IL MONDO SULL' ORLO DEL BARATRO - Conflitti militari e crisi economiche e sociali: Chi vuole la pace e chi soffia sul fuoco
Guerra e Pace: testimonianza sui referendum di adesione alla Federazione Russa
Dal 23 al 27 settembre 2022 si è svolto il Referendum di adesione delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, e dei Distretti di Kherson e Zaporizhzhia, alla Federazione Russa.
Sono stato in Donbass, come Osservatore Internazionale con una missione che ha compreso 130 componenti, provenienti da molteplici paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Togo. Il gruppo italiano era tra i più numerosi, la presenza italiana e' stata orgarnizata da Vito Grittani, ambasciatore a.d. della Repubblica di Abcasia e fondatore dell'Osservatorio Diplomatico Internazionale. La nostra attività e' stata coordinata con le autorita' russe dall'ex vice ministro degli esteri dell' Abcasia ed ambasciatore a.d. del ministero degli esteri Kan Taniya. Della missione ha fatto parte anche Gian Micalessin ( reporter di guerra, tra i fondatori con Almerigo Grilz e Fausto Biloslavo dell'Agenzia Albatros). Il nostro lavoro e' stato osservare le operazioni di voto e valutarne la regolarità. Il nostro ruolo è stato riconosciuto ufficialmente dal governo della Federazione Russa, la nostra partecipazione è stata del tutto gratuita.
Vito Grittani |
Gian Micalessin |
La partenza da Mosca |
Giunti a Mosca, dopo un lungo viaggio, siamo finalmente arrivati alla nostra base operativa, la città di Taganrog, città della Russia meridionale, situata lungo la sponda settentrionale del golfo che da essa prende nome e che si apre sul Mare di Azov, alla foce del fiume Don, nell' oblast di Rostow. Durante la guerra civile, Taganrog fu sede del generale Denikin, capo dei "bianchi".
Taganrog |
La città ospita un Monumento a Giuseppe Garibaldi sul lungomare Puškinskij, l'opera venne inaugurata il 2 giugno 1961, in occasione del centenario dell'Unità d'Italia. È l'unico monumento in onore di Giuseppe Garibaldi nei paesi dell'ex Unione Sovietica.
Il monumento a Garibaldi |
Divenuto capitano di una nave mercantile nel 1832 Giuseppe Garibaldi visitò molti porti, spesso la sua goletta Clorinda approdava a Taganrog.
Nell'aprile 1833, la sua goletta, navigando con un carico di arance, rimase ormeggiata dieci giorni nel porto.
Mentre la nave veniva scaricata, Garibaldi passeggiava per le vie della città, visitando le case degli italiani che abitavano a Taganrog, e trascorrendo le notti in piccoli alberghi portuali. In una di queste locande conobbe un giovane ligure, la cui identità non è nota ma si ritiene essere l'emigrato politico e membro della Giovine Italia Giovanni Battista Cuneo di Oneglia che motivò Garibaldi a unirsi nella lotta per l'indipendenza italiana. Questo incontro fu descritto da Garibaldi nelle sue memorie:
«Amante passionato del mio paese, sin dai prim'anni - e insofferente del suo servaggio - io bramavo ardentemente iniziarmi nei misteri del suo risorgimento - Perciò cercavo ovunque libri, scritti che della libertà Italiana trattassero, ed individui consacrati ad essa. In un viaggio a Taganrog, m'incontrai con un giovine Ligure - che primo mi diede alcune notizie dell'andamento delle cose nostre. Certo non provò Colombo tanta soddisfazione alla scoperta dell'America, come ne provai io, al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria - Mi tuffai corpo e anima in quell'elemento, che sentivo esser il mio, da tanto tempo - ed in Genova il 5 Febbraio 1834 - io sortivo la porta della lanterna alle 7 p. m., travestito da contadino, e proscritto.» |
( Memorie 1907, p. 30.) |
La sede di Taganrog è stata scelta dalle autorità russe per motivi di sicurezza e per la vicinanza alla frontiera della RPD. La mattina molto presto abbiamo percorso i 165 Km che separano Taganrog e Donetsk.
