Santo Stefano e l'Identità Europea

 
IL PROLOGO DELLA COSTITUZIONE UNGHERESE
 
Noi siamo orgogliosi del fatto che mille anni fa' il nostro re, Santo Stefano, abbia fondato lo Stato ungherese su solide fondamenta, e reso il nostro paese parte dell'Europa cristiana (...) Siamo orgogliosi che la nostra gente per secoli abbia difeso l'Europa in una serie di battaglie e arricchito i valori comuni dell'Europa con il suo talento e la sua diligenza. Promettiamo di preservare il ruolo della Cristianità nella salvaguardia della nazione. Siamo legati alle diverse tradizioni religiose del nostro paese. Promettiamo di preservare l'unità intellettuale e spirituale della nostra nazione distrutta dalle tempeste del secolo scorso. Le nazionalità che vivono con noi fanno parte della comunità politica ungherese e sono parti costitutive dello Stato. Ci impegniamo a promuovere e a salvaguardare il nostro patrimonio, la nostra lingua unita, la cultura ungherese, le lingue e le culture delle nazionalità che vivono in Ungheria, insieme ai patrimoni artificiali e naturali del Bacino Carpatico. Ci assumiamo la responsabilità dei nostri discendenti : proteggeremo inoltre le condizioni di vita delle future generazioni facendo uso prudente delle nostre risorse materiali, intellettuali e naturali. Crediamo che la nostra cultura nazionale sia un ricco contributo alla diversità dell' unione europea. Rispettiamo la libertà e la cultura di altre nazioni e ci impegniamo a cooperare con ogni nazione del mondo. (...) Riteniamo che la famiglia e la nazione costituiscano la base della nostra coesistenza e che i nostri valori coesivi fondamentali siano la fedeltà la fede e l'amore. (..) Onoriamo i risultati della nostra costituzione storica e onoriamo la Sacra Corona che rappresenta la continuità costituzionale dello Stato Ungherese e l'unità della nazione. Non riconosciamo la sospensione della nostra costituzione storica dovuta alle occupazioni straniere. Neghiamo qualsiasi statuto di limitazioni per i crimini disumani commessi contro la nazione ungherese e i suoi cittadini sotto le dittature nazionali socialiste e comuniste. Non riconosciamo la costituzione comunista del 1949, poiché fu la base del ruolo tirannico, la proclamiamo non valida. Concordiamo con i membri del primo Parlamento libero che ha proclamato come sua decisione che la nostra attuale libertà risale alla Rivoluzione del 1956. Datiamo la restaurazione dell'autodeterminazione della nostra nazione, persa il 19 marzo 1944, dal secondo giorno di maggio 1990, quando e' stato formato il primo organismo liberamente eletto di rappresentazione popolare. Consideriamo questa data come l'inizio della nuova democrazia del nostro Paese e dell'ordine costituzionale.


Buon Natale e Buon 2016 Italia

 
 Un 2016 di  civile dibattito su delle tesi che possono avere comunque «l'effetto di ridurre le distanze psicologiche, le diffidenze e avversioni che dividono fra di loro milioni di italiani». Per arrivare a un'Italia meno lacerata, meno nevrotica, più tollerante, più capace di comprendere se stessa e le parti che la compongono.
 
Italiani d’ogni generazione e d’ ogni confessione, nati dell’unica madre, gente nostra, sangue nostro, fratelli.

