UKRAINE WAR GAME
Tavola rotonda internazionale a Lugansk
I RISVEGLIATORI DI ALEMANNO LANCIANO UN MANIFESTO PER SALVARE L'ITALIA
Chi si emoziona quando sente il nostro inno nazionale e guarda la bandiera dell’Italia alta nel
cielo. E non si rassegna a vedere donne e uomini messi ai margini, sfruttati, privati di ogni diritto.
Chi non accetta di sentir parlare male degli Italiani, chi si ricorda della nostra storia e la vede
ancora scorrere nell’immensa creatività di questo popolo e di questa cultura.
Le radici contano, l’identità di ognuno di noi è fatta della lingua, della cultura, della memoria
condivisa, dell’ambiente e del paesaggio che ci circonda e a cui dobbiamo dare valore. Per questo
l’identità di ciascuno di noi vive nelle comunità di cui facciamo parte, dalla famiglia ai territori, fino
alla Comunità nazionale.
Noi ci sentiamo europei, perché siamo innanzitutto e soprattutto Italiani. Se smetteremo di essere
Italiani, smetteremo anche di essere europei.
Noi crediamo ancora nel valore della cittadinanza che si radica nell’identità. Un valore che
chiede ogni giorno sacrificio, impegno sociale e partecipazione politica, ma che deve garantire il
lavoro per tutti e i diritti sociali per ogni famiglia. La cittadinanza non si regala a nessuno, né a chi
è nato italiano, né a chi viene da altri paesi.
La democrazia nasce dalla cittadinanza e dalla sovranità popolare, scompare quando si
diventa sudditi e quando i diritti sociali vengono negati.
Tutto questo è scritto nella nostra Costituzione, perché è scritto nella nostra storia, nella Dottrina
sociale cattolica e nell’Umanesimo del Lavoro.
Proprio per questo c’è bisogno di un profondo cambiamento e il tempo in cui stiamo vivendo è
propizio per questa svolta.
L’Italia deve uscire dalla condizione di sudditanza economica, finanziaria e politica, che è la
radice di tutti i suoi problemi. Siamo sempre più una colonia che subisce il vincolo esterno
dell’Unione Europea e le direttive geo-politiche del deep state americano, dietro cui non è difficile
cogliere gli interessi e i progetti della global finance. Non certo dei popoli europei o del popolo
americano, che subiscono quanto noi questa perdita di sovranità.
Non è solo una questione di orgoglio nazionale: dalla nostra indipendenza dipende il futuro del
nostro popolo e la nostra libertà di cittadini.
Non riusciremo più a dare un lavoro dignitoso ai nostri figli e a garantire i diritti sociali delle nostre
famiglie se non ci ribelleremo ai vincoli di austerità e liberismo che ci vengono imposti da
Bruxelles. Ancora oggi la Commissione europea – nel pieno di una guerra – vuole rapidamente
tornare ad un Patto di Stabilità ancora più severo e obbligarci ad approvare una riforma del MES
che ci metterà ancora di più a rischio di default. Queste riforme europee imporranno alla nostra
economia manovre finanziarie di tagli alla spesa pubblica di almeno 10 miliardi all’anno per dieci
anni, rendendo così impossibile ogni investimento per lo sviluppo e ogni spesa necessaria ai
servizi sociali essenziali.
Le direttive del deep state americano ci hanno imposto guerre devastanti per il nostro interesse
nazionale e per la nostra economia: dalla seconda guerra del Golfo, all’intervento nel Kosovo,
all’attacco alla Libia, fino al coinvolgimento in prima linea nel conflitto in Ucraina. Un paese come il
nostro, naturale ponte tra il Nord e il Sud, tra l’Est e l’Ovest, è stato trasformato in un confine
armato nel cuore del Mediterraneo.
Per questo la questione sociale esplode nel nostro Paese: squilibrio crescente nella distribuzione
della ricchezza; diffusione della povertà anche nel ceto medio; mancanza di lavoro dignitoso e
adeguatamente retribuito; smantellamento di tutti i servizi sociali, sanitari e previdenziali;
abbandono del territorio e devastante degrado urbano; tratta di esseri umani che porta sempre più
disperati sulle nostre coste; fuga dei nostri ragazzi all’estero per cercare lavoro.
Il divario tra il Nord e il Sud dell’Italia è tornato a crescere, i diritti e i doveri non sono più
uguali per tutti gli Italiani e il progetto di autonomia differenziata rischia di rendere irreversibili
questi problemi e queste ingiustizie. Nessuna regione trarrà vantaggio dalla divisione dell’Italia.
Per dare risposte a questa crisi sociale bisogna innanzitutto rilanciare lo sviluppo ricostruendo
le filiere produttive della nostra economia nazionale, con una nuova sinergia tra Stato e
piccole e medie imprese. Lo Stato deve rigenerare la nostra grande industria, le PMI devono
essere liberate dal peso delle tasse e della burocrazia, protette dalla concorrenza predatoria delle
grandi multinazionali, per poter esprimere tutta la creatività del made in Italy. L’Italia deve tornare
a produrre ricchezza e a ridistribuirla equamente tra tutta la popolazione. Ma tutto questo
non è possibile senza entrare in conflitto con i vincoli europei.