In viaggio verso il Dombass Traversando la frontiera tra la Federazione Russa e la DPR, su UAZ Patriot, ci siamo recati, per osservare le operazioni di voto, ad Amvrosievka. |
Alla frontiera del Dombass |
Amvrosievka, con i suoi oltre 16.000 abitanti, è una città industriale monofunzionale, con specializzazione nella produzione di materiali da costruzione e il più grande centro dell'industria del cemento in Dombass. La città ha anche un notevole interesse di tipo archeologico. Il sito, risalente al Paleolitico superiore (18-19.000 anni fa), è uno dei più grandi siti archeologici del tardo Paleolitico in Europa (circa 6 ettari). Fu scoperto nel 1935, vennero rinvenuti gli scheletri di oltre 1.000 bisonti e 15.000 reperti archeologici (punte di lancia ossee e inserti di selce nelle punte di lancia), conservati nel Museo regionale delle tradizioni locali di Donetsk . Lo stemma di Amvrosievka raffigura un'ascia di pietra come simbolo dell'insediamento di questo territorio fin dai tempi antichi.
Ad Avbrosievka abbiamo trovato un'atmosfera gioiosa, queste popolazioni sotto bombardamento dal 2014, evidentemente rimettono molte speranze in questo referendum. Siamo stati accolti dal sindaco e da altre autorità locali.
L'incontro con il sindaco |
Atmosfera festosa ad Amvrosievka |
Il voto avviene attraverso l'organizzazione di seggi volanti all'aperto, la cui disposizione è decisa dal Comitato elettorale cittadino, i seggi si spostano ogni ora, questo sempre per motivi di sicurezza. Solo l'ultimo giorno del voto, il 27 settembre saranno aperte postazioni elettorali fisse negli edifici.
In fila per il voto ad Amvrosievka |
Il voto ai seggi di Amvrosievka |
Ad Ambrosiev, con il collega Pietro Cassano ci siamo divisi dal gruppo principale per svolgere il nostro ruolo di osservatori presso la colonia penale di Elenovka, non distante da Donetsk, dove sono detenuti prigionieri di guerra ucraini, è concesso il diritto di voto al referendum ai detenuti, uomini e donne, originari della regione di Donetsk, Gli ucraini si sono rifiutati di scambiarli con altri prigionieri e le autorità della Repubblica di Donetsk hanno deciso di accoglierli. Alla fine dello scorso luglio un bombardamento delle forze ucraine su Elenovkaha ha ucciso 40 prigionieri ucraini e ne ha feriti altri 75. Il bombardamento è stato compiuto con missili Himars (del tipo di quelli forniti dagli Usa alle forze ucraine).
Il nostro appuntamento a Donetsk è stato al Dombass Palace, dove alloggiano i giornalisti, l'albergo è stato bombardato dalle forze ucraine e ne porta ancora i segni. Qui si è unito a noi il giornalista Eliseo Bertolaso, collaboratore dell'Antidiplomatico.
Il Dombass Palace |
Prima di avviarci verso la nostra meta, abbiamo voluto fare una breve sosta al mercato centrale cittadino dove il 22 settembre l'artiglieria ucraina ha fatto strage di, uccidendo 6 civili, tra cui un minore di 14 anni.
Il voto dei detenuti
Alle procedure di voto erano presenti diversi operatori di media. I votanti mettevano la loro preferenza sulla scheda al di fuori da ogni sguardo. Anche qui si sentivano, questa volta più vicine le detonazioni dell'artiglieria ucraina, ed il rumore inconfondibile della partenza degli S-300 russi.
Dopo esserci riuniti al gruppo principale, ci siamo recati tutti insieme, verso la città di Khartsyzsk, qui, come negli altri municipi che abbiamo visitato, siamo stati accolti dal sindaco ed altre autorità locali, qui erano presenti anche rappresentanti della Duma di San Pietroburgo. Le operazioni di voto si svolgono regolarmente, in un clima festoso.
Al centro il sindaco donna di Khartsyzsk
Il parco giochi e il secondo seggio referendario
Il nostro compito di osservatori è poi proseguito a Mosca, dove hanno votato gli oltre centomila profughi del Dombass che hanno trovato rifugio nella capitale della Russia. La prima tappa è stata l'Ambasciata della Repubblica di Donetsk, dove sono stati allestiti seggi per il voto del referendum.