Si è ristretto l'Occidente

Se gli Italiani continuano a ragionare come Oriana Fallaci, il Foglio di Ferrara, Libero, Repubblica, Fuffngton post, Corriere americano degli Elkan, Salvini e compagnia, gli italiani continueranno ancora a non capire mai quello che gli succede intorno, e non saranno quindi in grado di produrre soluzioni adeguate.Occorre che gli venga insegnata della geopolitica. L'attuale fenomeno che stiamo vivendo è quello del crollo dell'occidente, inteso come sistema che tende ad implementare i popoli delle due coste dell'atlantico.Tecnicamente Stati Uniti, quella parte di Europa che aderisce alla UE ed il mondo anglofono. Dopo il crollo per bancarotta economica del suo sistema antagonista, con il crollo dell'Unione Sovietica, era inevitabile che il sistema occidentale sarebbe entrato, dopo un ragionevole tempo storico in crisi. Simbolicamente pensiamo alla caduta dell' arcata di un arco, tutta la struttura diventa inutile. L'occidente americanizzato, non conviene più agli europei, L'Europa è divenuta inevitabilmente terra di confine dell'impero, dove si riversano tutti i conflitti provocati dall'idea americana di esportare il loro modello socio culturale ed economico. Tutto il confine centro-orientale è stato pesantemente armato, è stata provocato un golpe in Ucraina, che ha portato la guerra civile al centro dell'Europa, tutto il confine meridionale è stato destabilizzato, il mediterraneo è diventato una polveriera. La volontà dell'amministrazione Obama di destituire il legittimo presidente della Siria, ha favorito la creazione di organizzazioni come lo Stato Islamico, fondato sun di uno Islam Wahabbita, che ha radici nell'Arabia Saudita nel Qatar, negli Emirati Arabi Uniti. La guerra in Siria e la cancellazione di qualsiasi entità statuale in Libia, sono state le cause di una incredibile ondata migratoria che si è riversata in Europa, in parte favorita da quelle stessse agenzie che avevano incendiato l'Ucraina. Le sanzioni economiche imposte di là dell' Atlantico nei confronti della Federazione Russa penalizzano tutte le economie europee, quando invece l'Europa, di fronte ad una Russia che ha smesso di "esportare comunismo", per motivi naturali, dovrebbe essere portata ad una collaborazione reciproca sui temi economici, culturali, di sicurezza. Un'altro esempio di sanzioni economiche adottate su ordine transatlantico sono state quelle all' IRAN, particolarmente l'Italia che era il primo patner commerciale dell'IRAN, dove inviava tecnici e personale qualificato per costruire dighe, acquedotti, sistemi d'irrigazione, impianti elettrici, impianti estrattivi, ha pagato queste scelte. E' evidente a molti, che le politiche dell'occidente americanizzato stanno diventando sempre più incompatibili per l'europa, perchè gli riversano contro innumerevoli disastri. Il crollo dell'occidente americanizzato provoca un meccanismo di frattura profonda nella sua organizzazione sociale, la linea di faglia investirà precisamente il modello sociale e politico, perno del vecchio sistema. Ad esempio la fine di quei sistemi politici su cui si è basato iil basato sul modello americano, bipartitismo, e sui partiti che lo hanno rappresentato. L'islam è un mondo variegato sia dal punto di vista teologico che etnico. Gli Iraniani non sono Arabi, sono indoeuropei, come noi. In Iran si elegge un presidente della Repubblica ed un parlamento, dentro il parlamento hanno una rappresentanza garantita dalla costituzione le minoranze religiose ed etniche. La vicepresidente della Repubblica è una donna. Le donne in Iran non solo votano, lavorano, studiano all'università, guidano la macchina, ma sono la maggior parte dei medici della nazione, fanno gli avvocati, fanno le giudici nei tribunali e giudicano gli uomini, come il premio nobel per la Pace Shirin Ebadi. Quando gruppi di fanatici hanno compiuto reati nei confronti delle donne perchè non conformi ad una loro presunta sharia, la polizia e la giustizia iraniana li ha trattati come terroristi. Si guardi invece Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Riuniti. La verità che l'Islam Wahabbita non tollera nessuna minoranza religiosa sia essa Sciita, oppure Cristiana. Mentre noi vediamo i soldati islamici siiti di Hezbollah prendersi cura delle Chiese e della immagini sacre, una intera brigata di combattenti di Hezbollah è costituita da cristiani. Allo stesso modo si comportano i soldati di religione cristiana delle Esercito Siriano. Lo Stato d' Israele, come l'Islam è una realtà complessa e articolata. Purtroppo sono venuti a mancare due personaggi chiave per il futuro d'Israele, il primo Isaac Rabin, ucciso da un estremista di destra, e a causa di una malattia l'Ariel Sharon che aveva pensato Kadima. Entrambi combattenti, al contrario di Bibi Netanyahu, avevano capito che la ricetta della guerra perenne era guasta, ed avevano entrambi le qualità morali e l'autorità per poter incamminarsi in un processo di pace simile a quello tra Inglesi ed Irlandesi, basato sulla logica del riconoscimento. Israele deve ritirarsi entro i confini riconosciuti dal diritto internazionale liberando le terre che  che illegalmente occupa, Sharon applicando le risoluzioni dell'ONU, fece sgomberare, anche con la forza interi insediamenti. Netanyahu favorisce gli insediamenti. Concludendo dire gli Islamici è sbagliato, poichè non è vero che esiste un Islam moderato, è vero che esistono nell'Islam delle sensibilità diverse, inoltre un'altro fenomeno generato dal crollo dell'occidente è la regionalizzazione, gli stati tendono a recuperare e rafforzare la loro influenza regionale, è il Caso della Turchia la cui politica regionale, non è più compatibile e lo sarà sempre meno nel futuro, con la politica occidentale. In sostanza il mondo uscito dal crollo del sistema dell'equilibrio tra le due super potenze Usa e Urss, pensato dagli americani come "universo", si sta trasformando in "pluriverso", ed è in questo contesto che l'Europa riuscirà a trovare una identità propria e curare i suoi interessi pacifici.

