SERVIZIO DI DIFESA NAZIONALE


                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
La creazione di un Servizio di Difesa Nazionale (SDN) della durata di alcuni mesi, a inquadramento militare, per tutti i cittadini italiani a partire dai 16 anni che risultino idonei sotto il profilo psico-fisico.

Il SDN dovrebbe assorbire il “Servizio Civile Nazionale”, istituito con L. 64/2001 su base volontaria, ed essere rivolto esclusivamente ad attività di pubblica utilità (assistenza, tutela ambientaleambiente, educazione e promozione culturalepatrimonio artistico e culturale, ecc.) ed a interventi di protezione civile a favore della popolazione in caso di calamità naturali o disastri provocati dall’uomo.
Lo scopo del servizio sarebbe quello di rafforzare il senso di appartenenza al Paese, ma anche di imparare il  rispetto delle regole della società e della vita di gruppo, e contribuire cosi alla formazione civica, sociale e   culturale dei giovani.
Tutto questo consentirebbe di riportare a galla importanti valori per le giovani generazioni, primo fra tutti quello di porsi al servizio di una società della quale sono parte integrante. I giovani d’oggi sono bravi ragazzi: curiosi, aperti agli insegnamenti e agli esempi positivi. Hanno bisogno di una guida onesta e sincera e di persone che sappiano trasmettere loro i giusti valori, soprattutto con la forza dell’esempio morale, intellettuale e pratico.
Secondo il “30° Rapporto Italia”, pubblicato a gennaio 2018 dall’Istituto Eurispes, il 67,8% degli Italiani (quasi 7 su 10!) è favorevole al ritorno dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole.

Lo stesso sondaggio evidenzia che nella graduatoria della fiducia degli Italiani verso le istituzioni svettano le Forze Armate, con un consenso che si attesta sul 70%, a testimonianza della fiducia che i cittadini ripongono verso i Militari e i loro valori fondanti, come modello cui ispirarsi.
Ovviamente, è imprescindibile la piena condivisione del progetto a livello interministeriale (Difesa, Interno, Economia, Lavoro, Educazione, Sport, Sanità, ecc.).
Tale condivisione interministeriale consentirebbe d’individuare le risorse finanziarie necessarie, di usufruire del Servizio Sanitario Nazionale (visite mediche) e di avvalersi delle strutture didattiche pubbliche per le attività propedeutiche.
L’eventuale SDN non potrebbe essere assolutamente assimilato al precedente servizio militare obbligatorio: deve piuttosto essere visto (e conseguentemente veicolato) come un’occasione di avviamento professionale che, attraverso specifici incentivi e agevolazioni, favorisca l’inserimento nel mondo del lavoro, pubblico e privato, e in tutto il vasto settore della difesa e della sicurezza, mediante l’attribuzione di un titolo di preferenza (es. un punteggio incrementale in un concorso pubblico).
Il Servizio nazionale non dovrebbe, inoltre, essere posto in contrapposizione/sostituzione alle Forze Armate basate su personale professionista, che continuerà ad assolvere i compiti istituzionali attualmente previsti:  i nostri soldati volontari sono, infatti, la risorsa più importante!
I militari professionisti potranno invece essere sostituti nelle attività in Patria meno professionali e specialistiche, come quelle di concorso in occasione di eventi naturali (rimozione macerie, riempimento sacchetti a terra, ecc.) o problemi urbani (rimozione immondizie, vigilanza nella “terra dei fuochi”, ecc.), e dedicarsi esclusivamente ai compiti tipici di una qualsiasi Forza Armata: prepararsi per difendere il proprio Paese e per tutelare gli interessi nazionali con le armi!
L’addestramento dovrebbe essere svolto in ambito regionale/provinciale, sotto direzione militare, con il concorso delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, articolato su tre momenti: un primo periodo di 15 giorni, senza vincoli di alloggio in strutture specifiche, per l’indottrinamento iniziale; un secondo di 15 giorni, con l’obbligo di alloggio, per favorire la coesione dei ragazzi; un terzo periodo, di alcuni mesi, per l’impiego a seconda delle esigenze.

I primi due periodi dovrebbero essere previsti al termine del 3° e 4° anno di scuola media superiore all’inizio delle vacanze estive, nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro (200 ore), obbligatoria per tutti gli studenti e le studentesse degli ultimi tre anni delle superiori (legge n. 107 del 2015), mentre l’impiego vero e proprio dovrebbe avvenire dopo il 5° anno.
La formazione, inoltre, potrebbe essere implementata attraverso richiami brevi e scaglionati nel tempo (anche nei fine settimana) per non incidere sulla vita dei giovani.
L’addestramento dovrebbe essere concentrato prioritariamente su funzioni di soccorso, protezione civile, procedure di sicurezza e uso basilare delle armi, garantendo comunque la preparazione di base nel caso (assai improbabile ma teoricamente non impossibile) di una mobilitazione generale causata da una grave crisi internazionale che imponga il ripristino del servizio di leva.
Per soddisfare le varie esigenze, e tener conto dello spirito antimilitarista di una parte dell’opinione pubblica, i giovani potrebbero essere indirizzati, dopo i due periodi iniziali comuni, al servizio civile o militare, a seconda delle proprie aspirazioni e condizioni psico-fisiche (e per evitare sospetti di eccessiva militarizzazione della società).