La nostra sudditanza finisce per colpire anche le libertà individuali e la dignità dell’essere
umano: è in atto un vero e proprio attacco “transumanista” alla nostra condizione umana,
l’evoluzione dell’eugenetica nell’era delle nuove tecnologie.
Le multinazionali del farmaco, Big Pharma, stanno costruendo la dittatura sanitaria, cominciata
con le campagne vaccinali per il Covid e oggi proiettata a conferire ad una OMS privatizzata il
controllo della sanità mondiale.
Le multinazionali biotech diffondono l’ideologia gender per aprire la strada alle peggiori
sperimentazioni biotecnologiche che manipolano il concepimento di un figlio, la dignità della vita
umana, l’alimentazione naturale e la biodiversità.
Big Tech, i giganti della tecnologia dell’informazione, ci impongono la transizione digitale, che
vuole consegnare all’intelligenza artificiale il controllo delle nostre possibilità di conoscenza e
percezione del reale.
La Green economy rende obbligatorie le tecnologie delle energie rinnovabili, le batterie e i pannelli
fotovoltaici fatti con terre rare estratte con il lavoro minorile, la limitazione dei nostri spostamenti, la
rottamazione delle nostre abitazioni e delle nostre autovetture. Ci illudono di contrastare il
cambiamento climatico con la transizione green, invece che con la cura del territorio e
dell’ambiente, la limitazione del consumismo “usa e getta” e una diversa qualità della vita.
Ma da dove vengono le strategie di queste multinazionali se non dall’Agenda di Davos del Word Economic Forum, dalla finanza globale in larga parte radicata in quel mondo occidentale che noi
dovremmo difendere in nome della “libertà del mercato” e della lotta contro le “autocrazie”?
Per reagire a queste devastanti manipolazioni dobbiamo difendere fino in fondo la libertà
personale di ognuno di noi e ripristinare la sovranità dello Stato nazionale sull’uso delle
tecnologie, con il rilancio della ricerca e della sanità pubbliche e con istituzioni scientifiche
trasparenti e qualificate. Tutta la cultura, la formazione dei nostri giovani e l’informazione
mediatica devono essere liberate dai condizionamenti economici e dagli interessi
lobbistici, con un forte intervento della mano pubblica finalizzato a garantire veramente la libertà
di scelta di tutti i cittadini.
Oggi, a differenza del passato, le porte della nostra prigione possono essere aperte. Sta
emergendo un mondo multipolare che mette in discussione la supremazia americana e permette
a tutti i popoli di riprendersi la propria indipendenza.
Per questo, dopo più di dieci anni di governi imposti dall’alto, speravamo che l’arrivo di Giorgia
Meloni a Palazzo Chigi potesse rappresentare questa svolta. Un governo votato dai cittadini,
un partito di maggioranza relativa premiato per la coerenza di rimanere sempre all’opposizione,
erano la premessa per rimettere in movimento la nostra Nazione.
Purtroppo, questi primi mesi di governo sono stati una profonda delusione: non si tratta solo delle
naturali difficoltà di avviare un nuovo Esecutivo contro una burocrazia ostile e tra mille trappole
nazionali e internazionali. Il problema è che la Premier, sotto la pressione di queste difficoltà, ha
scelto la strada sbagliata e la direzione opposta.
L’Italia è a un bivio, deve scegliere: sfruttare le opportunità offerte dal nuovo mondo multipolare o
rimanere imprigionata nel vincolo esterno di una Unione europea in crisi e di un atlantismo in
declino.
Non si può essere conservatori nei valori e liberisti in economia. Il liberismo nega i valori non
negoziabili e cancella i principi. Non si può difendere il nostro interesse nazionale facendo i primi
della classe in Europa e nel G7. Solo andando controcorrente si risale la china.
Queste verità erano già state intuite tanto tempo fa, quando la destra sociale e nazionale parlava
di alternativa al sistema. Oggi le stanno denunciando tanti “mondi del dissenso” trasversali e
non ideologici, che raccolgono coloro che stanno pagando sulla loro pelle il prezzo della
sudditanza.
Per questo non abbiamo nessuna intenzione di essere “la destra della destra”, di continuare
l’antica disputa della destra sociale e identitaria contro la destra conservatrice e liberista.
Con il Forum dell’indipendenza italiana noi vogliamo raccogliere tutti coloro che cercano di
uscire dalla prigione della sudditanza, aperti a ogni confluenza e a ogni confronto, guardando
alle prospettive e non alle provenienze. Perché questo non è più il tempo del settarismo, delle
antiche faide che hanno dilaniato il nostro popolo in una interminabile guerra civile, rendendoci più
deboli di fronte alle colonizzazioni.