‘Ni droite Ni gauche’ : il FN batte sarkozysti e socialisti

Marion Maréchal Le Pen
 
 

Marine Le Pen ha accentuato l’autodefinizione ‘ni droite ni gauche’ per definire il suo Front National. Quando si rivolge ai Francesi li chiama Patrioti.
Il crollo del regime occidentale, non può non riguardare, attraverso il meccanismo di frattura che ha innescato, quei partiti che hanno contribuito a costruire una Europa sul modello della società nordamericana. Un'area politica che potremmo individuare negli attuali vari centro destra/sinistra europei, accomunati dalla stessa politica economica e geostrategica (occidentalista) e dal dilagare della corruzione al loro interno.
Il modello di nuovo partito vincente che riesce a battere le forze della conservazione e può essere la base per costruire una Europa più europea e meno americana, quindi più libera,  unisce  la difesa del livello di vita economico-sociale della popolazione alla difesa del suo modo di vita, ovvero delle sue tradizioni e dei suoi connotati etno-culturali. Il cambiamento della Francia è il  benvenuto. 
 

Donne che odiano le donne


Su You Tube postati migliaia di documenti video
Girl Fight Manchester, street fight 


Il fenomeno della violenza tra donne è in crescita in tutto il mondo, come testimoniato dai migliaia di video su You Tube che illustrano scontri di estrema violenza. In Italia,  la violenza tutta al femminile   rappresenta il 5 per cento del totale delle denunce.  C’è inoltre un netto incremento  di episodi di violenza tra le ragazzine.


                                                           Girls fight





La Comunità ebraica grata al Capo del Governo Benito Mussolini


 
Nel 1930 su proposta del presidente del consiglio Benito Mussolini veniva varata la legge 30. X.1930.IX.
Questa legge parificava i diritti dei cittadini italiani di fede ebraica ai diritti dei cittadini di fede cattolica. Fino al varo di questa legge era esistita una notevole discriminazione  nei confronti degli Italiani di fede differente da quella cattolica. Infatti ai cittadini italiani che professavano un fede diversa era di fatto preclusa la carriera direttiva all'interno della  Amministrazione statale. Così la Comunità ebraica italiana grata al Capo  Governo per aver varato questa legge che permetteva a tutti i cittadini italiani, qualunque fosse la loro fede religiosa, di accedere alle cariche direttive dello Stato, comprese quelle militari,  fece coniare la medaglia che vediamo nella foto e che è conservata presso il Museo dell'Aereonautica a Rimini.

OxyContin il farmaco che manda avanti l'America


 Gli Americani ne consumano tonnellate ogni anno. L' ossicodone è un oppioide agonista con potenza elevata superiore alla morfina (2-4 volte) appartenente al gruppo dei fenantreni. La dipendenza fisica da OxyContin è una condizione che crea nel soggetto sindrome da astinenza se il farmaco viene sospeso improvvisamente. A causa della proprietà di OxyContin di creare grande dipendenza fisica, la sua astinenza può essere molto grave. I sintomi posso variare, benché principalmente siano: midriasi, nervosismo, irrequietezza, atroci dolori muscolari e ossei, movimenti involontari delle gambe, insonnia, picchi caldo-freddo, eccessiva sudorazione, rinorrea e lacrimazione degli occhi, pelle d’oca, dissenteria, palpitazioni, depressione. L’intensità dell’astinenza da OxyContin è simile a quella da eroina. I sintomi da astinenza possono durare fino a una settimana e possono essere molto sgradevoli sia dal punto di vista fisico che mentale. Affrontare l’astinenza da OxyContin rappresenta un’esperienza davvero difficile. Tentare di disintossicarsi dall’OxyContin senza l’aiuto professionale medico può essere un’idea disastrosa; può determinare un serio danno alla salute se si tenta l’approccio fuori da una struttura adeguata. Ogni soggetto che mostrasse qualsiasi sintomo da astinenza da OxyContin dovrebbe cercare un aiuto professionale.
I farmaci contenenti ossicodone sono commercializzati singolarmente come Oxycontin in dosaggi da 5 fino 80 mg.

