Terni: Lo stile dei cavalieri nella Basilica di San Valentino





Basilica di San Valentino Terni S. Michele Arcangelo di Giuseppe Cesari detto Il Cavalier D’Arpino.

Una pittura colta, raffinata, profondamente legata alla tradizione cinquecentesca, che tornava a privilegiare la chiarezza dell’espressione, il decoro nella rappresentazione delle immagini sacre.
                   

Era il 24 giugno del 1606 quando ebbero inizio i lavori di costruzione dell’attuale Basilica di San Valentino. La prima pietra fu posta dal Vescovo di Alatri Mons. Lucantonio Gigli, nativo di Terni, la seconda pietra dal venerabile P. Pietro della Madre di Dio predicatore apostolico, Carmelitano Scalzo e già superiore Generale dell’Ordine, la terza dal Servo di Dio Giovanni Battista Vitelli, di Foligno. Ebbe così inizio in quel lontano giugno del 1606, la presenza a Terni, dei discendenti di quei cavalieri crociati  che qualche secolo prima, attirati dall’esempio di Elia, vollero consacrarsi al servizio della Madonna sul Monte Carmelo, situandosi sulla principale via di pellegrinaggio che conduceva da Akko a Cesarea e che nei secoli donarono alla Chiesa personalità come Santa Teresa D’Avila e San Giovanni della Croce. Valentino suona come valorem tenens, «che mantiene valore», cioè «che persevera nella santità»; oppure significa valens tyro, «valoroso soldato», cioè «soldato di Cristo», così Valentino non arretrò di fronte al martirio, colpì distruggendo l'idolatria, si difese rafforzando la fede, e vinse patendo il martirio», come scrive nella Leggenda Aurea Jacopo da Varazze, dal di Terni. Finalmente restaurate due importanti opere, la Madonna col bambino tra i santi Giuseppe e Teresa di Luca della Haje e il S. Michele Arcangelo del Cavalier D’Arpino. Il restauro è stato effettuato dalla Fondazione Cassa di Risparmio. Particolarmente gradito il ritorno del bel S. Michele Arcangelo di Giuseppe Cesari detto il Cavalier D’Arpino, realizzato su committenza della famiglia Sciamanna. Il Cesari era uno dei principali esponenti “dello stile dei cavalieri”, una pittura colta, raffinata, profondamente legata alla tradizione cinquecentesca, che tornava a privilegiare la chiarezza dell’espressione, il decoro nella rappresentazione delle immagini sacre. Il S. Michele è un immagine lievemente arcaicizzante, preziosa negli accostamenti del colore e tributaria del classicismo raffaellesco: i contorni nitidi, i panneggi “scheggiati”, le ombre trasparenti, l’equilibrio della posa, la calma fermezza dell’atteggiamento ne fanno un magistrale esempio dell’arte ufficiale della Chiesa. Il suo nome in ebraico suona Mi - ka - El e significa: Chi è come Dio? Nel Nuovo Testamento, S. Michele Arcangelo è presentato come avversario del demonio, vincitore dell'ultima battaglia contro satana e i suoi sostenitori. Troviamo la descrizione della battaglia e della sua vittoria nel capitolo 12° del libro dell'Apocalisse: Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Per i cristiani, quindi, l'Arcangelo S. Michele è considerato come il più potente difensore del popolo di Dio. Nell'iconografia, sia orientale sia occidentale, S. Michele viene rappresentato come un combattente, con la spada o la lancia nella mano, sotto i suoi piedi il dragone - mostro, satana, sconfitto nella battaglia. I credenti da secoli si affidano alla sua protezione qui sulla terra, ma anche particolarmente nel momento del giudizio.

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