Presso l'Ambasciata della RPD a Mosca
La presenza dei media
Il nostro compito è poi proseguito con il monitoraggio delle operazioni di voto ad Odintsovo, dove mi sono recato insieme ai colleghi Camillo Zotti e Giovanni Corleone. Odintsovo è una città della Russia europea centrale (oblast' di Mosca), situata 24 km a ovest della capitale; è il capoluogo amministrativo del distretto omonimo.
Impressioni sullo svolgimento del voto
Delegazione di diplomatici e giornalisti internazionali vola a Mosca e Donetsk
A guidare la delegazione italiana l’Ambasciatore a disposizione della Repubblica di Abcasia nonché fondatore dell’Osservatorio Diplomatico Internazionale, il Cav. Vito Grittani, diplomatico in particolare evidenza avendo dalla sua conoscenza diretta di come risulti difficile per Paesi come le neonate Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk, ottenere poi il riconoscimento internazionale.
Conferenza stampa sobria ma efficace, ben organizzata senza preludi o interposizioni, per mezzo dei traduttori simultanei l’Onorevole Slutsky ha esposto il programma del giorno seguente prevedendo la visita al carcere dove è avvenuto, per opera delle forze militari Ukraine e a mezzo di sofisticate armi di fabbricazione statunitense, l’uccisione di oltre 50 dei prigionieri arresisi dalle acciaierie di Mariupol che hanno monopolizzato la cronaca di guerra durante la prime fasi dei combattimenti.
La stampa occidentale, su manipolate dichiarazioni da parte Ukraina, ha addebitato ai russi l’eccidio, ma, come riferisce l’Onorevole, non solo tali dichiarazioni sono false (e il giorno seguente ci sarebbero state illustrate le prove inconfutabili), ma, ancor più desolante, l’invito da parte del Vice rappresentante russo presso le Nazioni Unite Dmitry Polyanskiy di inviare ispettori dell’ONU e della Croce Rossa internazionale sarebbero stati da questi totalmente ignorati.
L’ambasciatore a.d. Grittani si è offerto alla Ministra degli Esteri di consegnare di proprio pugno al Papa, una eventuale richiesta ufficiale di visita da parte della neonata Repubblica, proposta molto gradita dalla stessa Ministra. Non è mancato l’Ambasciatore Grittani, da buon capursese, di un gesto di umanità anche verso i prigionieri con la consegna a ciascuno di un piccolo amuleto riportante la protezione di San Nicola da Bari.
Allontanatoci poi una cinquantina di metri, anche per interrompere la respirazione degli acri odori dell’esplosione ancora presenti, in un contesto di apparente tranquillità (con i boati delle bombe che di tanto in tanto distoglievano l’attenzione), si è potuto dar luogo, senza vincoli di tema, all’interrogazione dei detenuti superstiti, durata oltre 30 minuti.
I detenuti erano posti all’ombra dei pochi alberi disponibili in una giornata afosa, con le mani disposte dietro la schiena ma non legate. Non avevano segni di percosse e gli sguardi, pur a momenti chini in base alle domande cui erano chiamati a rispondere, erano comunque sciolti, per nulla terrorizzati o dissolti nell’infinito. Uno di loro era addirittura stato opportunamente curato in tempo ad un braccio per le ferite riportate dai terribili missili Himars, in tempo che la cancrena non rendesse l’arto amputabile.
La giornata è terminata con l’incontro, nel centro di Donetsk, di fronte al palazzo del parlamento, del Presidente della Repubblica di Donetsk Denis Pushilin.
Cortesia Ambasciatore a disposizione della Repubblica di Abcasia nonché fondatore dell’Osservatorio Diplomatico Internazionale, Cav. Vito Grittani,
Tra maccartismo vaccinale e deriva illiberale chi valuta il rischio strategico?
In un editoriale intitolato “L’impatto della vaccinazione di massa: scommessa al buio?” pubblicato su Analisi Difesa l’8 agosto 2021, venne posta l’attenzione sul rischio strategico legato a vaccinazioni sperimentali di massa: un tema rimasto inspiegabilmente al di fuori dal pur ampio (anche se schizofrenico) dibattito sul contrasto al Covid.