Il ricordo di Francesco Cecchin "non rispetta gli standard della comunità di Facebook".


Per chi non lo conoscesse Francesco Cecchin era un giovane militante del Fronte della Gioventù. Nella notte tra il 28 e 29 maggio 1979, dopo essere stato inseguito da due persone arrivate in zona a bordo di una Fiat 850 bianca, fu trovato gravemente ferito in un cortile condominiale del quartiere Trieste di Roma, dopo essere stato percosso e scaraventato, tramortito, oltre un parapetto. Cecchin morì il 16 giugno 1979 dopo diciannove giorni di coma. Ad oggi nessun colpevole è stato assicurato alla Giustizia, anche grazie alle lacunose indagini effettuate all'ora, come descritto nella sentenza della Corte di Assise di Roma del 23 gennaio 1981, che testualmente afferma:
« È convinzione della Corte che, nel caso di specie, non si sia trattato di omicidio preterintenzionale, ma di vero e proprio omicidio volontario. »

Un vecchio post sul mio profilo personale  del 16 giugno 2011, lo vedete nella foto, evidentemente segnalato all'attenzione dell'amministrazione del social network, è stato valutato come irrispettoso degli standard della comunità di Facebook.   
Quali standard, mi sono chiesto? Nessuno di quelli contenuti nella informativa sulla policy del Social, così come pubblicata. Ho quindi inviato una nota e chiesto che il post venisse ripristinato. Un vecchio manifesto che ricordava la fine tragica di questo ragazzo, una frase, un'aquila, una spada, una croce, niente che possa violare i cosiddetti "standard della comunità di Facebook".  
 Cosa succede quando un contenuto su Facebook viene segnalato dagli utenti ai responsabili del social network.  Quando un post, o una fotografia, viene denunciato come inappropriato?  Chi decide se hai violato oppure no gli standard della community?  Se il tuo contenuto sia conforme lo decidono a Menlo Park, Dublino, Austin,  e Hyderabad (India). Una grave dose di lavoro, che può portare a commettere degli errori.  I team predisposti da Facebook sono quattro, ognuno con una area di interesse ben definito: pornografia e spam; sicurezza(vandalismo, violenza grafica, stupefacenti, minacce ritenute credibili); molestie e incitamento all'odio. Infine l'Access Team, la squadra che si occupa di hacker, cracker e account fasulli.
Non mi sembra che il contenuto di cui stiamo trattando, in alcun modo, possa rientrare nei casi d'interesse di questi quattro team tematici.
I quattro dipartimenti  devono verificare che che i contenuti segnalati siano reali violazioni delle policy interne, ma anche dello Statement of Rights and Responsibilities o degli standard adottati dalla comunità social. Il Support Team di Facebook deve così avvisare i singoli soggetti, che possono rivolgersi ad una seconda squadra di tecnici per presentare eventuale ricorso. Questo ultimo passaggio risulta piuttosto lacunoso.Quando  i contenuti  poi contrastino norme di legge le informazioni utili per la prevenzione di crimini saranno condivise con i vari dipartimenti di polizia. O su specifico ordine firmato da un giudice.
Infine  occorre chiedersi  in quale  modo questo post, in ricordo di un giovane, che per la giustizia italiana è stata la vittima di un omicidio volontario (repetita iuvant), può essere interpretato come non rispettoso degli standard di una comunità, la quale afferma di  essere dalla parte delle vittime di violenza ed invece ne elimina  il ricordo. Chissà se ad Hyderabad o ad Austin saranno in grado di rispondere? 
  

 






San Pietroburgo la città amata da Puskin e da Putin

 