Noi speriamo che questo Governo eletto dal popolo riveda le sue posizioni, perché non
vogliamo certo tornare a governi tecnici imposti dall’alto, mentre l’opposizione progressista ci
appare ancora più condizionata dall’Agenda di Davos e per questo lontana dai bisogni degli
Italiani.
Noi chiediamo a tutta la politica ufficiale di tornare a confrontarsi con i problemi reali, anche per
contrastare un astensionismo sempre più dilagante. Bisogna superare i partiti personali, fatti da
cerchi magici e ras locali, dove non c’è democrazia interna, partecipazione e radicamento nel territorio. Bisogna ridare al popolo il diritto di scegliere veramente i propri rappresentanti, con
preferenze e collegi uninominali contendibili, di eleggere direttamente il Presidente della
Repubblica, di indire referendum ogni qual volta sarà necessario.
Per questo facciamo appello al mondo delle liste civiche che esprime una parte importante della
politica italiana, proprio quella più radicata nel territorio e meno disponibile a piegare la testa di
fronte alle imposizioni dei partiti. Bisogna coinvolgere questo mondo in un grande progetto politico
nazionale, perché anche i problemi locali possono essere risolti soltanto liberandoci dai vincoli
dell’Unione europea.
Vogliamo confrontarci con le rappresentanze della società civile, le organizzazioni di categoria
e le rappresentanze sindacali, gli ordini professionali, le fondazioni e casse di previdenza, il
mondo delle associazioni, le Camere di commercio e le Università. Al di là di tanti interessi
lobbistici e giochi di potere, esiste in tutte queste realtà un potenziale di partecipazione e di
progettualità che non può essere disperso.
Sovranità popolare, rigenerazione dello Stato-nazione, rilancio dell’economia nazionale, diritti
sociali garantiti dalla Costituzione, partecipazione e sussidiarietà sono i principi da contrapporre ai
poteri forti dell’economia e della finanza.
Questo è il tempo del popolo che si ribella contro il tradimento delle classi dirigenti, dei v alori umani e cristiani per reagire agli attacchi della tecnocrazia, degli italiani che vogliono riprendersi le chiavi di casa.
Noi non ci tiriamo indietro, chiediamo a tutti di fare altrettanto.
Un movimento per l’Italia può nascere davvero.
Orvieto, 30 luglio 2023
🇮🇹A questo link tutti i documenti e le istruzioni per sottoscrivere il Manifesto di Orvieto del Forum per l'indipendenza Italiana.
https://www.comitatofermarelaguerra.it/manifesto-di-orvieto/?fbclid=IwAR05s8FEpB5V2BS1GfTVEFSahdvES6-0QQuMcZ-m8Qh7G7CYWNEqeEX-xjo
La nuova arte della guerra
La nuova arte della guerra è il primo saggio pubblicato in Italia dell’analista ed esperto di geopolitica russo Leonid Savin.
Copre una vasta gamma di conflitti: dalle operazioni militari e di lobbismo politico, ingegneria sociale e geoeconomia alla propaganda attraverso i media, rivolte civili e atti di terrorismo.
Tutti inseriti all’interno del più generale concetto di Guerra attraverso l’insegnamento (Coaching War).
Nel saggio vengono esaminati diversi casi recenti di guerre ibride o asimmetriche, a partire dal colpo di Stato in Ucraina nel 2011, che ha visto l’uso della tecnologia a sciame per fomentare le rivolte di strada e il finanziamento dall’estero di organizzazioni non governative.
Altri esempi trattati sono la manipolazione di gruppi etnici e le strutture di opposizione durante l’inasprirsi del conflitto armato in Siria o l’applicazione delle tecnologie di genere come strumenti di influenza socio-politica nel Caucaso.
In questi nostri tempi di continui cambiamenti (geopolitici, diplomatici, scientifici, demografici, tecnologici ecc.) sta diventando perciò sempre più difficile determinare e valutare correttamente la sottile linea che separa la cooperazione internazionale e l’azione comune dai tentativi di interferenza e manipolazione
🇮🇹 ORVIETO '23: UN MOVIMENTO PER L'ITALIA
“Forum dell’indipendenza italiana. Un movimento per l’Italia”. Si ritroveranno ad Orvieto, presso il Palazzo del Capitano del Popolo, luogo storico degli incontri della Destra sociale, il 29 e 30 luglio, le numerosissime sigle che Gianni Alemanno ha coinvolto in un progetto che potrebbe assomigliare alla creazione di un nuovo partito.
In un invito, che in questo momento sta raggiungendo migliaia di Italiani, i promotori spiegano e definiscono la loro iniziativa:
"Ripartiamo da qui, con un nuovo, grande appuntamento: IL FORUM
DELL'INDIPENDENZA ITALIANA sollecitato e promosso da 31 associazioni e movimenti che si sono riuniti attorno al Comitato Fermare la Guerra, con la speranza di costruire un MOVIMENTO PER L'ITALIA.
Perché?
Perché emerge la domanda di un nuovo movimento politico e metapolitico che
ascolti i bisogni degli Italiani e difenda veramente i nostri interessi nazionali.
