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L’Iran spiegato a Matteo Salvini

Statua di Ercole a Bisetun, IRAN


Sovranità, civiltà, identità. La Persia è il ponte levatoio sulla millenaria cultura del Sacro, che si ammira (ed invidia) dai cunicoli delle velleità occidentali. Ecco perché il rigurgitare del capoccia leghista è fuori luogo: la visita di Rohani ha avuto un'imponente portata diplomatica e (soprattutto) simbolica, riservando all'Italia - comunque irrimediabilmente oppressa dalla soggezione - un piazzamento di rilievo nel contesto geopolitico contemporaneo.


Oggettivamente, la corretta dose di fastidio, apparecchiata alla copertura delle scultoree nudità dei Musei Capitolini, è legittima. Specie da parte di chi denoti nella sudditanza verso il prossimo, la negazione delle proprie radici. Per giunta, senza che un’espressa richiesta di evitare lesioni all’altrui sensibilità, sia stata avanzata. D’altronde, però, la percezione di una manifesta inferiorità, affligge i nervi scoperti di un’Italia troppo accorta alla forma, e per nulla concentrata sulla sostanza. Ma se lo scotto da pagare – per garantirsi il privilegio di un osanna alla maestosità dei Secoli – è il deprecabile nascondere la magnificenza dell’arte, si sorvola pure sull’imbarazzo dell’irresponsabilità. Perché, più della vigliaccheria del servilismo – che poi servilismo non è, stante l’indifferenza delle istituzioni iraniane -, irrita il rimbalzo della colpevolezza. Ove Renzi, Franceschini, e la romana Sovrintendenza ai beni culturali, si contendono il protagonismo del ridicolo. Premettendo – una volta ancora – che a Rohani interessassero l’apertura di credito di Palazzo Chigi, e il desiderio del dialogo di Papa Francesco.
A sollevarli dal disagio, ci pensa Matteo Salvini, che si impantana nella laguna della sua incoerenza, e si decreta guascone della (insensata) polemica. Dal maggio 2014 – ossia, da quando ha dissotterrato i tumefatti resti della Lega Nord dal feretro dei Trota, Belsito, e Rosy Mauro -, il suo intercalare ha sconfessato la ritualità della propositiva dialettica pubblica, per assumere le sembianze di bieco interventismo d’opinione. Un rullo compressore di strafalcioni, da far impallidire persino il patriarca dell’artificio retorico: quel Matteo Renzi che, a tratti, pare addirittura farsi preferire al suo principale oppositore. L’oratoria salviniana si cosparge di supporto allo Stato d’Israele, e di lotta al terrorismo – a cui il paffuto milanese dal maglione verde, accosta costantemente ed erroneamente l’Islam -. Pretendendo, altresì, che si chiudano le porte all’Iran, e non ci si confronti con l’unica regione mediorientale in grado di ridimensionare gli equilibri di quelle aree, e di tutelare l’integrità della comunità internazionale, trivellata dalle acuite tensioni tra l’Oriente e l’Occidente mondiali.


Gli affreschi della cattedrale armena di Vank, IRAN

Senza contare che, fra i territori dell’est del Pianeta, l’Iran sia il meno arabo. Salvini inconsciamente (?) contrasta ciò che vorrebbe difendere. Sovranità, civiltà, identità. La Persia è il ponte levatoio sulla millenaria cultura del Sacro, che si ammira (ed invidia) dai cunicoli delle velleità occidentali. Ecco perché il rigurgitare del capoccia leghista è fuori luogo: la visita di Rohani ha avuto un’imponente portata diplomatica e (soprattutto) simbolica, riservando all’Italia – comunque irrimediabilmente oppressa dalla soggezione – un piazzamento di rilievo nel contesto geopolitico contemporaneo. Forse, però, qualcuno deve ancora spiegarlo al Capitano (sic!).


                                          Dipinti di Borujerdi House, a Kashan". IRAN
                                                  
FONTE: 

http://www.lintellettualedissidente.it/
    

Io bambino di Kobanê accuso e accuso te Occidente.