In tutta la Russia il presidente Putin è ormai un brand, lo è soprattutto a San Pietroburgo, la città in cui è nato, ha studiato e che conosce bene anche sul piano amministrativo. Putin è stato infatti uno dei maggiori collaboratori  di Anatoli Sobciak, sindaco di Leningrado, protagonista nella sua guida della città della realizzazione  di un programma di riforme radicali nel campo politico ed economico. E' Sobciak il promotore del referendum per restituire alla città il nome di San Pietroburgo.  Durante questo periodo Putin introduce la borsa valutaria, apre le aziende cittadine ai capitali tedeschi, cura ulteriori privatizzazioni delle ormai inservibili strutture economiche sovietiche, e diventa vice-sindaco. La città sul mar Baltico ha sicuramente una vocazione turistica e culturale,  la sua costruzione è il frutto del genio dell'architettura europea.  Architetti italiani, tedeschi e francesi collaborarono con colleghi russi pieni di talento per produrre quella che l’Encyclopædia Britannica definisce “una delle più splendide e armoniose città d’Europa”. Ospita l'Hermitage, il museo più grande del mondo, forse il più bello, è stato calcolato che se si dedicasse un minuto a ciascun oggetto esposto nelle centinaia di sale, ci vorrebbero anni per completare il giro.  Nel  Teatro Mariinskij ci si può sedere sotto splendidi lampadari di cristallo, circondati da pareti scintillanti, la cui doratura richiese quasi 400 chili di oro. In questo ambiente si può assistere ad alcuni dei più bei balletti del mondo. Oltre due milioni di persone al giorno prendono la metropolitana per spostarsi tra le oltre 50 stazioni, distribuite su un percorso di quasi cento chilometri. Quello di San Pietroburgo è il distretto amministrativo più grande di Europa, un terzo della popolazione della Russia vive qui. La finestra della Russia sull' Europa, ma anche sul corridoio nordico che per secoli ha visto interagire Danesi, Svedesi, Tedeschi e Russi.  San Pietroburgo è sicuramente una città amata, da sempre,  così scriveva Aleksander Puskin: “T’amo, creatura di Pietro, / amo il tuo grave ed armonioso aspetto, / il regale corso della Neva, / delle sue rive il granito”.  Oggi amata soprattutto da Putin, che da nuovo impulso al ruolo storico della città, ma anche dai suoi cittadini, a giudicare dalla pulizia delle sue strade e dagli spazi verdi ben curati.  Città sicura per i turisti che vi si recano, oggi soprattutto cinesi, brasiliani, iraniani. Visto anche le incomprensibili politiche adottate dai paesi dell'occidente americanizzato,  aderenti alle Ue, che hanno intrapreso sanzioni economiche nei confronti della Federazione Russa, provocando contro misure. Tali politiche  producono danni economici ingenti alle economie dei paesi di tutta l'area Ue, in settori importanti della loro produzione. Questa situazione, generata da decisioni incoerenti con gli interessi continentali, ha provocato una situazione tale che la Russia, in coerenza con le sue relazioni internazionali, ha facilitato  l'ingresso per alcuni paesi, mentre un visto d'ingresso rimane necessario da e per i paesi europei. Da questo mese inoltre, entrando in vigore il nuovo regolamento dell'Unione Europea, i cittadini Russi dovranno depositare anche le loro impronte digitali, al momento della richiesta di visto. Se una buona parte del turismo russo si è spostato dalla Versilia alle spiagge di Antalya   è perché non c'è richiesta di visto tra Russia e Turchia. 
 
L'umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia.
Fëdor Dostoevskij

Io bambino di Kobanê accuso e accuso te Occidente.

