Non è la Patria il comodo giaciglio per la cura e la noia e la stanchezza;
ma nel suo petto, ma nel suo periglio chi ne voglia parlar deve crearla.
Carlo Michelstaedter
Nel contesto
della questione italiana c'è anche la questione degli intellettuali, il loro
ruolo di fronte alla nazione. Da tempo gli intellettuali hanno perso ogni ruolo
orientativo nella società: taluni bamboleggiano e cirioleggiano, parlando
d'altri; altri si affiliano all'industria culturale tentando di recuperare nei
media una centralità vistosa ed apparente, perduta nella società, diventando
indossatori culturali delle mode di stagione. Chi resta, cede al gusto o al
disgusto dello sfascio e si nega ad ogni discorso ulteriore, ad ogni apertura
al mondo, allo spirito pubblico, ad ogni integrazione collettiva. E' però
necessario che ci si liberi anche in questo caso di quel complesso di
autodenigrazione dell'intellettuale italiano. Esempi miserabili di
opportunismo, camaleontismo o pura ignavia ce ne sono tanti. Ma non va
dimenticato che non sono stati pochi gli intellettuali italiani che hanno
pagato di persona il loro legame con la propria idea dl'Italia: lo hanno pagato
a volte con entusiasmo, a volte anche con disincanto. Si pensi all'iterventismo
culturale della prima guerra mondiale, ma anche a figure come Gobetti, Gramsci,
e poi Gentile, Marinetti, Soffici; o alla generazione di Berto Ricci o quella
di Gaime Pintor. Sono numerosi gli esempi di intellettuali che scontarono il
proprio impegno pubblico sulla propria pelle, a volte a prezzo della propria
vita. Abbiiamo anche una tradiizone di dignità che non è giusto dimenticare.per
lasciare posto solo agli intellettuali da diporto, agli intellettualòi vanesi o
a tassametro, con rimborso a piè di lista. Quelli che non scrivono nè si espongono
se non per fatto personale.