Posto in questi termini, il Servizio di Difesa Nazionale assumerebbe i contorni di un servizio ausiliario allo stesso tempo moderno e in continuità con le tradizioni. Un provvedimento in grado di rispondere a una necessità educativa ben avvertita dalla società, avvicinare i giovani alle istituzioni e fornire loro quelle capacità basilari per la gestione delle emergenze e degli interventi di pubblica utilità,.con la creazione di un bacino di riservisti (da non confondere con la riserva selezionata) prontamente disponibile.
Da non dimenticare, infine, la possibilità di effettuare lo screening sanitario della popolazione giovanile, come avveniva in passato, che fornirebbe un quadro medico generale utile ai fini della prevenzione, diagnosi precoce e cura di varie malattie, perseguendo gli obiettivi di miglioramento delle condizioni di vita e creazione di risparmi per la sanità pubblica negli anni a venire.
Rimane da definire prioritariamente lo status giuridico di questi ragazzi e individuare le infrastrutture per il loro alloggiamento.

Per approfondire www.analisidifesa.it

I GERMANOFOBI SONO ANTI-ITALIANI


L'odio antitedesco, che possiamo anche chiamare germanofobia, non è diverso da quello antirusso o russofobo da noi rimproverato ai filo-americani, decisamente sovrabbondanti in casa nostra. Stranamente, si fa per dire, l'odio antitedesco ha qualcosa in comune con quello antirusso. Entrambi mettono in secondo piano lo strapotere statunitense in Europa, per scagliarsi contro i suoi effetti secondari o accidentali. Addirittura, qualcuno ha affermato che occorre approfittare della guerra commerciale di Trump all'Europa per liberarsi dal giogo crucco. Sciocchezze inenarrabili che solo teste povere e limitate potevano esitare. Dietro queste castronerie c'è però qualcosa di più sostanziale, attinente all'approccio teorico con cui si vorrebbe interpretare l'epoca storica: l'assurda convinzione che (uso il linguaggio con cui si esprimono tali decerebrati) il “turbocapitalismo, ormai finanziarizzato” sia l'ultimo stadio di un sistema globale “apolide e sradicante”. Simili definizioni generiche descrivono esclusivamente la pochezza del loro contenuto e sono profferite per impressionare più che per spiegare. Quando si accetta l'assunto che sia la finanza, con la sua volatilità, a dettare i tempi del mondo la dura realtà dei rapporti di forza evapora in una nebulosa indistinta nella quale non è più possibile raccapezzarsi, al fine di individuare i veri centri del potere (i quali sono fisici, armati, egemonici). Bisogna tornare con i piedi per terra, l'unico luogo dove è possibile praticare la teoria che non sta in cielo, come qualcuno crede, ma saldamente ancorata al terreno sociale. La sottosfera finanziaria, in quanto ambito appartenente alla sfera economica-mercantile è il luogo in cui i rapporti sociali si manifestano come rapporti tra cose. Quest'ultimi sono la proiezione di relazioni (conflittuali e cooperative) tra gruppi umani, agenti in una specifica organizzazione sociale. E' strano che chi sostiene di voler rimettere l'uomo al centro dell'analisi lo faccia capovolgendo le cose, ponendo la fantasmagoria dei mercati prima della produzione di società. Semmai essa sta davanti, a mascheramento del resto da cui promana. Non è però casuale che le teoresi antifinanziaristiche inducano a siffatti errori di valutazione storica e siano alimentati proprio da quei poteri centrali dominanti che hanno tutto l'interesse a obnubilare la loro azione imperiale. Come ha più volte chiarito La Grassa la finanza è sempre in primo piano, non però come causa “profonda” della crisi bensì quale sua iniziale manifestazione particolarmente eclatante, in grado di provocare comunque effetti pesantemente risentiti dalla grande maggioranza della popolazione da essa investita...tale aspetto della crisi va assimilato ai terremoti (di superficie), i cui risultati sono disastrosi per i soggetti implicati; tali terremoti trovano però la loro origine in scontri e frizioni tra falde o placche di terreno roccioso situate a varie profondità[la lotta tra formazioni o aree di paesi per la preminenza], reale “motore” del catastrofico fenomeno superficiale. 