 
Ayn al-Arab (in arabo: عين العرب‎, ʿAyn al-ʿArab, fonte degli Arabi, in curdo: کۆبانی‎‎, Kobânî / Kobânê) è una cittànel nord della Siria di circa 54.000 abitanti, nell'attuale Kurdistan siriano (in lingua curda Rojavayê Kurdistanê e in arabo: کوردستان السورية‎, Kūrdistān al-Sūriya, o più genericamente, Rojava, "ovest" in curdo), situata nei pressi della frontiera con la Turchia. Secondo il censimento del 2007, ha una popolazione di 54 681 abitanti ed è abitata da curdi, arabi, turcomanni e armeni, in base a una stima del 2013.Il nome della città deriva da quello di una società tedesca che, nel secondo decennio del XX secolo, costruì sul sito una delle stazioni della ambiziosa ferrovia Berlino-Baghdad.[2] Rifugiati armeni cristiani, scampati ai massacri dei Giovani Turchi ottomani in Anatolia, fondarono un villaggio nelle vicinanze della stazione già nel 1915 e qui furono subito raggiunti da curdi musulmani che vivevano nelle aree circostanti. I Curdi Siriani, vivevano una vita tranquilla, rispetto alle altre realtà in Irak, e soprattutto in Turchia. L'intesa tra la minoranza Curda e il governo siriano era buona. 
Perché allora oggi nel 2015 un bambino di Kobane giace riverso, senza vita, su di una spiaggia turca?
Nel 2012 Gli Stati Uniti di America, nel perseguire i loro piani espansionistici decidono che è il momento di un cambio di regime in Siria. In accordo con i loro alleati regionali, principalmente con Arabia Saudita e Qatar, sostengono, organizzano ed armano il cosidetto Siryan Free Army, principalmente rappresentato da Jabhat al-Nuṣra, gruppo islamista legato Al Qaeda. ed operativo in Siria a fianco di Daesh, che noi conosciamo con l'acronimo Isis. I piani americani ottengono l'entusiastico (sic) consenso dei paesi dell'occidente americanizzato di cui insieme all'Inghilterra si fa portavoce il presidente francese Hollande.
La salmeria mediatica occidentale, compreso tutti i mezzi di informazione italiani, lancia una grande campagna tesa alla criminalizzazione del presidente siriano Assad, accusato di tutte le peggiori nefandezze possibili. Agli osservatori più attenti, iniziava a non sfuggire il fatto, che questi pretesi ribelli siriani non erano altro che fanatici tagliagole. Occorreva un casus belli, nel 2013 il presidente americano Obama  parla alla stampa. Accusa il regime di Assad e conferma la scelta di attaccare, nel 2013 la Nato posiziona missili Patriot al confine con turco siriano per impedire il sorvolo del territorio da parte dell'aviazione siriana. Decine di migliaia di miliziani di Al Nusra, addestrati in Arabia Saudita  si riversano sulla Siria e ne conquistano la parte Nord del paese, che nel 2014 entrerà a far parte dello Stato Islamico dell'Irak e del Levante.Il casus belli per muovere guerra alla Siria gli americani lo troveranno sollevando la questione  dell'uso di armi chimiche da parte del governo siriano contro la popolazione civile ( sic). Susan Rice, consigliere per la Sicurezza nazionale, su Twitter scrive: “La questione è solo come punire Assad”. E anche il premier britannico David Cameron sostiene le dichiarazioni del presidente: “Comprendo e sostengo la posizione di Barack Obama sulla Siria”, ha scritto sul sito di microblogging. Tutti i media di servizio indicano al mondo la figura del mostro Assad che gasa la popolazione civile e che come afferma la Rice "va punito".
Era tutto pronto per esportare la democrazia in Siria, si allargava però il fronte del dubbio su questi presunti alleati rappresentanti della "Siria libera", soprattutto grazie ai racconti di prigionieri, presi in ostaggio dagli islamisti, i quali tornando a casa iniziarono a raccontare una versione diversa da quella della propaganda. Racconti di atrocità terribili compiute dagli "alleati" di Obama in Siria.
 La macchina della guerra era comunque pronta a scattare se non ci fosse stato l'intervento della Federazione Russa. I Russi in sede ONU produssero prove inconfutabili, rilevate dal sistema satellitare, che escludevano la possibilità di ogni responsabilità dell'esercito siriano nell'uso di sostanze chimiche nel conflitto in cui era ed è impegnato a difesa della Patria. Di più gli episodi di cui trattasi dovrebbero aver avuto come protagonista miliziani Daesh (ISIS), venuti in possesso tramite l'Arabia Saudita di armi chimiche di fabbricazione statunitense, il lancio di questi gas, sarebbe accaduto principalmente per la mancanza di preparazione di questi miliziani nell'utilizzo di tali armamenti. Fatto sta che la gioiosa macchina da guerra americana si scontrò contro un muro di verità, e il suo comandante in capo Barak Obama dette una bella smusata. Intanto Kobanê, ai primi di ottobre del 2014 era stretta d'assedio dalle forze dell'ISIS che si muovevano da sud e da ovest finché, penetrate nei sobborghi della città, sono state costrette a combattere casa per casa dai resistenti curdi, giungendo il 12 ottobre a conquistare l'80% circa dell'intera area urbana prima di essere costrette a un parziale arretramento a causa dell'efficace contrattacco dei curdi di ambo i sessi che giorno e notte difendono la città, armati e sostenuti dal governo siriano.e dall'esercito siriano che con grandi sacrifici e senza copertura aerea (interdetta dai missili NATO) era riuscito ad arrivare a 30 km da Kobanê. La responsabilità della morte del bambino di   Kobanê, e delle altre decine di migliaia di bambini siriani è di chi ha portato l'inferno in Siria. Il sogno faustiano dell'occidente, che promette sempre il bene, ma realizza sempre il male, questo è il bambino di Kobanê..