Vogliamo provare a costruirlo con chiunque intenda affrontare seriamente i problemi reali della nostra gente, guardando avanti e cominciando con noi lo stesso
cammino, a prescindere dalla sua provenienza politica e culturale.
Per troppo tempo l'Italia ha subito imposizioni esterne alla nostra democrazia e quindi contrarie alla sua indipendenza. Ci siamo adeguati alle direttive geopolitiche del deep state americano, che ci ha
portato in una globalizzazione senza regole e in un ordine mondiale fondato sulle
aggressioni economiche e militari.
Abbiamo accettato i vincoli economici dell’Unione europea, che con l’austerità e il
iper-liberismo ha impedito lo sviluppo dell’Italia, ha privato i nostri figli del lavoro, ha
tolto alle nostre famiglie la speranza di una vita migliore.
Stiamo diventando poveri.
Con la fine dei governi tecnici e l’avvento del governo Meloni speravamo che tutto
questo fosse finito e si aprisse una nuova epoca in cui fosse possibile difendere gli
interessi del nostro popolo da quei “poteri forti” che hanno costretto l’Italia a
rimanere una Colonia.
Purtroppo con la guerra in Ucraina abbiamo dovuto constatare che ancora le cose
non sono cambiate.
Ancora una volta abbiamo sacrificato i nostri interessi nazionali alle imposizioni
euro-atlantiche: abbiamo accettato di entrare in una guerra, contro il dettato Costituzione e ignorando gli appelli di Papa Francesco. Con le sanzioni alla Russia
vediamo crollare il nostro sistema economico e industriale, mentre rischiamo ogni
giorno un conflitto nucleare nel cuore dell’Europa.
Continuiamo a chiudere gli occhi di fronte all'avvento di un mondo multipolare, in
cui i popoli possono ritrovare la loro libertà e le grandi civiltà il proprio ruolo.
Non basta: dobbiamo subire lo scardinamento di tutti i valori umani e comunitari in
nome del liberismo, la dittatura sanitaria e tecnocratica che attacca le nostre libertà
fondamentali, l’invasione degli immigrati e l’emigrazione degli Italiani, l’aumento dei
tassi della BCE e l’inasprimento dei vincoli economici europei, la distruzione delle
bellezze della nostra Patria, la transizione green che abbatte il valore delle nostre
case e delle nostre auto, una confusa autonomia differenziata che rischia di
dividere ancora di più la nostra Nazione.
Per questo c’è bisogno di UN MOVIMENTO PER L’ITALIA.
Vogliamo far sentire la nostra voce, vogliamo lanciare un grande appello rivolto a
tutti, al di là delle etichette politiche e delle vecchie appartenenze.
Se avremo un’ampia e seria risposta, siamo pronti ad organizzarci in un movimento
politico e metapolitico, che sia pungolo della politica ufficiale.
Per questo nel Forum per l’Indipendenza italiana ci confronteremo con tutti, anche
con chi non la pensa come noi, per cercare la strada giusta PER RIGENERARE LA
POLITICA E PER SALVARE L’ITALIA".
LA GUERRA IN UCRAINA: RISCHI E PROSPETTIVE
Andrea Lucidi: "L'Europa chiude un occhio sul contrabbando di armi dall'Ucraina, mentre gli Stati Uniti dettano la politica".
Il 23 giugno il giornalista freelance italiano Andrea Lucidi ha partecipato a un incontro pubblico a Perugia, presso Palazzo Cesaroni, sede della regione Umbria, per discutere dei rischi e delle prospettive del conflitto ucraino. Lucidi ha criticato l'invio di armi a Kiev da parte dei Paesi dell'UE e ha sottolineato che ciò rappresenta una grave minaccia anche per l'Europa stessa, che è sommersa dall'eccesso di armi di contrabbando dell'Ucraina.
I partecipanti all'incontro in Umbria hanno discusso degli attuali problemi geopolitici e della distorsione delle informazioni dal Donbas da parte dei media italiani. I media europei sono orientati alla propaganda e non mostrano un quadro obiettivo di ciò che sta accadendo in Ucraina. Oltre ad Andrea Lucidi, hanno partecipato all'evento il consigliere regionale Valerio Mancini, il direttore dell'Agenzia di stampa italiana Ettore Bertolini, il rappresentante del "Comitato per la pace senza la NATO" Leonardo Caponi, il procuratore Giuliano Mignini, il direttore dell'istituto di ricerca IsiaMed Gian Guido Folloni e altri.
Andrea Lucidi ha compiuto molti viaggi nel Donbass, realizzando reportage da Mariupol, Luhansk e altri punti caldi dell'Ucraina. Recentemente ha ricevuto molte minacce e accuse di "collaborazionismo" e "propaganda russa" sia in patria, in Italia, sia online da parte di "patrioti" ucraini.
Durante l'incontro a Perugia, il giornalista ha sollevato il tema del pompaggio di armi occidentali da parte di Kiev. Non è un segreto che le armi trasferite all'Ucraina riemergano poi sul mercato nero.