In quell’articolo venne posto il focus sui rischi legati ai possibili effetti negativi su vasta scala dei vaccini sperimentali, effetti che neppure i produttori erano e sono in grado di valutare nel tempo, ma anche sulle prospettive politiche e sociali legate alle discriminazioni dei cittadini e dei lavoratori, le false informazioni utilizzate per indurli ad accettare la vaccinazione sperimentale, la fitta selva di limitazioni alle libertà individuali imposte con cadenza ora divenuta ravvicinata quanto isterica.
Dopo quasi un anno di “maccartismo vaccinale” e di assurda contrapposizione tra “pro-vax” e “no-vax”, che ha portato a tensioni e spaccature sociali e a una deriva autoritaria che non hanno eguali nella storia recente della Repubblica e dell’Europa, i fatti sembrano purtroppo confermare le valutazioni espresse in quell’editoriale.
Incredibile che nessuno prenda in considerazione il rischio che l’uso di massa di vaccini sperimentali possa minare le fondamenta stesse della società e della Nazione.
In un contesto di sperimentazione di sieri di tipologia mai utilizzata in precedenza e di cui le stesse aziende produttrici non sono in grado di valutare le conseguenze nel tempo né di assumersene la responsabilità, inocularli a gran parte della popolazione espone l’Italia, e tutte le nazioni che utilizzano su vasta scala quei tipi di vaccini, a un rischio strategico di portata mai vista fino ad oggi.
Specie ora che sono disponibili diverse cure per il Covid, non si può infatti dimenticare che i cosiddetti vaccini restano sperimentali e termineranno i test (trials) alla fine del 2023 e nel 2024. Lo ha spiegato molto bene il professor Giovanni Frajese, endrocrinologo responsabile del Laboratorio di Scienze Tecniche Mediche Applicate dell’Università del “Foro Italico” di Roma in un confronto televisivo con il viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri.
Anche negli ultimi giorni Frajese (uno dei pochissimi luminari a far precedere i suoi interventi dalla dichiarazione di assenza di conflitti di interesse con le case farmaceutiche che producono i cosiddetti vaccini), ha definito assurdo l’obbligo vaccinale (imposto con l’ultimo decreto agli over 50 ma di fatto a tutti i cittadini sopra i 12 anni che aspirino a vivere una vita normale o anche solo a praticare) esprimendo forti critiche al dogma dei vaccini sperimentali e ricordando che in Danimarca il 92 per cento dei positivi è vaccinato.
Per Andrea Crisanti, microbiologo dell’università di Padova «siamo all’improvvisazione. L’obbligo agli over 50 non si può imporre senza una revisione del consenso informato». Ha detto ieri all’agenzia di stampa AGI. «C’è anche un problema di carattere giuridico – osserva – perché lo si fa per impedire la malattia, ma non per limitare la trasmissione. Questo diventa un obbligo terapeutico, è una novità assoluta nella sanità pubblica». «Mi sembra solo frutto del panico. Tra l’altro lo si impone a tutti, anche a persone che magari non ne avrebbero bisogno. E’ una autentica follia».
Se nei prossimi mesi o anni dovessero emergere complicazioni gravi e inabilitanti in percentuali significative delle popolazioni vaccinate l’impatto sanitario, sociale ed economico avrebbe dimensioni mai viste e insostenibili anche sul piano economico e pure per le nazioni più ricche.
In Italia, dove la popolazione vaccinata è ormai quasi il 90% del totale (quindi oltre 50 milioni di persone), qualora si registrassero entro alcuni anni effetti indesiderati gravi e inabilitanti nel 10% di coloro che hanno ricevuto il vaccino avremmo 5 milioni di persone da assistere.
Un numero insostenibile che determinerebbe conseguenze gravissime anche sul piano economico e demografico: per farsi un’idea del rischio catastrofico e suicida a cui ci stiamo esponendo basta ampliare un simile scenario a tutta l’Europa, agli Stati Uniti e all’Occidente nel suo complesso.
Pur senza scomodare teorie complottiste, nessun governo dovrebbe correre un rischio simile e non si può non notare quanto appaia incredibile che simili valutazioni non vengano neppure prese in considerazione dai vertici nazionali: il risultato è una scommessa al buio sulla stessa sopravvivenza della Nazione.
