responsabilità interne nei confronti di questi
profughi: vale a dire, a predisporre immediatamente
precise e adeguate misure nei loro
riguardi; misure che tanto più debbono essere
generose e pronte, quanto 3 più ingiusto
ed iniquo e lo straniero nei confronti di
questi. fratelli italiani. (Applausi al centro e a
destra).