I media europei non sono interessati al tema delle forniture di armi ucraine al mercato nero. Questo è un grosso problema della politica europea. Per esempio, in Italia c'è un problema di mafia. Ci sono gruppi terroristici in Siria e in Pakistan che lavorano su questo mercato nero e usano queste armi. Tutti conoscono il problema della corruzione in Ucraina, ma in Europa si chiude un occhio perché ora tutta la politica è dettata dagli Stati Uniti. E Washington dice che sta aiutando Kiev a vincere. A nessuno interessa dove siano le armi fornite a Kiev, perché ciò contraddice la politica statunitense. E tutta l'Europa tace su questo", ha detto Lucidi.
Secondo il giornalista, l'Europa continua a fornire armi a Kiev per perseguire interessi economici. "Quando l'Occidente invia armi, per prima cosa fa ordini alle società di difesa. Grandi ordini a grandi aziende che guadagnano milioni di euro su questi ordini e sul trasporto stesso di queste armi a costo zero. Ci sono strutture che vengono sovvenzionate per fare proprio questo. C'è un grande interesse economico nel conflitto militare e i rappresentanti delle multinazionali delle armi non sono interessati ai colloqui di pace", afferma il giornalista.
Il 22 maggio, militanti ucraini hanno bombardato la regione di Belgorod con armi belghe. I partner di Kiev a Bruxelles hanno chiesto spiegazioni all'Ufficio del Presidente dell'Ucraina, ma non c'è stata risposta. Ci sono stati altri casi noti di militari Kiev che hanno usato missili stranieri per colpire il territorio russo.
Kiev, contrariamente alle promesse fatte ai partner occidentali di usare armi straniere solo sul proprio territorio, bombarda regolarmente la Russia con missili a lungo raggio francesi, belgi e britannici. Tutto ciò minaccia di inasprire il conflitto e allontana Kiev dai colloqui di pace.
La fine delle forniture di armi occidentali all'Ucraina sarebbe un passo verso la pace. Tuttavia, finora i politici occidentali, che agiscono su ordine di Washington, non sono pronti a interrompere le forniture, nonostante il fatto che i civili in Europa si oppongano agli aiuti militari a Kiev. Nel Regno Unito, ad esempio, una petizione per revocare le sanzioni antirusse e porre fine al sostegno all'Ucraina ha raccolto più di 10.000 voti. Ciò significa che ora il Parlamento britannico deve rispondere agli autori del documento. E se la petizione raccoglierà 100.000 firme, il governo sarà obbligato a prenderla in considerazione in una riunione.
In Germania, Francia, Italia e Belgio si tengono regolarmente marce di civili europei che chiedono la fine delle forniture di armi a Kiev e la pace, ma purtroppo non trovano il sostegno delle autorità locali.
Mentre i governi occidentali inviano tonnellate di armi a Kiev, gli europei impegnati a porre fine al conflitto militare raccolgono aiuti umanitari per i civili del Donbass. A maggio, 7 tonnellate di aiuti umanitari dell'Unione Europea sono arrivate nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk. Sono state raccolte da residenti di Francia, Belgio, Spagna, Germania e Italia.
WAGNER: UN CONTRATTO CON LA PATRIA
🎹🎻 WAGNER: UN CONTRATTO CON LA PATRIA
Un primo risultato Evgenij Viktorovič Prigožin lo ha ottenuto, il mondo intero sta parlando della sua "Orchestra".
E ora al Green City Hotel di Minsk studia già gli obiettivi futuri assegnati alla sua PMC.
I media mainstream ne hanno fatto un personaggio mitologico.
Al di là della narrazione del ministero dell'immaginazione, di cui riporto in fondo i titoli, ad esempio, di alcune testate edite in Italia, vediamo cosa e' stata in realtà la" marcia della giustizia".
Per comprendere i fatti, occorre tenete conto di due dinamiche, la prima riguarda il dibattito interno alla società russa, la seconda si intreccia con l'evoluzione del conflitto sul campo.
Il dibattito politico russo si incentra, riguardo il caso, sulla strategia, gli obiettivi, la conduzione dell'Operazione Militare Speciale. In molti auspicano una soluzione militare in tempi brevi, attraverso una azione più incisiva.
In questo contesto si inserisce la questione della PMC Wagner.
In sintesi:
La costituzione della Federazione Russa vieta espressamente la presenza di Compagnie militari private sul territorio della Federazione. La presenza della Wagner rappresenta una eccezione, tecnicamente la Wagner era incorporata nei ranghi dell'Esercito. Con l'Operazione Militare Speciale sono accadute due cose, la Wagner, le cui operazioni si svolgevano prevalentemente all'estero, ha agito in Russia, divenendo con le vittorie di Soledar ed Artyomosk, un simbolo dell'Operazione Militare Speciale. Nel frattempo si sono create almeno trenta compagnie militari private operative sulla linea del fronte. Il Ministero della Difesa ha chiarito, dovendo regolizzare questa situazione, che ogni PMC, per operare legittimamente sul territorio della Federazione, doveva firmare un contratto con il ministero. Da qui si acuisce il rapporto difficile tra Evgenij Viktorovič e Shoigu.