Per sgombrare il campo da equivoci, non si tratta di negare il valore dei cosiddetti vaccini nel ridurre gli impatti gravi del Covid, che miete vittime quasi esclusivamente nella popolazione anziana e già affetta da diverse patologie gravi.
Occorrerebbe però usare la massima cautela per il rischio che ciò che oggi appare una risposta al Covid (non più l’unica con l’avvento delle cure e l’apparente affievolirsi dell’aggressività del virus) possa domani rivelarsi un problema ben più grave della malattia che ha cercato di ostacolare.
Per ridurre tale rischio su questo web-magazine evidenziammo l’estate scorsa l’opzione di puntare decisamente sulle cure, potenziare l’assistenza a domicilio dei malati per non rischiare più di intasare gli ospedali e incoraggiare la vaccinazione solo dei cittadini più anziani e fragili, maggiormente esposti agli effetti del Covid e che hanno una speranza di vita residua limitata.
Uno Stato che tuteli la salute pubblica come elemento fondamentale della sicurezza nazionale ha il dovere di preservare il resto della popolazione e soprattutto i più giovani, dai rischi potenzialmente devastanti di una vaccinazione sperimentale di massa.
Per questo obblighi e ricatti di Stato, oltre ad essere una follia e una grave violazioni dei diritti delle persone, costituiscono un azzardo senza precedenti nella storia per la stessa sicurezza nazionale.
Un alto esponente della Sanità britannica come il professor Andrew Pollard, direttore dell’Oxford Vaccine Group e alla testa dell’UK Committee on Vaccination and Immunization, ha detto che “non possiamo vaccinare il pianeta ogni 4 o 6 mesi. Non è sostenibile” spiegando che la strategia di procedere con sistematiche vaccinazioni generali non è percorribile. “Bisogna concentrarsi sui soggetti fragili”, ha suggerito evidenziando che sono necessari ulteriori dati per stabilire “se, quando e come i soggetti vulnerabili avranno bisogno di dosi supplementari”.
Vaccini che non immunizzano, offrono una copertura limitata nel tempo e non impediscono di contrarre il Covid ma riducono per alcuni mesi effetti gravi.
L’ipotesi di doversi sottoporre a nuove dosi ogni tre o quattro mesi sembra confermare che si tratta più di terapie che di vaccini, con la necessaria valutazione che le cure si praticano solitamente ai malati, non ai sani.
Difficile anche ignorare che da mesi il prof. Claudio Giorlandino, direttore scientifico di Altamedica, ha evidenziato l’inadeguatezza dei vaccini nei confronti delle varianti del Covid e a fine dicembre ha definito “sbagliato e pericoloso parlare di pandemia dei non vaccinati ed emanare nuove restrizioni solo per colpire i non vaccinati”.
Nonostante il pugno di ferro nei confronti dei cittadini, i dubbi sull’efficacia dei vaccini sembrano confermati anche dal fatto che gli esperti fautori della terza e domani quarta dose sono gli stessi che fino a pochi mesi or sono sostenevano senza dubbi di sorta che con le prime due dosi avremmo ottenuto l’immunità a vita dal Covid 19.
O gli stessi che sostenevano non fosse necessario vaccinare i bambini: tesi subito abbandonata appena i produttori dei sieri hanno chiesto e ottenuto il via libera a inocularli anche ai più piccoli. La Prof. Maria Rita Gismondo, direttore del laboratorio di microbiologia clinica e virologia del Sacco di Milano, ha espresso severe critiche alle procedure di autorizzazione di tali vaccinazioni ai minori di 12 anni.
Sugli effetti negativi a breve termine molti interrogativi stanno emergendo (tra tanti anche le miocarditi tra i giovani) e i siti Eudravigilance in Europa, AIFA in Italia e Vaers negli USA registrano un numero di effetti gravi e mortali che appare consistente ma al tempo stesso limitato rispetto alla sua portata reale dal momento che sono le stesse vittime a dover segnalare gli effetti indesiderati.
Un aspetto grave, perché teso ad alimentare il dogma vaccinale non ad affrontare il tema con un approccio scientifico, aspramente censurato il 10 novembre da un intervento del senatore Alberto Bagnai che non ha risparmiato critiche, severe ma circostanziate, neppure alle esternazioni di esponenti del Comitato Tecnico Scientifico del ministero della Sanità (CTS).