 
Ayn al-Arab (in arabo: عين العرب‎, ʿAyn al-ʿArab, fonte degli Arabi, in curdo: کۆبانی‎‎, Kobânî / Kobânê) è una cittànel nord della Siria di circa 54.000 abitanti, nell'attuale Kurdistan siriano (in lingua curda Rojavayê Kurdistanê e in arabo: کوردستان السورية‎, Kūrdistān al-Sūriya, o più genericamente, Rojava, "ovest" in curdo), situata nei pressi della frontiera con la Turchia. Secondo il censimento del 2007, ha una popolazione di 54 681 abitanti ed è abitata da curdi, arabi, turcomanni e armeni, in base a una stima del 2013.Il nome della città deriva da quello di una società tedesca che, nel secondo decennio del XX secolo, costruì sul sito una delle stazioni della ambiziosa ferrovia Berlino-Baghdad.[2] Rifugiati armeni cristiani, scampati ai massacri dei Giovani Turchi ottomani in Anatolia, fondarono un villaggio nelle vicinanze della stazione già nel 1915 e qui furono subito raggiunti da curdi musulmani che vivevano nelle aree circostanti. I Curdi Siriani, vivevano una vita tranquilla, rispetto alle altre realtà in Irak, e soprattutto in Turchia. L'intesa tra la minoranza Curda e il governo siriano era buona. 
Perché allora oggi nel 2015 un bambino di Kobane giace riverso, senza vita, su di una spiaggia turca?
Nel 2012 Gli Stati Uniti di America, nel perseguire i loro piani espansionistici decidono che è il momento di un cambio di regime in Siria. In accordo con i loro alleati regionali, principalmente con Arabia Saudita e Qatar, sostengono, organizzano ed armano il cosidetto Siryan Free Army, principalmente rappresentato da Jabhat al-Nuṣra, gruppo islamista legato Al Qaeda. ed operativo in Siria a fianco di Daesh, che noi conosciamo con l'acronimo Isis. I piani americani ottengono l'entusiastico (sic) consenso dei paesi dell'occidente americanizzato di cui insieme all'Inghilterra si fa portavoce il presidente francese Hollande.
La salmeria mediatica occidentale, compreso tutti i mezzi di informazione italiani, lancia una grande campagna tesa alla criminalizzazione del presidente siriano Assad, accusato di tutte le peggiori nefandezze possibili. Agli osservatori più attenti, iniziava a non sfuggire il fatto, che questi pretesi ribelli siriani non erano altro che fanatici tagliagole. Occorreva un casus belli, nel 2013 il presidente americano Obama  parla alla stampa. Accusa il regime di Assad e conferma la scelta di attaccare, nel 2013 la Nato posiziona missili Patriot al confine con turco siriano per impedire il sorvolo del territorio da parte dell'aviazione siriana. Decine di migliaia di miliziani di Al Nusra, addestrati in Arabia Saudita  si riversano sulla Siria e ne conquistano la parte Nord del paese, che nel 2014 entrerà a far parte dello Stato Islamico dell'Irak e del Levante.Il casus belli per muovere guerra alla Siria gli americani lo troveranno sollevando la questione  dell'uso di armi chimiche da parte del governo siriano contro la popolazione civile ( sic). Susan Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale, su Twitter scrive: “La questione è solo come punire Assad”. E anche il premier britannico David Cameron sostiene le dichiarazioni del presidente: “Comprendo e sostengo la posizione di Barack Obama sulla Siria”, ha scritto sul sito di microblogging. Tutti i media di servizio indicano al mondo la figura del mostro Assad che gasa la popolazione civile e che come afferma la Rice "va punito".
Era tutto pronto per esportare la democrazia in Siria, si allargava però il fronte del dubbio su questi presunti alleati rappresentanti della "Siria libera", soprattutto grazie ai racconti di prigionieri, presi in ostaggio dagli islamisti, i quali tornando a casa iniziarono a raccontare una versione diversa da quella della propaganda. Racconti di atrocità terribili compiute dagli "alleati" di Obama in Siria.
 La macchina della guerra era comunque pronta a scattare se non ci fosse stato l'intervento della Federazione Russa. I Russi in sede ONU produssero prove inconfutabili, rilevate dal sistema satellitare, che escludevano la possibilità di ogni responsabilità dell'esercito siriano nell'uso di sostanze chimiche nel conflitto in cui era ed è impegnato a difesa della Patria. Di più gli episodi di cui trattasi dovrebbero aver avuto come protagonista miliziani Daesh (ISIS), venuti in possesso tramite l'Arabia Saudita di armi chimiche di fabbricazione statunitense, il lancio di questi gas, sarebbe accaduto principalmente per la mancanza di preparazione di questi miliziani nell'utilizzo di tali armamenti. Fatto sta che la gioiosa macchina da guerra americana si scontrò contro un muro di verità, e il suo comandante in capo Barak Obama dette una bella smusata. Intanto Kobanê, ai primi di ottobre del 2014 era stretta d'assedio dalle forze dell'ISIS che si muovevano da sud e da ovest finché, penetrate nei sobborghi della città, sono state costrette a combattere casa per casa dai resistenti curdi, giungendo il 12 ottobre a conquistare l'80% circa dell'intera area urbana prima di essere costrette a un parziale arretramento a causa dell'efficace contrattacco dei curdi di ambo i sessi che giorno e notte difendono la città, armati e sostenuti dal governo siriano.e dall'esercito siriano che con grandi sacrifici e senza copertura aerea (interdetta dai missili NATO) era riuscito ad arrivare a 30 km da Kobanê. La responsabilità della morte del bambino di   Kobanê, e delle altre decine di migliaia di bambini siriani è di chi ha portato l'inferno in Siria. Il sogno faustiano dell'occidente, che promette sempre il bene, ma realizza sempre il male, questo è il bambino di Kobanê..