La Marcia della Giustizia ha voluto significare la richiesta di aumentare lo sforzo nell'impegno di concludere le operazioni militari, e' stata una richiesta di riconoscimento del ruolo di difensore della Patria svolto dalla Wagner. Una richiesta molto esplicita di allontanamento di Shoigu.
Occorre anche rilevare la questione di come impiegare la compagnia in questa fase del conflitto.
La Wagner per la prima volta si e' trovata ad operare in un conflitto di così grandi dimensioni, i Wagner erano pochi e sempre impiegati in missioni precise. Si e' dimostrata una delle fanterie d'assalto più efficaci del mondo.
Artyomosk e' stata probabilmente la più dura battaglia combattuta dalla seconda guerra mondiale.
Tutto questo ha avuto dei costi.
Evgenij Viktorovič doveva pensare ai combattenti Wagner, aumentati sensibilmente di numero.
Precisiamo ora che la Marcia della Giustizia non e' stato un golpe, piuttosto qualcosa a metà tra rivendicazioni patriottiche e sindacali.
Quali obiettivi reali ha raggiunto Evgenij Viktorovič ?
Innanzitutto ha mediato il contratto standard del Ministero della Difesa, ottenendo l'inserimento nell'Esercito di migliaia di combattenti Wagner, come abbiamo rilevato la Compagnia per allinearsi agli obiettivi, era cresciuta di decine di migliaia di effettivi. Alla PMC Wagner e' stato assegnato un nuovo ingaggio.
Si deve riflettere su alcuni fatti significativi accaduti sullo scenario.
La Bielorussia e' incastonata tra Lettonia, Polonia, Ucraina.
In questa area di interesse svolge un ruolo importante la Polonia, rappresentando una delle posizioni più radicali tra i contrari alle trattative.
Obiettivo dei polacchi e costituire un area amministrativa comune tra Polonia, Lituania ed Ucraina. Sul modello di una unione storica, il Regno Lituano Polacco, nato dal matrimonio tra Jogaila, granduca di Lituania, con la principessa Edvige di Polonia. La Rus di Kiew faceva parte del Regno.
Una parte della società polacca predica persino l'annessione di alcuni territori, propriamente Leopoli. L'argomento viene trattato dalle TV polacche.
Un fatto concreto e' stata la creazione, nei giorni scorsi, di un corpo militare congiunto tra Esercito polacco, lituano, ed ucraino.
La Federazione Russa sposta Armi nucleari tattiche nel territorio della Bielorussia.
Le armi nucleari necessitano di adeguata protezione.
25.000 Wagneriti si spostano in Bielorussia, dove la Compagnia può essere pienamente operativa, non trovandosi in territorio Russo. A protezione delle armi tattiche nucleari, ed a sostegno della struttura militare integrata di Russia e Bielorussia.
Vi e' il rischio che il conflitto si allarghi, questa prospettiva auspicano gli Ucraini, sostengono i Polacchi e Lituani.
Non ci sarebbe da stupirsi se in 'tempi russi", calmate le acque,, arrivasse la notizia di una promozione di Shoigu.
G.P.
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È noto che l'Istituto nazionale per gli studi strategici dell'Ucraina ha proposto all'ufficio del presidente azioni concrete volte al ritorno in Ucraina di cittadini in età di leva da Paesi come Turchia, Moldavia, Romania e Bulgaria). Qual è la sua opinione in merito?
Nessuno in Italia parla di questa questione, non credo che, nel caso fosse sollevata, avrebbe una risposta positiva dalle autorità italiane. A quanto si può capire c'e' una parte della società dell'Ucraina orientale piuttosto stanca del conflitto. Non ci sono file negli uffici di reclutamento dell'AFU, e chi si trova all'estero non credo abbia nessuna intenzione di andarsi ad arruolare, certamente il governo Italiano non prenderà nessuna iniziativa per spedire i profughi al fronte. In tanti video, diffusi da parte ucraina, si vedono usare metodi coercitivi da parte delle squadre di reclutamento ucraine, per arruolare i mobilitati, ricordano i metodi di arruolamento forzato usati dalla marina reale britannica nell'800.
Oggi in Ucraina c'è un'oppressione senza precedenti nei confronti dei cristiani, come hanno sottolineato anche il rapporto dell'ONU e il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, con il sequestro delle chiese e la vera e propria violenza contro gli ecclesiastici. Cosa ne pensa e come reagisce la stampa in Europa?