In seguito all’impiego di terapie sperimentali, la sanità pubblica avrebbe dovuto provvedere al monitoraggio attento e tempestivo di tali effetti circa i quali è in atto un vero e proprio scaricabarile.
Mentre i governi chiedono ai cittadini di fidarsi ciecamente “della scienza”, i contratti tra le società farmaceutiche e gli stati membri della Ue restano segretati mentre si continua a imporre la firma con cui si dichiara di vaccinarsi di propria spontanea volontà persino alle categorie che hanno già, per legge, l’obbligo di sottoporsi all’inoculazione come sanitari, personale militare, di polizia e della scuola.
Settori che possono venire considerati i “pilastri” dello Stato che sarebbero i primi a risultare esposti a eventuali gravi effetti negativi dei cosiddetti vaccini e che già oggi, a causa di questi provvedimenti discriminatori, registrano una diffusa crisi di motivazione e uno sconforto che rischia di tradursi in totale sfiducia nelle istituzioni.
Ricatto di Stato, soprusi contrari allo stato di Diritto e al buon senso e obbligo vaccinale estesi ormai a tutti i lavoratori e a gran parte dei cittadini italiani, obbligati a farsi inoculare farmaci sperimentali per poter accedere al luogo di lavoro, a mezzi di trasporto (incluso chi vive sulle isole, di fatto costretto a non potersi muovere), effettuare allenamenti o prendere un caffè al bar risultano esecrabili e indegni di una democrazia la cui Costituzione vieta discriminazioni e garantisce le libertà individuali: valori in teoria imprescindibili anche per l’Unione Europea.
Un ricatto ancor più ignobile, che getta discredito sulle istituzioni, perché getta le famiglie nella disperazione colpendo il diritto al lavoro e alla sopravvivenza penalizzando ancora una volta i redditi più bassi che non possono permettersi la sospensione dal lavoro, neppure se temporanea.
Dal “maccartismo vaccinale”…..
Duole notare come in Italia buona parte di politica e media, invece di alimentare un dibattito costruttivo che tenga conto della posta in gioco, si limitino per lo più a sostenere uno scontro tra dogmi opposti sulle vaccinazioni Covid che contribuisce a esacerbare le tensioni sociali e l’emarginazione di chiunque abbia dubbi o esprima scetticismo circa le inoculazioni di massa di cosiddetti vaccini che proprio in questa fase stanno mostrando i loro limiti.
Ridurre il dibattito, alimentando odio e demonizzazione, alla crociata dei pro-vax contro l’orco no-vax (che per la gran parte sono semplicemente “no-cavia”) è un esercizio più utile alla propaganda e agli interessi commerciali farmaceutici che a far fronte in modo razionale evitando pericolose scommesse al buio a un malattia che colpisce vaccinati e non vaccinati.
Difficile non accorgersi che il boom di positivi in Italia è esploso quando anche i vaccinati hanno dovuto farsi un tampone mentre i non vaccinati sono stati obbligati negli ultimi mesi a dimostrare ogni 48 ore di essere sani effettuando un tampone per prendere un treno, andare al lavoro o in un albergo.
Misure restrittive che infastidiscono molti cittadini, anche tra coloro che si sono vaccinati per poter continuare a vivere e lavorare normalmente, perché sospettate di costituire vere e proprie “prove tecniche di regime”.
Misure che non hanno alcun significato sanitario (anzi, il Green Pass, come previsto, ha favorito la diffusione del virus) ma che sembrano avere l’obiettivo politico del ricatto teso a penalizzare la minoranza di non vaccinati per garantire qualche “privilegio” alla moltitudine di vaccinati.
Maggioranza che avrebbe motivi validi di insofferenza ora che deve digerire l’accorciamento della durata dei Green Pass dopo aver scoperto che l’inoculazione sperimentale non immunizza, non ripara dal contagio e ha breve durata.