Dipingere gli Ungheresi come deportatori di disperati in cerca di asilo e costruttori di muri contro l’umanità è storicamente, moralmente e geograficamente ridicolo.





La corsa all’identificazione dell’Ungheria come nido di egoismo e nazionalismo, non conosce sosta. Prende fiato solo per puntare il dito contro l'ultimo paladino dell’autoconservazione, sempre più sulla gogna mediatica: la Gran Bretagna antieuropeista.
Viene da sé: chi non si appiattisce al bon ton politico che dispensa condanne e assoluzioni morali secondo uno standard unico, viene messo alla porta o meglio sul pubblico patibolo.
Dell’Ungheria di cui non si parlava dai tempi di Puskás, oggi si riempiono i giornali. Mai in epoca moderna si era discusso tanto del confine serbo-ungherese, che a fronte di un grande rilievo storico, ai più risulta difficile da collocare anche geograficamente. Il motivo è semplice. Se si parla di muri e immigrazione, le luci della ribalta brillano sempre.
L’asse balcanico del traffico di umani è una realtà conclamata. A fianco dell’autostrada mediterranea che traduce milioni di indigenti, si è consolidata la nuova via dell’immigrazione illegale e della compravendita di disperazione: quella che parte dalla bucherellata Grecia e dalla doppiogiochista Turchia per entrare nell’Unione Europea da sud est.
Ciò che arriva direttamente da Bulgaria e Romania, interne alla UE, ovviamente non fa notizia. Soprattutto dalla Bulgaria che con la Turchia (e l’Asia) divide anche una frontiera di terra. Da quando con la guerra del Kosovo il passaggio tra Mar Nero e Adriatico può contare sulle connivenze di Pristina e Tirana per inquietanti traffici euro-asiatici, a nessuno interessa che se ne parli. All’occhio indignato del benpensante europeo, importano solo i muri e i fili spinati.

Vediamo meglio.
Il filo spinato steso sui 200 km (scarsi) di frontiera serbo-ungherese ha creato un allarme politico malizioso quanto sproporzionato. In prima pagina ci sono Seghedino (l’ungherese Szeged) e la località di Roszke, posizionate proprio sul confine ma in realtà linea mobile di equilibri geopolitici millenari. Sulle piane fertili oggi oggetto di ossessive attenzioni giornalistiche, per secoli si sono alternati Ungheresi, Asburgo, Ottomani e principi serbi, spostando ora sotto, ora sopra, le rispettive sfere d’influenza.
 
 
La terra fra Subotica e Roszke è un'eterna frontiera, ben al di là della demarcazione attuale fra Ungheria e Repubblica Serba. Fosse per questo anzi, non ci sarebbero ostilità particolari, perfino considerando l’ingresso di Budapest nella UE (votò solo il 44% degli aventi diritto!) e nella NATO.
La provincia serba che confina con l’Ungheria è la Voivodina, area a forte presenza magiara e culla di istanze di autonomia da Belgrado mai rinnegate. Tra Serbia del nord e Ungheria del sud ci sono meno differenze culturali di quanto si possa immaginare. Tutta l’area, allargata fino alla Transilvania, rientra in quella landa europea di confine che fino al diciassettesimo secolo ha fatto i conti con l’espansione turca, pagandone spesso col sangue le conseguenze. 
Dipingere gli Ungheresi come deportatori di disperati in cerca di asilo e costruttori di muri contro l’umanità è storicamente, moralmente e geograficamente ridicolo.
Il filo spinato che oggi corre intorno al sonnacchioso fiume Tisza avrebbe potuto essere posizionato qualche centinaio di km più a Sud, tra Serbia e Macedonia o tra Macedonia e Grecia, senza intaccare minimamente le radici del ragionamento: se l’Europa vuole esistere, deve riconoscersi in un’identità. Quale che sia, ogni identità comporta di per sé il concetto di mantenimento.