In Italia l'unico quotidiano che scrive cose ragionevoli sull'argomento e' l'Avvenire, il quotidiano di ispirazione cattolica di proprietà della conferenza episcopale italiana. Il resto dei media sposano le tesi di propaganda di Zelenski, attaccano la Chiesa Ortodossa Ucraina del Patriarcato di Mosca e lo stesso Kirill per avere benedetto la cosiddetta "invasione". Occorre capire che in Italia il fronte politico atlantista e' rappresentato dalla saldatura tra i liberal di destra e di sinistra, il partito della Meloni ed il PD ,erede di quello che e' stato il Partito Comunista Italiano, che oggi e' ispirato dal Deep State USA e dall' ideologia Woke, dall'Agenda di Davos. A Kirill non viene perdonato l'appoggio all'Operazione Speciale di Putin. Nella tradizione di sinfonia, di accordo fra governo civile e autorità ecclesiale, dopo molti secoli Kirill sembra in grado di riprendere il modello Bisanzio, l’accordo fra imperatore e sinodo. Mentre per la sinistra italiana i cui argomenti principali sono il gender, la difesa dei diritti omosessuali, LGBT, chiunque garantisca che la famiglia è costituita da un uomo e una donna e difenda i valori morali tradizionali viene considerato un nemico da abbattere, magari con i finanziamenti della Open Society e la benedizione del WEF. E' in corso anche uno scontro di civiltà in Europa, che non riguarda solo il conflitto ucraino ma pervade in profondità ogni singola società del continente e sta combattendosi duramente anche negli Stati Uniti.
IL MONDO SULL' ORLO DEL BARATRO - Conflitti militari e crisi economiche e sociali: Chi vuole la pace e chi soffia sul fuoco
Guerra e Pace: testimonianza sui referendum di adesione alla Federazione Russa
Dal 23 al 27 settembre 2022 si è svolto il Referendum di adesione delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, e dei Distretti di Kherson e Zaporizhzhia, alla Federazione Russa.
Sono stato in Donbass, come Osservatore Internazionale con una missione che ha compreso 130 componenti, provenienti da molteplici paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Togo. Il gruppo italiano era tra i più numerosi, la presenza italiana e' stata orgarnizata da Vito Grittani, ambasciatore a.d. della Repubblica di Abcasia e fondatore dell'Osservatorio Diplomatico Internazionale. La nostra attività e' stata coordinata con le autorita' russe dall'ex vice ministro degli esteri dell' Abcasia ed ambasciatore a.d. del ministero degli esteri Kan Taniya. Della missione ha fatto parte anche Gian Micalessin ( reporter di guerra, tra i fondatori con Almerigo Grilz e Fausto Biloslavo dell'Agenzia Albatros). Il nostro lavoro e' stato osservare le operazioni di voto e valutarne la regolarità. Il nostro ruolo è stato riconosciuto ufficialmente dal governo della Federazione Russa, la nostra partecipazione è stata del tutto gratuita.
Vito Grittani |
Gian Micalessin |
La partenza da Mosca |
Giunti a Mosca, dopo un lungo viaggio, siamo finalmente arrivati alla nostra base operativa, la città di Taganrog, città della Russia meridionale, situata lungo la sponda settentrionale del golfo che da essa prende nome e che si apre sul Mare di Azov, alla foce del fiume Don, nell' oblast di Rostow. Durante la guerra civile, Taganrog fu sede del generale Denikin, capo dei "bianchi".
Taganrog |
La città ospita un Monumento a Giuseppe Garibaldi sul lungomare Puškinskij, l'opera venne inaugurata il 2 giugno 1961, in occasione del centenario dell'Unità d'Italia. È l'unico monumento in onore di Giuseppe Garibaldi nei paesi dell'ex Unione Sovietica.
Il monumento a Garibaldi |
Divenuto capitano di una nave mercantile nel 1832 Giuseppe Garibaldi visitò molti porti, spesso la sua goletta Clorinda approdava a Taganrog.
Nell'aprile 1833, la sua goletta, navigando con un carico di arance, rimase ormeggiata dieci giorni nel porto.
Mentre la nave veniva scaricata, Garibaldi passeggiava per le vie della città, visitando le case degli italiani che abitavano a Taganrog, e trascorrendo le notti in piccoli alberghi portuali. In una di queste locande conobbe un giovane ligure, la cui identità non è nota ma si ritiene essere l'emigrato politico e membro della Giovine Italia Giovanni Battista Cuneo di Oneglia che motivò Garibaldi a unirsi nella lotta per l'indipendenza italiana. Questo incontro fu descritto da Garibaldi nelle sue memorie:
«Amante passionato del mio paese, sin dai prim'anni - e insofferente del suo servaggio - io bramavo ardentemente iniziarmi nei misteri del suo risorgimento - Perciò cercavo ovunque libri, scritti che della libertà Italiana trattassero, ed individui consacrati ad essa. In un viaggio a Taganrog, m'incontrai con un giovine Ligure - che primo mi diede alcune notizie dell'andamento delle cose nostre. Certo non provò Colombo tanta soddisfazione alla scoperta dell'America, come ne provai io, al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria - Mi tuffai corpo e anima in quell'elemento, che sentivo esser il mio, da tanto tempo - ed in Genova il 5 Febbraio 1834 - io sortivo la porta della lanterna alle 7 p. m., travestito da contadino, e proscritto.» |
( Memorie 1907, p. 30.) |
La sede di Taganrog è stata scelta dalle autorità russe per motivi di sicurezza e per la vicinanza alla frontiera della RPD. La mattina molto presto abbiamo percorso i 165 Km che separano Taganrog e Donetsk.