…alla barbarie politico-mediatica
In questo contesto il tasso di barbarie raggiunto dal dibattito politico e mediatico è senza precedenti. Impossibile scordare che il premier (che si è ben guardato, almeno fino a oggi, dal “metterci la faccia” per illustrare agli italiani il decreto più illiberale della storia della Repubblica) aveva dichiarato che chi non si vaccina si ammala e muore e che ci si deve vaccinare per vivere in mezzo agli altri sicuri di non contagiarci.
I fatti dicono però che per fortuna 6 milioni di persone che hanno contratto il virus (in gran parte non vaccinate) sono guarite mentre purtroppo anche i vaccinati contraggono il Covid, sono contagiosi, vengono ricoverati e a volte muoiono.
Più oggettivo e realistico sarebbe stato evidenziare che la stragrande maggioranza dei morti è composta da persone molto anziane con diverse gravi patologie, vaccinati o meno.
Arduo non ricordare lo slogan con cui nei mesi scorsi lo stesso CTS cercò di presentare il Covid come la “pandemia dei non vaccinati”, affermazioni smentite dai fatti anche se molti media continuano a ripetere che i non vaccinati diffondono il virus e sono gli unici a finire in ospedale e morire.
Difficile rimuovere dalla memoria un ministro che ammette che i provvedimenti adottati col Green Pass nei luoghi di lavoro sono “volutamente discriminatori” per indurre i cittadini a vaccinarsi mentre un altro si entusiasmava davanti a una platea plaudente raccontando di cotton-fioc infilati nel naso “fino al cervello” ai non vaccinati che si sottopongono a tamponi.
Dopo decenni di cultura della tolleranza, dell’accoglienza e del rispetto di ogni tipo di diversità (religiosa, razziale, etnica, sessuale, ecc) assistiamo oggi alla demonizzazione ed emarginazione di chiunque esprima dubbi o critiche sui vaccini o sulle iniziative del governo che limitano le libertà personali, inclusa quella di manifestare e di non fare la cavia facendosi inoculare sieri sperimentali.
Ogni “dissidenza” viene dipinta come fuorilegge, terroristica, criminale o folle e frutto di stupidità e ignoranza, addirittura “negazionista” (con il malizioso quanto arbitrario abuso di un termine che ha ben altro significato storico) da molti politici, medici, conduttori tv, giornalisti e opinionisti che non hanno esitato neppure a evocare segregazioni, rastrellamenti casa per casa, vaccinazioni forzate riesumando persino il defunto generale Bava Beccaris che fece sparare sui manifestanti a Milano nel maggio 1898.
In troppi sembrano aver dimenticato che Democrazia significa rispetto delle minoranze, non dittatura della maggioranza: se ce lo dimentichiamo siamo a un passo dallo sprofondare nella barbarie.
Siamo l’unica nazione d’Europa ad avere l’obbligo vaccinale, potenzialmente pericoloso per le sue conseguenze e ormai evidentemente inutile a contrastare la diffusione del virus, ma anche l’unica in cui i media parlano quasi esclusivamente di Covid.
Una tendenza probabilmente favorita dalle decine di milioni di euro stanziati dagli ultimi due governi ai media per sostenere la campagna informativa contro il Covid.
Tranne poche eccezioni, lo show che da due anni a reti unificate e tema unico ci inonda 24 ore al giorno di news e commenti tesi prima a terrorizzare l’opinione pubblica e poi a dividerla tra buoni e cattivi, ha raggiunto livelli indecenti.
In una democrazia i media dovrebbero svolgere una funzione di controllo critico del potere, non esserne i proni servitori a tempo pieno, con direttori di TG nazionali che annunciano fieramente di negare ogni spazio a chi esprime critiche e dubbi sui vaccini, con tanti saluti a decenni di dibattito sul pluralismo nell’informazione.
In molte nazioni del mondo i giornalisti subiscono la censura dai governi, non la impongono a sé stessi per difenderli. D’altra parte, è difficile vedere in altre nazioni capi di governo venire accolti in sala stampa dagli applausi dei giornalisti.
E’ indubbio che fare informazione sia obiettivamente un lavoro complesso e difficile ma fare propaganda lo è molto di più, come ben sanno anche in ambito militare gli esperti di Info Ops e Psy Ops.
Per questo non è sufficiente produrre un’informazione pilotata e faziosa per riuscire a esprimere una narrazione propagandistica credibile.
Foto: Commissario Straordinario Covid e Governo.it