A prescindere dalle motivazioni ideali, la decisione ungherese di costruire una barriera e di militarizzare la frontiera, va letta comunque alla luce di un’esigenza pratica. Roszke è collegata alla Repubblica Serba (Subotica ma soprattutto la non lontana e importante Novi Sad) con una grande autostrada, una ferrovia e un importante affluente del Danubio. Tutta la regione, agricola e pianeggiante, consente spostamenti rapidi e penetrazioni facili senza ostacoli naturali. Nella totale assenza di una politica comune europea, Budapest si limita a fare il suo. Ci s’indigna per un rotolo di filo spinato a Roszke, ma si sorvola sul muro tra Texas e Messico nell’America di Obama. La stessa America che per ragioni di sicurezza ha costretto miliardi di persone a rifare il passaporto. Il mondo è strano.
In realtà c’è dell’altro. Il motivo per cui l‘Ungheria siede spesso sul banco degli imputati è essenzialmente politico.
Già nell’occhio della critica da alcuni anni, Budapest è sorvegliata speciale e inserita per default tra i ribelli alla macchina d’integrazione bancario-germanica.
Fidesz e il leader Viktor Orban sono l’antitesi del politically correct europeo. Nemmeno l’Austria di Haider riuscì a farsi tanti nemici.
Il “muro” al confine è solo l’ultima delle polemiche pretestuose alimentate in tempi recenti. Più di tutti hanno potuto gli emendamenti alla Costituzione dal 2011 in poi, bollati come confessionali, clericali e liberticidi perché in controtendenza rispetto alle linee guida di un’Europa che per non offendere le sensibilità altrui, rinnega perfino le proprie origini cristiane. Le politiche sul matrimonio, sull’adozione e sui diritti di coppia sono state rigettate dalle democrazie europee così come il rilievo dato alla religione cattolica e le norme che hanno messo il partito comunista fuori legge.
Non è solo questione di punti di vista. Il tutto andrebbe forse letto alla luce della storia ungherese, che più di altre può insegnare il senso della libertà e il prezzo che si è disposti a pagare per difenderla.
A questo proposito il destino ha una sua ironia. Proprio l’Ungheria che si ribellò ai carri sovietici del ’56, oggi guarda alla Russia di Putin con uno slancio ideale fortissimo. Forse è questo che irrita più di tutti Bruxelles, preoccupata sia come riferimento per le istituzioni europee che come sede NATO.
Impossibile non annotare però che il dito puntato oggi contro Budapest appartenga a coloro che nel ’56, quando l’Ungheria difendeva col sangue la libertà d'espressione e la vita, si sono girati dall’altra parte.
 
La morale è un treno periodico che corre spesso su un doppio binario.
(di Giampiero Venturi

 
 

La Russia scende militarmente in campo contro l'ISIS: in Siria uomini ed aerei

 
Lavrov: L'esercito siriano è la forza più efficace sul terreno nella lotta contro il terrorismo
Il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha dichiarato che la minaccia terroristica è considerata come una delle sfide più importanti del mondo.
Nel suo tradizionale discorso davanti agli studenti dell'Università degli Studi di Relazioni Internazionali del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa, Lavrov ha sottolineato che l'esercito siriano è la forza più effic
ace sul terreno nella lotta contro il terrorismo.
Lavrov ha aggiunto che bisogna cercare le radici del terrorismo in Medio Oriente e non distorcere la verità.

La Russia ha inviato aerei da guerra e un contingente militare in Siria, lo si apprende da fonti diplomatiche russe che confermano anche che gli aerei avranno sede permanente in una base nei dintorni di Damasco.
La Russia, dopo l’Iran, entra ufficialmente nel conflitto a fianco della Siria contro lo Stato Islamico. L’obbiettivo degli aerei russi e del contingente militare dovrebbe essere offensivo e avere come target  lo Stato Islamico e tutti quei gruppi terroristici che combattono contro il legittimo governo siriano. La mossa russa scombussola anche i piani  in particolare di Turchia, occupata più che altro nel regolamento dei conti con i Curdi,  e Qatar che nelle scorse settimane avevano raggiunto un accordo per appoggiare militarmente i terroristi siriani. La mossa russa spiazza notevolmente anche i paesi dell'area come  Israele che ha sinora dimostrato un'azione equivoca nei confronti dei terroristi ISIS, mettendo a disposizione ambulanze per il soccorso dei feriti.  In difficoltà l’asse arabo che comprende, Arabia Saudita ed Emirati del Golfo che insieme agli americani ed i loro alleati occidentali hanno favorito l'espansione del Califfato nel Nord della Siria. Vale la pena di ricordare il posizionamento da parte della NATO di missili Patriot al confine turco siriano, al fine di impedire il sorvolo dell'aviazione Siriana di questa parte del territorio, che è stato occupato dei Quaedisti di Al Nusra e nel 2014 dal Califfato Islamico. Questi missili sono stati negli scorsi giorni rimossi grazie alla mediazione della Russia.