Allora, diventa essenziale stabilire come si articola la dominazione mondiale e non “seguire il denaro” come si dice superficialmente, per ritrovare la propria sovranità, esercizio sempre più complicato nella fasi in cui il campo egemonico in cui si è inseriti (per noi quello occidentale a supremazia americana) viene sfidato da nuovi concorrenti. Se fino a qualche decennio fa potevamo vederci concessa una sovranità limitata, in virtù di un equilibrio mondiale bipolare, ora che si affaccia il multipolarismo ci viene imposta una cieca obbedienza ad ogni costo, funzionale soltanto alla riconfigurazione strategica di chi ha il controllo del nostro Paese e si sta confrontando con i potenziali concorrenti a livello mondiale. In tale clima, non sono ammesse “iniziative” nazionali autonome ed ogni smottamento dalla linea può comportare pesanti conseguenze. Questo è il tema principale, non le diatribe minori tra sottoposti alla stessa area d'influenza (come lo sono Germania, Francia e Italia nell'ambito europeo) seppur con diversi margini di “libertà” e “convenienza”. E' vero che i nostri partner europei intendono scaricare sul Belpaese le maggiori difficoltà discendenti da questo scenario, ma non si può scagionare il martello e al contempo prendersela con l'incudine che sta ferma mentre quello batte. Pertanto, chi punta sul bersaglio tedesco (i francesi sono meglio?), oltre a sbagliare mira politica fornisce all'arciere che tiene sotto tiro l’intero continente la freccia col quale proseguire nella minaccia. Toglietevi, dunque, dalla testa di poter avvantaggiarvi delle presunte contraddizioni tra Washington e Berlino per guadagnare in indipendenza. Guadagnerete in servilismo e non è nemmeno detto che sarete ricompensati. Non è questa la strada per riportare l'Italia a livelli decenti di importanza regionale e benessere sociale.                          

da Conflitti e strategie

Un governo di deboli (non dei più deboli)


Parte il Governo M5s-Lega. Dopo una serie di peripezie, dettate da ingenuità quirinalizia e furbizia leghista, vede la luce un bambino deforme che non avrà vita facile né lunga. Salvini e Di Maio spezzeranno le reni all’Europa? Restituiranno all’Italia la sovranità perduta (e mai pienamente avuta) combattendo contro chi ce l’ha strappata e conculcata? Dubitiamo che tutto ciò avvenga. Il can can battagliero grillino-leghista è solo una triste prospettiva economicistica che ha ben poco di politico. Manca la visione d’epoca storica mentre abbondano i giochetti di partito e di palazzo. Secondo la ristretta prospettiva del sodalizio giallo-verde sarebbe Berlino ad averci ridotto con le pezze al culo. Però, in ogni caso, dall’Ue e dall’euro non si esce, come hanno dichiarato, e ciò rappresenta una palese contraddizione della loro stessa teoresi sballata. Contemporaneamente, viene affermato di voler restare nella Nato e saldamente ancorati a quell’occidente americanocentrico che rappresenta il vero vulnus dal quale deriva la nostra sudditanza nazionale. Di più, si sente dire che appoggiandosi al nuovo corso americano di Trump sarà possibile liberarsi dal giogo crucco che ci ha retrocesso a provincia povera del Continente. Un po’ di logica per favore. L’Ue è una costruzione americana, come pure la sua moneta unica. Quest’ultima fu imposta ai tedeschi (via Parigi) come prezzo da pagare per la riunificazione, in quanto con il marco il potere condizionante dei tedeschi sarebbe stato anche più forte di quanto non lo sia ora con l’euro. Germania e Francia sono le due grandi potenze europee che sin qui hanno gestito il mandato americano, che va mutando per riconfigurazione strategica statunitense. I gruppi europei che lo hanno maneggiato nell’epoca unipolare non soddisfano i nuovi requisiti richiesti dall’egemonia statunitense in una fase multicentrica. Quindi qualcosa deve cambiare in Europa e cambierà. In sostanza ce la si può pur prendere quanto si vuole con il gregario tedesco per vederlo sostituito col francese o con una via di mezzo Franco-tedesca. Che vantaggio avremmo? Bisogna invece auspicare che i poteri tedeschi finora dominanti siano sostituiti da drappelli autenticamente autonomisti ed in grado di corrodere la predominanza yankee sul suolo comune. In ciò occorre incoraggiare la Germania, non puntare ad indebolirla, perché se il Paese meglio posizionato d’Europa avvia il necessario trapasso ci spiana la strada. Quindi nessun risparmio di critiche a chi ci narra di IV Reich per nascondere alla vista le mosse del superimpero d’oltreoceano mirante ad un riassetto delle sue sfere d’influenza per non lasciare lo scettro. Nessuno in Europa spezzerà mai le catene americane danneggiando il suo vicino. Il nemico è uno e non è a Berlino. I tedeschi, come gli italiani e i francesi devono sbarazzarsi dei loro dirigenti asserviti (senza sostituirli con altri cangianti ma ugualmente filo zio Sam), non puntarsi il dito a vicenda. Se accade è effetto del divide et impera a stelle strisce che ci rende tutti perdenti anche se non nella stessa maniera o con i medesimi svantaggi. C’è il servo che sta in casa e quello che lavora i campi, la condizione è la stessa anche se esistono differenziali di benessere(che contano, per carità, ma che non portano alla sovranità).
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