In viaggio verso il Dombass Traversando la frontiera tra la Federazione Russa e la DPR, su UAZ Patriot, ci siamo recati, per osservare le operazioni di voto, ad Amvrosievka. |
Alla frontiera del Dombass |
Amvrosievka, con i suoi oltre 16.000 abitanti, è una città industriale monofunzionale, con specializzazione nella produzione di materiali da costruzione e il più grande centro dell'industria del cemento in Dombass. La città ha anche un notevole interesse di tipo archeologico. Il sito, risalente al Paleolitico superiore (18-19.000 anni fa), è uno dei più grandi siti archeologici del tardo Paleolitico in Europa (circa 6 ettari). Fu scoperto nel 1935, vennero rinvenuti gli scheletri di oltre 1.000 bisonti e 15.000 reperti archeologici (punte di lancia ossee e inserti di selce nelle punte di lancia), conservati nel Museo regionale delle tradizioni locali di Donetsk . Lo stemma di Amvrosievka raffigura un'ascia di pietra come simbolo dell'insediamento di questo territorio fin dai tempi antichi.
Ad Avbrosievka abbiamo trovato un'atmosfera gioiosa, queste popolazioni sotto bombardamento dal 2014, evidentemente rimettono molte speranze in questo referendum. Siamo stati accolti dal sindaco e da altre autorità locali.
L'incontro con il sindaco |
Atmosfera festosa ad Amvrosievka |
Il voto avviene attraverso l'organizzazione di seggi volanti all'aperto, la cui disposizione è decisa dal Comitato elettorale cittadino, i seggi si spostano ogni ora, questo sempre per motivi di sicurezza. Solo l'ultimo giorno del voto, il 27 settembre saranno aperte postazioni elettorali fisse negli edifici.
In fila per il voto ad Amvrosievka |
Il voto ai seggi di Amvrosievka |
Ad Ambrosiev, con il collega Pietro Cassano ci siamo divisi dal gruppo principale per svolgere il nostro ruolo di osservatori presso la colonia penale di Elenovka, non distante da Donetsk, dove sono detenuti prigionieri di guerra ucraini, è concesso il diritto di voto al referendum ai detenuti, uomini e donne, originari della regione di Donetsk, Gli ucraini si sono rifiutati di scambiarli con altri prigionieri e le autorità della Repubblica di Donetsk hanno deciso di accoglierli. Alla fine dello scorso luglio un bombardamento delle forze ucraine su Elenovkaha ha ucciso 40 prigionieri ucraini e ne ha feriti altri 75. Il bombardamento è stato compiuto con missili Himars (del tipo di quelli forniti dagli Usa alle forze ucraine).
Il nostro appuntamento a Donetsk è stato al Dombass Palace, dove alloggiano i giornalisti, l'albergo è stato bombardato dalle forze ucraine e ne porta ancora i segni. Qui si è unito a noi il giornalista Eliseo Bertolaso, collaboratore dell'Antidiplomatico.
Il Dombass Palace |
Prima di avviarci verso la nostra meta, abbiamo voluto fare una breve sosta al mercato centrale cittadino dove il 22 settembre l'artiglieria ucraina ha fatto strage di, uccidendo 6 civili, tra cui un minore di 14 anni.
Il voto dei detenuti
Alle procedure di voto erano presenti diversi operatori di media. I votanti mettevano la loro preferenza sulla scheda al di fuori da ogni sguardo. Anche qui si sentivano, questa volta più vicine le detonazioni dell'artiglieria ucraina, ed il rumore inconfondibile della partenza degli S-300 russi.
Dopo esserci riuniti al gruppo principale, ci siamo recati tutti insieme, verso la città di Khartsyzsk, qui, come negli altri municipi che abbiamo visitato, siamo stati accolti dal sindaco ed altre autorità locali, qui erano presenti anche rappresentanti della Duma di San Pietroburgo. Le operazioni di voto si svolgono regolarmente, in un clima festoso.
Al centro il sindaco donna di Khartsyzsk
Il parco giochi e il secondo seggio referendario
Il nostro compito di osservatori è poi proseguito a Mosca, dove hanno votato gli oltre centomila profughi del Dombass che hanno trovato rifugio nella capitale della Russia. La prima tappa è stata l'Ambasciata della Repubblica di Donetsk, dove sono stati allestiti seggi per il voto del referendum.
Presso l'Ambasciata della RPD a Mosca
La presenza dei media
Il nostro compito è poi proseguito con il monitoraggio delle operazioni di voto ad Odintsovo, dove mi sono recato insieme ai colleghi Camillo Zotti e Giovanni Corleone. Odintsovo è una città della Russia europea centrale (oblast' di Mosca), situata 24 km a ovest della capitale; è il capoluogo amministrativo del distretto omonimo.
Impressioni sullo svolgimento del voto