La distruzione del bel paese




 Il discorso pubblico, soprattutto quello politico, non è mai orientato alla verità. La sua funzione non è quella di spiegare ai cittadini l’azione e i risultati reali che un soggetto o gruppo di potere intende conseguire, se non in minima parte. La sua versione essoterica sta a quella esoterica nello stesso rapporto in cui le manifestazioni superfi
ciali dei fenomeni stanno all’essenza invisibile e alla concatenazione recondita degli stessi che solo con l’analisi scientifica approfondita è possibile cogliere e spiegare.
Esso, cioè il discorso pubblico, deve creare innanzitutto quelle forme di coinvolgimento generale per ottenere il sostegno dei vari settori sociali a puntellamento della propria opera. Del resto, essendo la Politica, quella che si dispiega in tutte le sfere collettive (economica, ideologica, culturale,ecc. ecc. quindi non solo nella sfera politica propriamente detta), una serie di mosse e di strategie per prevalere su agenti concorrenti con disegni più o meno affini (con insorgenza di alleanze temporanee) o del tutto antitetici (con scatenamento di conflittualità aperta e asserita) miranti a raggiungere degli scopi (di predominanza) quasi mai dichiarabili, è corretto che i suoi intendimenti restino coperti.
Tuttavia, c’è una bella differenza tra tenere nascosti elementi che se svelati porterebbero la strategia a fallire, mettendo a repentaglio la sicurezza del Paese e del raggruppamento in azione, e mentire spudoratamente sui propri propositi, fondare tutto sulla menzogna e sul raggiro dei meno riflessivi, ovvero avere in mente, già in partenza, un’assoluta mistificazione dei fatti, della situazione e dei propri progetti per interessi ristretti di corporazione o di cordata (senza comunque lesinare colpi di pugnale pure a chi sta accanto) a danno dell’intero Stato e corpo sociale.
Quando, per l’appunto, manca il disegno di ampio respiro, il fine ultimo che non giustifica i mezzi ma li forgia per l’esito agognato – il quale sarà sempre diverso da quanto elaborato astrattamente (eterogenesi dei fini) – oppure quando il fine medesimo coincide con la propria misera autoconservazione di consorteria, ottenuta anche a costo di una cessione totale della propria autonomia gestionale, a terze forze esterne (sia chiamino Ue o mercato globale a guida Usa) al contesto di riferimento, abbiamo l’incancrenimento delle istituzioni e degli apparati statali ed il saccheggio delle sue principali risorse che vengono divorate tra traditori autoctoni e controparti straniere.
Questo fa anche aumentare i famigerati vincoli esterni i quali sono lo sbocco naturale di tale sottomissione ad agenti internazionali che assicurando protezione ti svuotano definitivamente le tasche e la sovranità. Per di più i suddetti vincoli che rappresentano una vile subordinazione vengono persino esaltati in quanto consentirebbero alla nazione – questa è la vulgata della quale si servono i cialtroni che ci sgovernano – una condotta più confacente all’area culturale ed economica di riferimento.
Senza farla troppo lunga possiamo affermare che la descrizione fatta coincide perfettamente con quanto sta accadendo in Italia. Parlino uomini di destra o di sinistra, con la loro propaganda in lingua estera o in vernacolo della Brianza, l’inganno non cambia. Sono due anni che lo Stivale è governato da quisling scelti direttamente al di fuori dei nostri confini con l’assenso di tutti i partiti dell’arco costituzionale. Ormai sono scomparsi gli uomini politici e sono apparsi i sensali di cricche globaliste, dietro le quali si celano potenze occidentali con i loro specifici interessi, che puntano a spartirsi l’Italia e i suoi tesori. L’accelerazione verso il massacro è stata impressa dal Presidente della Repubblica che ha scelto i suoi premier e i suoi ministri per calcoli occidentali, laddove Occidente significa innanzitutto Stati Uniti.
Il prossimo passo, peraltro dichiarato con la solita faccia di tolla, è il completamento di quell’operazione di fagocitazione delle nostre imprese di punta riuscito solo parzialmente nell’epoca delle grandi dismissioni e degli stravolgimenti giudiziari, agli inizi degli anni ’90. Il governo Letta resterà in carica fino a che non si sarà concretata questa svendita e non avrà sistemato ai vertici delle partecipate del Tesoro personale compiacente alla liquidazione. L’esecutivo delle ex larghe intese regge unicamente per questa ragione. Renzi e Napolitano giocano dunque allo stesso tavolo di trucchi e bluff. Come scriveva ieri il sito Dagospia: …Sono le nomine nelle grandi società partecipate dallo Stato ad essere l’oggetto del desiderio di Matteo Renzi. Il segretario del Pd ha ben chiaro che presidenti e amministratori delegati di società come Eni, Enel, Finmeccanica, Terna e Poste valgono ben più di un ministro, per la loro capacità di orientare le scelte di politica industriale, per il serbatoio di assunzioni che ancora garantiscono pur in un momento di crisi e per la massa di investimenti (quasi 50 miliardi l’anno) che hanno capacità di trasferire al sistema delle imprese dei fornitori.” Il nuovo corso dell’Italia puzza di stravecchio. Ecco un lampante esempio di discorso pubblico di rinnovamento le cui premesse incantatorie fanno il paio con i futuri risvolti ingannatori. L’Italia non è ad un bivio, tra Renzi ed i suoi finti avversari di centro-destra, essa è completamente al buio.

di Gianni Petrosillo
da "conflitti e strategie".